I CARE 4 YOU
La Cura
In momenti di travaglio (Marco
compreso), quando le masse si agitano in cerca di rimedi plateali, allora gli individui ‘assoluti’ (nel senso di ‘sciolti’ dalle
contingenze) ai vaccini sostituiscono altri tipi di ‘cura’ (qui intendo la Cura
heideggeriana o, su vibrazioni analoghe, quella di Battiato).
Anch’io potrei proporre la mia, ma
forse non è ancora il mio kairòs. In attesa di lanciare nell’etere
stralci più sostanziosi), vi delizio (sfizio, vezzeggio, titillo…) con un flos de floribus dal mio Gocce di pioggia a Jericoacoara. Lasciatevi bagnare ancora una volta: il deserto avanza, guai a chi cela dentro di sé deserti…
“Quello che veramente ami rimane, il resto è scorie. Quello che veramente
ami, non ti verrà strappato. Quello che veramente ami è la tua vera eredità.” Un flash su Ezra Pound e uno su … Lorenzo!
Lo
baciò con labbra riarse e ansiose. Astonished, stordita, stonata, si
lasciò sommergere dall’emozione sottocutanea, riuscendo, tuttavia, a rimanere
in apnea. Ape regina, come sempre. Vaccinata, mitridatizzata dagli eventi
dell’ultimo mese, si lasciò andare senza chiedersi perché.
Why? L’impatto con Lorenzo, scaturito dalle
profondità del tempo e del cuore, fu ancor più fibrillante, ‘crono-cardiaco’,
ma venne facilmente riassorbito da Arianna, quasi che lei fosse fatta di
materiale pathos-assorbente (o ‘fatta’ di oppio, ma quello ‘puro’ – senza
‘tagli’ – di Emmanuelle a Bangkok).
“Aprirai gli occhi all’improvviso e ti guarderai intorno e, nel caos
dell’universo, guarderai qualcuno e ti renderai conto del fatto che voi due vi
vedete e che tutto il resto è caos.” Ben
oltre la PNL di Richard Bandler, i neuroni e le lingue, non più programmati, si
rincorsero e si sciolsero. Poi si riannodarono. Una folata improvvisa. Lusso
emozionale, flusso irrazionale; colate laviche, dilavanti, dilaganti (la
ragione in stand-by, i sensi al galoppo, la passione a bolina). Blow-up.
Shut up and drive... Lorenzo
scivolò in un abbraccio nodoso. Fluviale. Lei si fece lago. Loro stretti, tutti
gli altri al largo. Nel silenzio iniziarono a correre. E la passione montante
cominciò a sgomitare tra la folla impazzita (sorpresa, gioia, alcol, droga,
ebbrezza spirituale? Di tutto un po’. Manhattan sceccherato). I loro
cervelli (soprattutto quelli della coppia vincente): nidi di rondine, volute
allungate dall’assenzio alla Modì (pasteggiato durante il party), fate verdi, e
ignoranti, vaganti in pieno deserto di serotonina. Amrita? Ciceone? Cicuta?
Comunque, nettare degli dèi… Lei, armata dei suoi sogni, disarmante nella sua
schietta passionalità. Lui, ormai uomo (super) capace di tirar fuori
– dalla donna – la donna (super). Altro che softie. Un ‘duro’. In
ogni caso: zitta e pedala!
Parafrasando
Whitman, tra i rumori della folla se ne stavano loro due, felici di essere
insieme, parlando poco, forse nemmeno una parola… Silenzi,
sospiri, solo il battito dei cuori (non solo i loro – c’è ancora vita sulla
terra). Sursum corda, il nodo gordiano era stato tagliato. Ed era giunto il
momento di godere. Di ogni cosa. I nodi erano venuti al pettine. E ora
cominciavano i colpi di spazzola. L’ossitocina prese il volo (come la colomba
di Noè) e con lei il testosterone, prima passero solitario poi aquila delle
vette. Tornarono tutti (i pennuti) con orchidee selvagge: le acque del diluvio
si erano ritirate ed era comparso l’asciutto (con loro spennati: effetto del
party, un po’ lubrico un po’ kubrik). Another brick in the wall. La
terraferma era all’orizzonte. In direzione oriente.
“Nessuna sventura può colpirmi quando ella mi concede un bacio.” Le sue labbra stillavano latte e miele. Le colline
era di nuovo in fiore. Le vette puntute raffrescate da folate di Spirito e
bagnate da scrosci di Passione. L’Amore dell’Amore… I dirupi, dilavati
da cascate di dionisiache voglie e apollinei chiarori. Venerei chiari di luna
sui corpi marziali, eroticamente belligeranti. Il ditirambo di sguardi aveva
sostituito il mambo del diggei, virando sul più caliente tango, ma l’aria
rimaneva pur sempre sciccosa. Anzi, sempre più. Colorata di Blue in green
(le pennellate di Miles Davis, la tela, invece, offerta dalla ditta, la prodiga
Archirama Do-It). Suggellata dalle note guitar da ultima Thule (o
primo Eden) di Kyle Eastwood e del suo rugiadoso Iwo Jima. L’atmosfera
c’era tutta, la realtà pure.
“E correndo m’incontrò lungo le scale: quasi nulla mi sembrò cambiato in
lei. La tristezza poi ci avvolse come miele, per il tempo scivolato su noi
due.” Mentre le parole di Colin Muset, poeta
trovatore della Renaissance, continuavano a palpeggiare le furbe rotondità di
Arianna – e Guccini si dava parimenti da fare per incastonare le sue perle da
piano-osteria – Tomás e Galatea, sbucati dal nulla, si buttarono anche loro
nell’agone. La coppia divenne ben presto un quartetto, un ottetto, una legione…
E tutti, agognanti e agonizzanti, incantati e incartati, fecero bisboccia fino
alle quattro del mattino. Poi di corsa alla chiesa Wonders ‘n Miracles.
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