OLTRE L’UOVO
“… In questo momento, è come se un linguaggio, un codice, un
intero sistema di convenzioni elaborate in e da un’altra epoca (chiusa,
conclusa per sempre) stesse cercando di raccontare un presente totalmente
alieno, inedito, oscuro. Così facendo, se ne colgono ovviamente solo gli
elementi terribili, spaventevoli, inquietanti, mai quelli interessanti (che
sono – ovviamente – gli stessi)…”
Da Narrazioni interdette (Christian
Caliandro sul blog minima & moralia).
Ma è questo il nostro presente? Parigi, Bruxelles,
Palmira… si tratta di realtà, archeologia, fantapolitica, o di tutto un po’?
Possiamo finalmente avere un’altra narrazione? Non solo fiction o cruda realtà,
ma una nuova prospettiva? E se non è possibile, almeno ditelo!
“Del resto, il pensiero apocalittico de “l’Italia sta fallendo; tutto finisce, tutto è finito” è in fondo la consolazione ultima. Definitiva. È la più articolata – e al tempo stesso la più semplice – delle retoriche con cui ci avvolgiamo, nelle quali ci imbozzoliamo come in coperte sbrindellate e marcescenti. Perché permette di rimuovere il pensiero atroce e semplicissimo che tu sei finito, tu stai finendo, mentre il resto va avanti e andrà avanti, in forme che neanche riesci a immaginare. Che il nuovo inizio non ti riguarderà in alcun modo – come è perfettamente naturale che sia.” (ibidem).
“E un giorno esce sul giornale di una squadra di uomini vestiti di nero che
hanno fatto irruzione nel salone di un concessionario di macchine di lusso in
un quartiere elegante sfondando a colpi di mazza da baseball i paraurti
anteriori delle macchine per far esplodere gli airbag in imbrattanti nuvole di
polvere nel fracasso spaventoso degli antifurto. E una notte nel giardino di
una piazza cittadina un altro gruppo di uomini ha versato benzina sotto tutti
gli alberi e da albero ad albero ha appiccato un perfetto piccolo incendio boschivo.”
“Ci vengono addosso i fari, sempre più grandi e più grandi, clacson che
strillano, e il meccanico allunga il collo nel riverbero e nel fragore e grida:
«Tu non sei le tue speranze». Nessuno gli fa eco. Questa volta la macchina che
ci sta venendo addosso sterza in tempo e ci salva. Ce ne viene addosso
un’altra, lampeggia, abbaglianti anabbaglianti, clacson a tutta, e il meccanico
grida: «Tu non sarai salvato». Il meccanico non sterza, ma sterza l’altra
macchina. Ne arriva un’altra e il meccanico grida: «Tutti noi moriremo, un
giorno o l’altro.»
(Fight Club, Chuck Palahniuk)
Sì, tutto sembra cospirare affinché la tomba sia la nostra destinazione,
ma, come la
Pasqua insegna, il sepolcro è solo temporaneo: ognuno di noi è un potenziale Lazzaro "risvegliato" (alla faccia del lazzaroni e dei caciaroni cianciaroni fancazzisti del
can-can mediatico).
Bene, svestito l’uovo di Pasqua (il re è nudo), vediamo di romperlo:
scartiamo il regalo.
Sì, perché un regalo c’è: dietro ogni
piagnisteo, sia pure legittimo, ci dev’essere una risata (un fou rire, una risata folle
alla Nietzsche:
"Coloro che leggono Nietzsche senza ridere, e senza ridere molto, senza ridere spesso, colti talvolta da un fou rire, è come se non leggessero Nietzsche". (Gilles Deleuze).
"Coloro che leggono Nietzsche senza ridere, e senza ridere molto, senza ridere spesso, colti talvolta da un fou rire, è come se non leggessero Nietzsche". (Gilles Deleuze).
La Pasqua è anche questo: un Dio che, dopo un pianto a folle, si fa
una risata folle della Sua morte… perché sa che, morendo, dà la vita.
L’angelo della morte sta passando davanti alle porte di tanti
uomini, famiglie, aziende, città, nazioni, ma va oltre
la porta di chi è “uscito dalla narrazione” imposta (pur con le sue ragioni e i suoi effetti, palpabili) ed è passato a una nuova
narrazione, anche se questa all’inizio può
essere solo una finzione, un agire “come se” (fosse davvero così): se
rompi l’uovo del “come è” imposto dai media (che puntano al “minimo”) e agisci
“come se” – ossia agisci al massimo, sia pure solo nelle intenzioni – la tua
Pasqua non sarà quella banalizzata delle masse e della stessa chiesa (quella
della "moralina", del mercato e del supermercato), ossia un rito
senza profondità, né alterità, né altezza
e profondità, ma si dimostrerà una Pasqua di Risurrezione (anche di
insurrezione, nel senso di “rivolta ideale”).
J'implore ta
pitié, Toi, l'unique que j'aime, Du fond du gouffre obscur où mon coeur est
tombé. C'est un univers morne à l'horizon plombé …
(Baudelaire, Les fleurs du
Mal)
Sì, c’è un chiarore oltre l’orizzonte (quello “orizzontale” della
quotidianità). Che questa Pasqua sia, dunque, un salto nella Luce: dagl’inferi al terzo cielo, e poi di nuovo giù, ma
a metà strada, sulla terra, nell’acqua, nelle case, dentro e fuori di te.
Acqua e Spirito: il vento della Ruah (femminile), dello Pneuma (neutro), dello Spirito (maschile), comincerà a soffiare
sull’Abisso. Sentirai sempre più il flusso della vera vita, le sue onde… perché la vita è
“liturgia”, non quella esangue (talvolta da sanguisughe)
propinata in questi giorni.
“La liturgia è come una
grande onda del mare. Due sono i nuotatori. Uno, vedendo arrivare l’onda,
raddoppia i suoi sforzi per restare a galla. E ci riesce anche; però si stanca
e alla fine è contento di ritornare a terra. L’altro si abbandona all’acqua e
si lascia portare dalle onde. Per lui non c’è nulla di più bello che un’onda
grande che porta lontano. Egli ama la sensazione di essere portato, di essere
tutt’uno con l’onda, la sensazione dei ruscelli di acqua fresca che massaggiano
la pelle, la luce del sole che brilla e che si rispecchia in un mare di
cristallo mescolato con fuoco... La liturgia è come una grande onda del mare.”
(Dieter Kampen).
Lasciati andare, onda su onda… E
mangiati l’uovo!
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