Il 2008 è stato un anno up and down. Non dico niente di nuovo: monti e valli fanno parte del continuum naturale – e come si sa, natura abhorret vacuum (quindi, l’importante è che qualcosa comunque sia avvenuto…).
“A ogni giorno il suo affanno…” disse chi non si curava delle “quisquiglie e pinzellacchere” (e non era Totò, però aveva anche Lui il Suo senso dell’umorismo), ma puntava al sodo. E, per quanto mirasse (al)le stelle, voleva che noi, pur con il viso star-targeted (volto verso il Cielo), avessimo i piedi (e il ‘cuore’) puntati sul qui e ora.
Il 2009 sarà l’anno del qui e ora. Le borse ‘scucite’ saranno sostituite da pochette meno ‘quotate’, ma più glamour. Quanto alle borse sotto gli occhi, non avremo paura di eliminarle (queste del tutto, senza sostituzioni) con un bel po’ di filler. E di suon in suono, il 2009 sarà l’anno del feeling: né fiele, né miele, ma cura (alla Heidegger, alla Battiato, e, ribadiamolo, alla Gesù Cristo). In definitiva, un anno di carattere.
A proposito di carattere, surfeggiando sull’oceano-web mi sono imbattuto su un’onda anomala: uno psico-nauta (Adriano Segatori, uno psichiatra no-global del tutto non-conforme) che discettava di carattere a 24 carati (a proposito, Lilli è tornata, lucida, senza più polvere). Un breve assaggino per cominciare l’anno (i grassetti sono miei – si sa, i panettoni sono difficili da smaltire).
“Il carattere è quella struttura dell’uomo che si combina tra temperamento e personalità, tra le qualità ereditate e costituzionali che caratterizzano i comportamenti reattivi e l’unicità complessiva data dall’articolata armonia tra strutture connaturate e costruzioni esperienziali. Esso si pone, perciò, a metà tra il dover essere passivamente prestabilito e il voler essere attivamente progettuale, nel punto in cui uno diventa – o almeno dovrebbe auspicabilmente diventare – ciò che è, come destino e come donazione. Il carattere, quindi, si fonda su risorse che escludono la libera volontà del soggetto – il quale può solamente prendere atto della quantità e della qualità delle stesse – e sulla percezione di un peculiare destino da condividere e da perseguire nel percorso integrativo della sua personalità, proprio nell’operazione volontaria di rendere più redditizie e vantaggiose le risorse ricevute.
(…) Il carattere, a questo punto, possiamo vederlo come la carta d’identità della personalità: ciò che caratterizza una persona nel momento in cui questa si trova ad assolvere al compito esistenziale per la quale è stata chiamata: il senso e la meta del viaggio di trasformazione e di integrazione.
E qui entra in gioco il destino, perché, se “Il carattere è destino”, “Ethos anthropoi daimon” – come rivendica con precisione James Hillman partendo da Eraclito –, allora il carattere è ciò che definisce e caratterizza la “ciascunità”, secondo il felice e centrato neologismo dello stesso Hillman: il carattere è la particolarità che ogni persona esprime usufruendo delle opportunità offerte in natura e che, attraverso un pericoloso percorso di spaesamento e di ritrovamento, cerca, raggiungendo lo scopo interiore di quella sua unica ed irripetibile vita: non trasformazione ma identificazione.
Se il cammino, però, è personale – come le risorse in gioco e la meta auspicata – il metodo può essere unificato e uniformato? Certamente no! Il carattere è imparabile, non insegnabile. Può essere evidenziato e messo in luce attraverso un dispositivo educativo non un procedimento didattico…”
Che il 2009 sia un anno di carattere!
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