SILENT NIGHT
All You Need
Is LOVE
(and GROOVE)
“Ho solo bisogno
di silenzio, tanto ho parlato troppo è arrivato il tempo di tacere, di
raccogliere i pensieri allegri, tristi, dolci, amari, ce ne sono tanti dentro
ognuno di noi. Gli amici veri, pochi, uno? sanno ascoltare anche il silenzio,
sanno aspettare, capire. Chi di parole da me ne ha avute tante e non ne vuole
più, ha bisogno, come me, di silenzio.”
Alda
Merini
Notte di Fine Anno, notte di silenzio e di botti. De profundis clamo ad te, Domine.
Silent night vs boogie nights. Nel giorno
del Re (Sole – il “sole dell’avvenire”: Cristo come isola a cui approdare – nessun uomo è un’isola), facciamo bungee
jumping tra la Realtà incandescente
(ed evanescente) e lo Spirito effervescente e rutilante.
Bingo! (stop col
bunga-bunga e vai col bongo...). Sul banco – anche sottobanco – abbiamo visto
apparire, anche quest'anno, la magia del Natale (quello che nasce dentro dall’Alto: il Natale altro che rompe il “Velo di
Maya”).
Maja desnuda (il mondo
dello Spirito, cui ci fa accedere il “natale quotidiano”) vs Maja vestida (la realtà
che vestiamo ogni giorno con i nostri abiti mentali, comprati al grande
supermarket del mondo-maya delle apparenze).
Che dire? Occorre ‘morire’
(simbolicamente e nei comportamenti consolidati, se improduttivi – in questi
giorni, reali sia pure ‘velati’) per poi ‘rinascere’…
“Il senso supremo dell’amore sessuale
non è la nascita dei mortali, ma la resurrezione dei morti.” I versi di Dimitri Merezkovsky ben simboleggiavano
l’atmosfera sacrale. Intinta di erotismo decadente, poi sempre più solare,
ormai prossima al ‘risveglio’. Tutto istinto (e passione). La tensione non calò
ma saltò di ottava in ottava. Passione montante. Ipertensione mistico-pratica. Red Passion. I corpi da ‘freddi’ –
glaciali, da morgue – divennero ‘caldi’, da passione erotica e spirituale
(territori confinanti). Sì, passion… Passion fruit. Come il piacere sessuale,
dolce morso, che non è cibo da
consumare, ma da centellinare. Stilla dopo stilla (e si vedono le stelle…). Che
non deve consumare i corpi ma rigenerarli. Che deve toccare…
Dolcenera. Non solo sensazione eccitante, ma ‘conoscenza’: un
“pro-tendesi verso l’altro”, un coinvolgimento reciproco gratificante e
totalizzante. Step by step, poi rolling stones. Le anime cominciavano a farsi divine
nell’unione con Dio: un ‘congiungimento’ con Dio così reale, così coinvolgente,
così totalizzante, così ‘erotico’. Sic
sic sic (aveva sostituito il six six
six).
L’atmosfera
carezzata dal groove velvet satin di
Samantha James (tornata a bomba – più che altro, stella filante) e dalla soul dance di Alex & Victor (in
libera uscita) fece il resto. E sul maxi-schermo (da YouTube) la voce sting-soft di Michael Stevens a far da
guanciale (con un Kyle Eastwood tutto jazz a darci dentro a colpi di basso): Every little thing she does is magic (una
cover. E poi, she, lei chi? Ma Ruah… lo Spirito. Prima, Arianna, adesso
Ruah. Lo Spirito avrebbe sgualcito lenzuoli. E… coperto corpi).
Cheek to cheek (colt to colt, se fosse stato il
giovane Clint, il su’ babbo – di Kyle). La vita aveva ricominciato a fluire. Coast to coast. Destra e Sinistra. Mystic river. I ghiacciai si erano
sciolti. Nessun iceberg. Molti delfini, pinguini, foche. Qualche tricheco,
pingue. Grateful life (anche per i dead).
Venite bambini, venite bambine e ditele
che il mondo può essere diverso, tutto può cambiare, la vita può cambiare e può
diventare come la vorrai inventare. Ditele che il sole nascerà anche d’inverno…
Lorenzo
subentrò in pista a dar manforte alla ‘strategia del tocco’. Anche lui con-fuso
con Julim (stessa scena nel bagno degli uomini: al posto di Diana, Ramon,
modello colombiano ex narco ma ancora cocato, un po’ cocotte un po’ Cocteau;
anche lui “in
bagno a sniffare una bella riga di Tiramisù Boliviano.” E a far da pendant, invece di Gaia, Julim). Il
‘recipiente’: Lorenzo (Arianna era già stata ‘riempita’). Niente sesso, anche
qui: solo ‘fusione’ angelica, per ‘rinforzare’ Lorenzo (Julim era ‘entrato’ doce doce in lui), come era stato per
Arianna. Il tutto per dar luogo al progresso del ‘tocco’. Un ‘tocco
progressivo’. Fusion Jazz.
Kindness in your
eyes / I guess you heard me cry / you smiled at me/ Like Jesus to a child… George Michael dava gli ultimi tocchi al soffitto del
dance-floor, sovrapponendosi all’incongruo – per il luogo (uno scherzo? O era
forse solo nella sua mente?) – Francesco Tricarico di venite bambini… (Francesco chi? Carneade… salvo che per i più chic).
Anche lui, Lorenzo, nella discoteca per ballare, folleggiare e… fare il
trenino. Ma dietro al Logos. Incongruo? Come la vita (quante gallerie…).
L’uomo come logos che afferma se stesso,
il Logos come volontà e sistema di valori.
Logos, pneuma, gaia scienza… Un’altra costellazione in via di formazione (ex nihilo? No, dalla ‘terra’
preesistente): I Fratelli del Libero
Spirito.
“Io mi riposo ‘tuttissima’ – trestoute”: non solo ogni uomo, ma ogni donna nella
discoteca-del-destino era in pace, sola nel nulla, ma ‘tutta’ nella bellezza della bontà di Dio. Fusi ma non confusi.
“…senza muovermi minimamente per volere
le pur grandi ricchezze che Dio ha in sé, l’anima riposa e gode. Dio opera in
lei, per lei, senza di lei, tanto meglio quanto più lei è assente.” Visio facialis di Dio sul dance-floor. E
di lì sui marciapiedi. Per le strade, sui muri, sui tetti… Visione beatifica
già in questa vita. Visione corporea, carnale. Vis-à-vis. Poi, quando sarà il momento, giungerà l’attimo fuggente:
la grateful death. Ma ora viviamo,
godiamo, leviamo i calici…
Un
lampo (esclar) seguì il fulmine del lumen gloriae, spegnendo con la sua luce
smagliante fari e faretti del tempio-dance. Si sentì un suono di campane (un
po’ hip-hop). Poi una fragranza al vetiver (questo il profumo dominante, ma
l’intreccio aromatico andava ben oltre) invase e permeò l’atmosfera ambient. Ma ognuno la sentì nel suo
intimo in modo differente (un unicum):
la presenza reale, e sempre diversa, di Cristo che si contempla nell’anima e la
riempie tutta, colorandola, insaporendola, profumandola. Dal ‘fumo’ al
‘profumo’: scandalo…
Pietra dello scandalo: il ‘nobile’ ingresso dello Spirito già in questa vita e l’affacciarsi di
questa sulla plenitude (quasi), dopo
l’uscita dalla platitude (in toto).
Dopo il ‘tocco’, “l’anima può essere
toccata dal dispiacere, ma questo non penetra nel suo fondo, non la tocca nel
suo centro.”
Il centro di gravità permanente era stato raggiunto. Colpito. Scolpito nelle
anime, nei corpi, negli spiriti.
Blue in green.
Kind of blue. L’atmosfera si fece rosé. Fuori, buio
assoluto (la luna dormiva, le stelle erano in libera uscita). A frotte
sciamarono dalla discoteca, danzando, cantando, urlando (eppure sembrava
s’udisse solo un sottile suono di silenzio). Si sparsero nelle strade, corsero
sui muri, scivolarono sui tetti… A piedi, in bici, in moto (le macchine,
appiedate). Cristo e l’arte della
manutenzione dell’anima.
Tutti furono toccati. Soprattutto, i cuori. L’aria fu tutta impregnata,
saturata, ossigenata. Cominciò a piovere. Diluvio
universale (per il momento solo un inizio di piovasco estivo. Ma quante
nuvole all’orizzonte!). Nessuna
sirena nella notte, solo musica e danze. Preparate
il vitello grasso (anche solo un’insalatona).
Il
cielo s’illuminò. Solo un lampo. Eclar. I
lampioni, più luminosi del solito. La luna si affacciò al verone (ma Firenze
continuava a dormire). Le stelle si precipitarono sotto di lei (non tutte:
Florence sogna e c’era chi sognava con lei. Anche chi flirtava all’ombra dei
portici – del cielo).
Pioggia
a catinelle. Diana inciampò in un barbone (e le stelle a guardare. Anche la
luna, ritrosa). Poco mancò che cadesse (il marciapiede, per di più, era
scivoloso). Non si allontanò. Si avvicinò ancor più. Nessuno la trattenne.
Volle dargli un po’ d’amore. Ma si limitò a carezzarlo con affetto, carità. S’inginocchiò, lo guardò negli
occhi. Pianse. Lui sorrise. I suoi denti
erano più bianchi delle perle.
(Dalla chiusa di Gocce di pioggia a
Jericoacoara – Premio “Emily Dickinson” 2012-13 per la letteratura).
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