IO NON CE LA FO!
Nell’epoca dell’ansia e degli
ansiolitici
Ragni (e galline: non solo topi…), vuoto (e pieno: la folla), buio, altezza
(e la minima profondità di un ascensore): questi alcuni degli inneschi delle fobie e degli attacchi di panico. Ma
talvolta (o sempre?) tutto scatta nella mente. In ogni caso, siamo qui
in presenza della modalità evitamento e fuga: per evitare l’ascensore
fai le scale a piedi… basta che tu veda un cane e cambi marciapiede.
Ansia,
paura e panico coinvolgono tutta la tua sfera emotiva: ti senti impotente, in
quel momento vorresti solo scomparire... Un caso emblematico: da piccolo sei
stato morso da un cane e il trauma da fisico si è tramutato in psicologico (cinofobia).
L’esperienza traumatica originaria – il morso – è lo ‘stimolo incondizionato’;
l’abbaiare del cane, il suo pelo, le sue fattezze (fosse pure un chihuahua),
sono gli ‘stimoli condizionati’, quelli che ‘elicitano’ (estraggono)
l’ansia come ‘onda lunga’ della burrasca iniziale. E se servono a
tenerti lontano da un’eventuale fonte di guai, sono gli stessi che generano la
risposta ansiosa, provocandoti gli attacchi di panico situazionale.
Sull’altra
sponda, invece della modalità ‘via da’, troviamo il suo opposto: l’attaccamento
(il metaprogramma ‘verso’). Se prima “evitavi per non fuggire”, ora
“vai disperatamente in cerca”. E sono tante le cose a cui sei attaccato (le dipendenze):
tivvù e tivvù, pensieri su pensieri, sigarette e pillole, frigo e dispensa, la
bottiglia…
E
non finisce qui… “Non riesco a cominciare… m’imballo e non vado più avanti Non ce la faccio…
ce la metto tutta ma non riesco a concentrarmi: mi sento disorientato, confuso,
demotivato. È tutto uno schifo! Sclero e rinunzio a tutto…”
Dopo
il ‘fobico’ e il ’dipendente’, ecco qui il depresso, lo stressato,
l’inconcludente (e lo sfigato).
E
poi c’è l’uomo ‘normale’: “aspirato dai suoi pensieri, dai suoi ricordi, dai
suoi desideri, dalle sue sensazioni, dalla bistecca che mangia, dalla sigaretta
che fuma, dall’amore che fa, dal bel tempo, dalla pioggia, dall’albero vicino,
dalla vettura che passa...”
Questo
è l’uomo ‘robot’ (ne parla Gurdjieff, ma un po’ tutti ne aspiriamo qualcosa…).
E che dire dei tanti pseudo-manager fuma-fuma (anche solo mamme o babbi
che portano il pargoletto a scuola) che impazzano per le strade sgommando come
folli su SUV ingrifati, quasi dovessero correre a chissà quale appuntamento
‘capitale’. Alla fin fine tutti stressati (e non sto parlando dello stress positivo
– l’eustress – quello del primo bacio o della discesa su una pista di
sci, e sei uno sciatore provetto, ma del distress: quello che ti logora
la vita, ti avvelena l’anima e ti può condurre sul baratro).
Insomma,
da una parte l’uomo robotico (moscio o agitato), dall’altra l’uomo
comatoso. Sì, lo so, certe cose ci sono sempre state (è nella natura
dell’uomo: un po’ in cielo un po’ a terra…), ma il tam tam dei mass-media – puoi
avere tutto subito (dal fast food al prestito su misura, fino al fast
love) e devi essere ‘così’ (tacco dodici o rasoterra, tutta-tette o
filiforme, grasso è bello…) – ha creato l’era dell’ansia: un continuo
mordi e fuggi alla ricerca di una soddisfazione effimera e un susseguirsi di
copia-e-incolla di modelli mass-mediatici belli ma impossibili.
Dall’eccesso
d’informazione all’eccesso di attenzione: si è passati dall’epoca delle
‘grandi narrazioni’ a quella del gossip. Basta cliccare e hai tutto in un
attimo: qui le ultime news dalla Kamchatka, lì un contatto face to
face con il tuo compagno di banco affacciato su Facebook. Ottimo,
pure indispensabile, ma con questo volere tutto, poco, maledetto e subito,
abbiamo disimparato, non solo a fare i calcoli a mente, ma a sbrogliarcela con
le minime difficoltà quotidiane. Un piccolo intoppo e… il mondo ci crolla
addosso. Vediamo subito la montagna nella sua immensità: abbiamo perso la
capacità di riflettere, fermarci un attimo e scomporre il problema nelle sue
componenti più piccole, ognuna facilmente risolvibile, oppure aggirarlo con uno
stratagemma. Allora, perché non seguire l’esempio dei cinesi? Se noi
vediamo una lunga distanza nella sua interezza (il che ci spaventa), loro, da
sempre, sanno che mille miglia cominciano con un solo passo.
Ho
tratto questo dal mio Che cos’è la PNL (ed. Sovera), in cui parlo di come uscire dall’empasse esistenziale.
Passo
ora a un brano ben più “quotato” (ad alta quota):
Ed ecco in quello stesso giorno due
di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da
Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e
camminava con loro. (…) Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti,
egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero:
«Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò
per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la
benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo
riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.
(Dal Vangelo di Luca, cap.
24).
Compreso?
(Gesù aveva scoperto la PNL ben prima di Bandler e Grinder…): quindi, in un
primo tempo bisogna andare al passo con l’amico (o l’avversario): poi, dopo
essersi ‘sintonizzati’ con lui (rapport, empatia) ed essere
entrati nel suo mondo (essersi fatto greco col greco, giudeo col giudeo,
diceva san Paolo), bisogna fare uno ‘scarto’: allontanarsi un po’ per
poterlo fare entrare nel tuo mondo… Non solo, altro insegnamento (non
solo buddhista, ma anche cristiano, come si nota dal passo evangelico): Quando
l’allievo è pronto il maestro appare. Ma quando incontri di nuovo il maestro
uccidilo… (e infatti, “sparisce dalla tua vista” perché sai ormai camminare
con le tue gambe – non sarò la vostra stampella; al massimo, sarò una ringhiera a cui aggrapparsi...” diceva
Nietzsche nel suo Zarathustra).
Ok,
visto che l’appetito viene mangiando chioso con il finale (rimosso per mancanza
di spazio) del mio predetto libretto di self-help (io l’avrei voluto chiamare Sursum
corda. Come slegarsi da ansia, fobie e dipendenze con la PNL, ma tant’è: a caval donato…).
È un breve racconto sufi, che ben simboleggia il passaggio dalla schiavitù della ‘fissazione’ al ‘risveglio’ liberatorio.
È un breve racconto sufi, che ben simboleggia il passaggio dalla schiavitù della ‘fissazione’ al ‘risveglio’ liberatorio.
A Mullah Nasruddin era giunta voce che la moglie lo tradisse. E
gli avevano pure indicato il luogo (sotto la grande palma appena fuori città) e
l’ora degli incontri clandestini (a mezzanotte in punto). Non sapeva però chi
fosse il rivale.
Il pensiero del tradimento e la
gelosia lo divoravano giorno dopo giorno. Ormai la sua era diventata una
fissazione, una mania… E dal giorno della triste rivelazione aveva cominciato a
soffrire anche di fobie e attacchi di panico; per non parlare degli stati
d’ansia, della vergogna (erano ormai molti mesi che non frequentava più nessuno
per paura dei commenti) e della depressione che lo buttava sempre più giù. Era
ridotto a uno straccio…
Un giorno prese il coraggio a due
mani e disse fra sé e sé: devo far fuori il mio rivale! Si preparò
psicologicamente a puntino, si rimise in sesto, disse in anticipo le preghiere
riparatorie, si armò di tutto punto e andò di soppiatto sul luogo deputato, Era
quasi mezzanotte, luna piena, nessuno intorno, solo una leggera brezza e il
sommesso vocio degli animali notturni…
Salì sulla palma e iniziò ad
aspettare. Mezzanotte: niente, mezzanotte e mezza: niente… Ma lui imperterrito,
sempre più carico di rabbia e indomito coraggio.
L’una, le due, le tre, l’alba…
All’improvviso, il flash: ma io non ho moglie!
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