domenica 27 dicembre 2020

PAPALE PAPALE. (PARTE SECONDA)


PAPALE PAPALE

(PARTE SECONDA)

«Dio sconfina. Partendo dal centro della sua divinità, attraversa una serie di confini: tuffandosi nella realtà corporea dell’umanità, nascendo da una donna, supera la distanza incolmabile tra divino e umano, condivide la nostra stessa origine, libera il nostro corpo e tutti coloro che con il corpo sono stati identificati, le donne, le persone di colore. Oltrepassa il confine tra padrone e servo, destabilizza le distinzioni, volta le spalle ai palazzi dei re, erra senza avere dove posare il capo, si prende cura dell’altro/a e fa della cura reciproca il centro della sua proposta di vita. Estromesso dal campo, attraversa le mura della città, sconfina nell’impurità per morire con i reietti, scarti di una civiltà costruita sulla morte. Il suo sangue versato in terra sconfina in una natura oltraggiata e agonizzante.”»

Erano parole di Elizabeth E. Green (l’aveva conosciuta durante un seminario valdo-metodista, ‘diretto’ dal mitico Simonpietro, uno dei suoi mentori), prese dal suo “Il dio sconfinato. Una teologia per donne e uomini”, libro autografato con un ad Arianna, un filo teso tra immanenza e trascendenza.  

Il Papa, per mostrarle la sua approvazione (figuriamoci se non conosceva la teologa battista… Certo, era più ‘dolce’ della bloody Mary Daly, cattolica per giunta – in ogni caso le donne hanno il coraggio di essere), la prese per mano, la condusse virilmente al centro della sala e accennò un passo di danza. Mise la terza, poi la quarta.

Lorenzo si fermò sulla corsia di emergenza: un momento di sosta (l’’attimino’) per riflettere.

Quintessenza, Gyn/ecology, Oltre Dio Padre, Pure Lust? Puro divertimento… Donne che riscoprono e reinterpretano la femminilità e uomini che riconquistano il loro ruolo (anche il Papa: sotto il vestito un cuore – ma pure Gesù era così: vero Dio e vero uomo). Senza più prevaricazioni o negazioni di nessun tipo, liberi di agire o vestirsi come volevano (anche lui, il Papa?). Nessun impedimento professionale, nemmeno la preclusione al ministero ecclesiale. Uomini e donne, d’altronde, provengono da pianeti diversi (da Marte e da Venere, secondo lo psicoterapeuta John Gray), anzi da costellazioni remote, lontane tra loro miriadi di anni-luce. Eppure, ci doveva essere un punto d’incontro, un punto di saldatura. C’era: l’isola che non c’è…

(da “Gocce di pioggia a Jericoacoara”)

 

 

giovedì 24 dicembre 2020

CHRISTMAS SONG. Maschere, incenso e mirra

 


CHRISTMAS SONG

Maschere, incenso e mirra

Ventuno dicembre: solstizio d’inverno. Ventuno grammi: il peso dell’anima.

“... se la psiche è l'anima, e l'anima è il mondo della nostra esperienza, come sostiene Aristotele, essa ci fa paura. Non ne vogliamo troppa o troppe varietà. La vogliamo ridotta a percezione e a immaginazione terrene, niente sogni a colori.” (R. D. Laing).

Anima disanimata, parole senz’anima. Questo spesso è lo ‘spirito’ del Natale, il Sole che nasce nella notte (dellanima). Gesù, il solstizio (spirituale) d'inverno...

Ma il Natale può essere altro, e ‘oltre’: anche ultra (o ultrà). L’importante è che dietro lo specchio delle parole ci sia un’anima. Meglio, anima e sangue.

Venticinque dicembre: Natale. Sì, bloody Christmas (anche un po’ blue & green).

Natale rosso vitale: anche Babbo Natale si è tinto di rosso (molti anni fa era verde): che sotto sotto non sia anche lui un ultrà? Carne e sangue: non solo “sangue dei vinti” (sconfitti nella lotta dell’esistenza), ma sangue dei vincitori.

Natale al sangue (non ‘esangue’). Sang real. Nell’attesa dell’instaurazione (o restaurazione), dopo tanta retorica, del modello di uomo e donna ‘persuasi’, come direbbe Michelstaedter, il filosofo forever young (morto, da sé, troppo giovane). 

La ‘persuasione’ dell’individuo autentico, cioè realizzato, vs la ‘retorica’ dell’individuo diviso (inautentico).

Il vero Natale: la nascita di Cristo dentro di sé. Dall’”uomo a una dimensione”, per dirla con Marcuse, a quello a tre dimensioni. Dall’Io diviso all’Io unificato (Ronald D. Laing). Pensiero diversificato vs bispensiero ‘unico’. E last but not least, un Natale eclar, cristico e solare, vs il Natale d’accatto e d’achat.

In sintesi (senza psicanalisi, con un po’ di psicosintesi), una modalità di vita ‘vera’, pregna di senso e di valore, vs la falsità, la banalità, la massificazione. Kultur vs Zivilisation.

Un Natale moderno e antico vs il vivere pseudo-moderno basato sulla platitude e sulla piattezza pseudo-esuberante del consumismo mordi e fuggi dei tanti bipedi intubati su SUV gasati, impupazzati e imbolsiti, con l’immancabile protesi-cellulare incollata a orecchie sempre più insordite.

«Il deserto cresce... guai a chi cela deserti dentro di sé!» (Nietzsche)

Io, nel frattempo, continuo a mirare (al)le stelle... Fatto è che, tra white merry Christmas e Barry White (e non solo: Alicia Keys e Sade scalpitano), sto in souplesse da paresse natalizia.

La neve m’imbianca (virtualmente), ma non mi sbianca, né mi sbanca (un po’ mi svampa). Sono però più sbilanciato verso la saudade; se non Café del mar o Malibu, almeno la mia Jericoacora: di lì pesco la solita perla (i pascoli oceanici sono ancora fruttuosi…).

Blue in green. Kind of blue. L’atmosfera si fece rosé. Fuori, buio assoluto (la luna dormiva, le stelle erano in libera uscita). A frotte sciamarono dalla discoteca, danzando, cantando, urlando (eppure sembrava s’udisse solo un sottile suono di silenzio). Si sparsero nelle strade, corsero sui muri, scivolarono sui tetti… A piedi, in bici, in moto (le macchine, appiedate). Cristo e l’arte della manutenzione dell’anima.

Tutti furono toccati. Soprattutto, i cuori. L’aria fu tutta impregnata, saturata, ossigenata. Cominciò a piovere. Diluvio universale (per il momento solo un inizio di piovasco estivo. Ma quante nuvole all’orizzonte!). Nessuna sirena nella notte, solo musica e danze. Preparate il vitello grasso (anche solo un’insalatona).

Il cielo s’illuminò. Solo un lampo. Eclar. I lampioni, più luminosi del solito. La luna si affacciò al verone (ma Firenze continuava a dormire). Le stelle si precipitarono sotto di lei (non tutte: Florence sogna e c’era chi sognava con lei. Anche chi flirtava all’ombra dei portici – del cielo).

Pioggia a catinelle. Diana inciampò in un barbone (e le stelle a guardare. Anche la luna, ritrosa). Poco mancò che cadesse (il marciapiede, per di più, era scivoloso). Non si allontanò. Si avvicinò ancor più. Nessuno la trattenne. Volle dargli un po’ d’amore. Ma si limitò a carezzarlo con affetto, carità. S’inginocchiò, lo guardò negli occhi. Pianse. Lui sorrise. I suoi denti erano più bianchi delle perle.

(dal finale di Gocce di pioggia a Jericoacoara).

 E che le gocce di pioggia possano divenire un acquazzone di benedizioni, spirituali e materiali (a matrioska), per tutti voi!

 

martedì 22 dicembre 2020

PAPALE PAPALE (PARTE PRIMA)

PAPALE PAPALE

(PARTE PRIMA)

 Oggi, come spesso accade in questo blog, riflessioni tra lo spirituale, il religioso e il terra terra. Tratte, anche questo ricorrente, da “Gocce di pioggia a Jericoacoara”: quindi, precorritrici (risalgono a una dozzina di anni fa) di quanto accaduto nell’ultimo decennio, accade oggi e accadrà in futuro (adveniente – non sono un profeta, mai dire mai…, ma alcuni segnali ci sono).

Nel prossimo post la seconda parte.

 Ciò che l’uomo fa in Dio, è un seme che non va perso. Ciò che l’uomo crea in nome di Dio non passa col tempo. La vita trascorre, Dio è sopra ogni cosa a noi vicino. Queste parole rimbalzavano nella mente del Papa mentre parlava la ‘lingua degli angeli’. Il Papa, cruising in the night. Lui sapeva… (ma gli altri non sapevano che lui parlasse in lingue durante la preghiera solitaria, nemmeno i carismatici, figuriamoci i neocatecumenali).

     “Com’è possibile che Dio trionfi in ogni cosa, Sua natura sia la vittoria e poi i Suoi figli, pur avendo la Sua stessa natura, vivono nella sconfitta?” Eppure, ‘catturati’ da Cristo, ‘presi’ dallo Spirito, gli uomini ‘rigenerati’ abitano già nei luoghi celesti e regnano sulla terra! La natura di Dio è dentro di noi, abbiamo i geni divini, e nelle nostre vene scorre sangue nobile: “Dio ci ha fatto partecipi della Sua stessa natura.” In Cristo la nostra vera identità ci è rivelata dallo Spirito Santo… Queste e altre parole, sentite o lette non sapeva dove, si rincorrevano anch’esse tra le sacre meningi. Il parlare in lingue aveva sciolto ancor più i ghiacciai. Le acque erano sempre più calde, termali. E il Papa si tuffò e cominciò a nuotare, vasca dopo vasca, fonte dopo fonte. Era passato sotto tanti di quei ponti, ma ora si trovava sopra: al termine dell’ultimo ponte (con Lorenzo. Entrambi sullo stesso cavalca-vita, affiancati…).     

     Agli occhi di Ireneo (la mente del Papa dallo stile libero passò al dorso): “il Padre è l’invisibile del Figlio, il Figlio è il visibile del Padre.” E aveva visto giusto (Ireneo, ma anche il Papa. A proposito, era senz’occhiali e tutto andava bene…). Era in visibilio. In piena creatività. Anche intellettuale. Aveva ormai attraversato la linea gotica. E continuava a buttar giù riflessioni su riflessioni. Senza flettere. E senza Sartre.

     L’azione creativa e creatrice di Dio si attua solo attraverso altre persone, situazioni, cose. E lui, il Papa, era l’uomo giusto al posto giusto. E avrebbe agito di conseguenza. Tutto è gratis: fede, grazia, miracoli, benessere e senso dell’esistenza, salvezza e pace (shalom). Dio non guarda alle nostre performance, ma alla nostra fede (ma migliora le nostre performance, ci fa fare goal…). Dietro agli uomini e al loro agire (la tela del ragno) c’è la mano di Dio che utilizza tutto ciò che avviene. Dio parla il linguaggio degli uomini (ma gli uomini, ‘in lingue’, parlano ‘angelese’. E così ‘comprendono’ Dio). Dio c’è.

     «Gesù è Dio che si ‘abbassa’, bussa alla mia, alla tua porta. Era (ed è) amico di gay, prostitute, pazzi, malati. Voleva che lasciassimo tutto (e qui il Papa s’intristì di colpo), era venuto per portare la guerra, ma voleva la pace. I morti seppelliscano pure i loro morti, ma noi che siamo vivi (e qui il viso del Papa s’illuminò d’immenso) dobbiamo odiare padre e madre…»    

     Non i perfetti, ma i fanciulli entrano nel regno di Dio. Sì, i fanciulli, i bambini: liberi come uccelli, non rinchiusi in gabbie religiose e d’ogni altro tipo. Lui, il vecchio brontolone (il Papa si riferiva a se stesso, al suo ‘Sitz-im-leben’ interiore di ancora poche settimane prima, tutto codino e forche caudine), lui che disdegnava il pensiero odierno (moderno e post) e lo tacciava di essere debole, pilatesco (se non piratesco), relativista, scettico, non fondato sui valori, ma come Pilato, sulle procedure e sul giudizio della folla… anche lui (soprattutto lui!) doveva diventare ‘fanciullo’. Era il momento di cominciare a giocare. Di fare sul serio… Basta col pensiero ‘fonduto’. Meglio il Pilates, allora (la battuta terra terra, ma trendy, raddrizzò il Papa – conosceva pure il metodo Alexander, per correggere la postura, e il Silva Mind Control, per ‘stirare’, e sturare, le menti).

     “Allora, cos’è la verità?” Un coagulo di occhiate fugaci, delle sviste, qualche svisatura? Oppure, come lui voleva continuare a credere, una visione limpida? Emerson sosteneva che possiamo scegliere tra la verità e la calma, ma non possiamo averle tutt’e due. O l’una o l’altra. Eppure, lui, il Papa, era calmo… (forse usava il ‘click’ calmante di Lorenzo, la sua ‘ancora felice’ targata Pavlov e PNL). Semmai, erano gli altri a essere agitati (e lontani dalla verità). E non era nemmeno fanatico (pensassero pure, gli altri, quel che volevano…). Piuttosto, il vero fanatismo era quello della folla, delle personalità multiple, dei relativisti a oltranza. E il sonno della ragione genera mostri…

     Sì, anche lui, il Papa burbero e pignolo, era considerato un fondamentalista; ergo, fanatico. Nemico acceso del relativismo, del pensiero ‘debole’ e delle montanti derive scientistico-chic. Ma non furono certo questi marosi o queste risacche, fossero pure gorghi o cavalloni, ad aver mandato al rogo Giordano Bruno, Hus e Serveto… C’era ben altro sotto (e dentro). L’acqua, semmai, spegne il fuoco. Basta… il Papa s’infiammò e scoppiò facendo tremare le pareti (quelle confinanti col talamo in disarmo). Sarebbe diventato neo-relativista! Alla faccia di Calvino e Pio X (o Pio IX, o forse Pio XI. E se fosse XII? Nell’euforia il Pontifex cominciava a dare i numeri). Non il disprezzo dei valori, ma la tolleranza e l’apertura verso nuovi aspetti della verità…

 


 

lunedì 21 dicembre 2020

L’OCCHIO INDISCRETO (parte seconda)

 

L’OCCHIO INDISCRETO

(parte seconda)


Ed eccoci alla seconda parte del ‘tralcio’ di sociologia.

“I buoi sono usciti dalla stalla. La privacy ormai è volata dalla finestra di internet...” – così il prof. Paul Skokowski durante una conferenza in Colorado (su L’Espresso del 6.5.99). Ma un altro saggista amante del paradosso – David Brin – ha controribattutto: “vanno bene le telecamere nascoste [...], certamente gli abusi diminuirebbero” (ibid.). Non ci sarà da stupirsi se un nuovo premio annuale è nato negli USA a cura di Privacy International – quello del Grande Fratello... (ormai qui sta invecchiando – e neanche l’isola dei famosi si sente tanto bene…)

E allora? Cos’è Internet ?  È un ‘medium’ che ci dà la piena libertà d’azione, o al contrario, è il famigerato Panopticon del terzo millennio? Internet, ovvero the net (la rete), rete internazionale, fitta maglia di strade da percorrere in assoluta libertà, è una spirale che ci avvolge e c’intrappola? Per Piero Ostellino nella. rete planetaria c’è un problema: la libertà. Già da qualche anno ogni individuo è il terminale di un inesauribile flusso di dati e messaggi. Ne trae maggiori opportunità di scelta o se ne farà manipolare? La società dell’informazione globale accrescerà gli spazi della democrazia, ma comporta il rischio che questa forma di governo inevitabilmente porta con sé: l’omologazione politica e culturale. George Orwell, autore di libri quali “La fattoria degli animali” o “1984”, ha affrontato, in tempi ancora non (troppo) ‘sospetti’, la possibilità di una umanità che sottostà, in pieno stile panoptico, a un guardiano, che c’è, oppure si pensa che ci sia, ma che non si vede. 

Proprio in “1984”, Orwell parla di una società del futuro (per lui il 1984 era un po’ come per noi il 2044), che soggiace a un regime totalitario capace di giostrare con gli uomini come un burattinaio fa con le proprie marionette. E quel che è più clamoroso, riesce a farlo quasi per induzione, pur non manifestandosi in maniera vistosa, pur non avendo un vero corpo di polizia che porti o tuteli l’ordine e la sicurezza tra i cittadini: questi si comportano in maniera totalmente autodisciplinata, perché hanno il timore di essere scoperti, sempre, in ogni circostanza, in ogni luogo, dall’occhio del Grande Fratello, il capo del partito, che nessuno ha mai visto, ma del quale nessuno può metterne in discussione l’esistenza. Il “Grande Fratello” altri non è che il guardiano della torre del Panopticon: influenza gli appartenenti al partito (i carcerati), senza bisogno di costrizioni o di manifestarsi pubblicamente (non sempre è così: c’è chi è fin troppo presenzialista e chi fa sentire la sua voce tramite interlocutori o presunte sue disposizioni, senza per questo farsi vedere se non attraverso filmati più o meno recenti o più o meno taroccati).

Edward S. Herman e il ‘mitico’ Noam Chomsky, docenti all’Università della Pennsylvania, in un’intervista di qualche anno fa al CORRIERE DELLA SERA, hanno testualmente affermato che Internet è il nuovo Grande Fratello di orwelliana memoria, che tutto osserva e tutto controlla, definendo la rete telematica come una vera e propria trappola (il flauto magico di Hamlin?). E per rimanere tra i semiologi, Umberto Eco non definisce forse il Computer (padre putativo di Internet) la Bestia, con non troppo celati riferimenti all’Apocalisse giovannea? E la tv via cavo non può forse produrre effetti panottici? E l’ipotesi, ventilata – e forse attuata – negli USA e in Gran Bretagna, di sorvegliare le baby-sitter con l’occhio tv a circuito chiuso per evitare maltrattamenti ai bambini, seppur motivata da drammatici fatti di cronaca, non è forse un ‘germe’ panottico, da sommarsi ad altri ‘marchi’ e ‘segni’ atti schedare i nostri comportamenti. Oppure, come spesso accade con i mass-media, a condizionare i nostri comportamenti fino a irreggimentarci (foss’anche con l’illusione di una libertà personale incondizionata). Dapprima a fin di bene, poi per indurci a fare la fine dei ‘porci di Gadara’ (che, invasati, pur essendo ‘in formazione’ ma non nella giusta ‘rotta’, affogarono in branco nello stagno: concetto ripreso da Ronald D. Laing, psicanalista radicale, dai Vangeli)?

Lo spazio a noi circostante condiziona i nostri comportamenti e le nostre azioni: il Panopticon di Bentham funzionava proprio per questo – perché lo spazio era strutturato e utilizzato in maniera tale da conseguire i risultati che ormai ben conosciamo. Nella società ‘contemporanea’ si parla molto della differenza tra spazio e luogo, luogo di transito e non luogo... Questo dello spazio, e del luogo in genere, è argomento che ci tocca molto da vicino: nelle metropoli dell’era post-moderna coglie il germe delle metamorfosi che quotidianamente accompagnano l’evoluzione dei centri urbani. Ma anche della noosfera (il pensiero) in generale: superati i tradizionali modelli lineari di marca newtoniana e darwiniana, nella nuova sintesi solistica originata da questa insensibile rivoluzione in cui tutto è in relazione (la rete della vita di cui parla Fritjof Capra, intellettuale e scienziato ‘di frontiera’) potremmo realmente essere schiavi di un meccanismo panoptico, che non ha alcuna fisicità spaziale, che ‘vive’ in un non meglio definito ‘non  luogo’, al massimo tra fibre ottiche e cavi telefonici. Non più il mitico Argo dai mille occhi, ma un solo grande occhio su mille teste... Foucault aveva visto giusto (sempre in “Sorvegliare e punire”): “Bentham sogna di fare una rete di dispositivi che sarebbero ovunque e sempre all’erta, percorrendo la società senza lacuna né interruzione”. Sì, abbiamo capito proprio bene: il sogno di Bentham era, secondo Foucault, quello di costruire una rete, una trama di dispositivi, ovunque e sempre, qui e ora; sì proprio una inter-rete (internet?), che è in ogni luogo e in ogni istante (un dio minore?).

Naturalmente, questa ‘figura’, del Panopticon prima del ‘Grande Fratello’ poi (prima c’era il Leviatano, lo Stato-monstre, ma almeno era visibile...), ha suscitato intorno a sé grande interesse (e mille interessi), col suo grande fascino (charme: canto incantatore), il suo alone di mistero. Mille le domande. Come risposta, in molti si sono occupati della faccenda panoptica: aderenti a movimenti religiosi (i fondamentalisti della ‘grande cospirazione’), intellettuali dell’’ermeneutica del sospetto’, registi... C’è chi ha pensato bene di tradurre in pellicola vicende che parecchio hanno a che fare con il ‘Grande Fratello’: “Orwell 1984” e “The Truman Show” sono solo gli esempi più ‘diretti’ (ma la realtà supera, come al solito, la fantasia del grande schermo: l’aspirante attrice che, qualche anno fa, a Santiago del Cile, offriva ogni sua intimità quotidiana dalla casa trasparente appollaiata su un palo dà il senso dello zeit-geist, dello ‘spirito del tempo’ – ma ovviamente è anche questo solo la punta dell’iceberg). E poi, per rimanere a tecnologie già alla portata di tutti: i video-cellulari, la videosorveglianza dilagante, Echelon (il ‘grande orecchio’ della NSA – National Security Agency: “non è fantascienza, ci ho lavorato... La maxirete di spionaggio elettronico può intercettare telefonate, fax, e-mail...” Mike Frost alla CBS, fine febbraio 2000).

Come si è notato i riferimenti non sono dei più recenti: quel che accade oggi è sotto gli occhi di tutti. Eppure, internet serve ed è un servizio dalle occasioni uniche: gettando la rete (meglio che dire: “immergendosi nell’oceano-web” – al limite: “cavalcando le onde-web”. Le parole ‘forgiano’ la realtà…) si potranno portare a riva perle e altri tesori, anche nascosti. Se gli infidi occhi del mitico Argo si sono tramutati nei più innocui (e piacevoli) ‘occhi’ della coda del pavone, anche nella realtà di oggi il miracolo può avvenire: sono convinto che è ancora tutto nelle nostre mani e che siamo noi a decidere oggi se il nostro domani sarà un ‘domani panoptico’ e se con questo ‘occhio indiscreto’ potremo meglio scrutare l’orizzonte.