Il 2017 è stato un anno up and down. Non dico
niente di nuovo: monti e valli fanno parte del continuum naturale – e come si
sa, natura
abhorret vacuum (quindi,
l’importante è che qualcosa comunque sia avvenuto…).
“A ogni
giorno il suo affanno…” disse chi non
si curava delle “quisquiglie e pinzellacchere” (e non era Totò, però aveva
anche Lui il Suo senso dell’umorismo), ma puntava al sodo. E, per quanto
mirasse
(al)le stelle, voleva che noi, pur con il viso star-targeted (volto verso il Cielo), avessimo i piedi
(e il ‘cuore’) puntati sul qui e ora.
Il 2018 sarà l’anno del qui e ora. Le borse ‘scucite’ saranno
sostituite da pochette meno ‘quotate’, ma più glamour. Quanto alle borse sotto gli occhi, non avremo paura di
eliminarle (queste del tutto, senza sostituzioni) con un bel po’ di filler. E
di suon in suono, il 2018 sarà l’anno del feeling: né fiele, né miele,
ma cura (alla Heidegger, alla Battiato, e, ribadiamolo, alla Gesù
Cristo). In definitiva, un anno di carattere.
A proposito di carattere, surfeggiando sull’oceano-web mi sono imbattuto
su un’onda anomala: uno psico-nauta (Adriano Segatori, uno psichiatra no-global
del tutto non-conforme) che discettava di carattere a 24 carati.
Un breve assaggino per cominciare l’anno (i grassetti sono miei – si sa, i
panettoni sono difficili da smaltire).
“Il carattere è quella struttura dell’uomo che si combina tra temperamento
e personalità, tra le qualità ereditate e costituzionali
che caratterizzano i comportamenti reattivi e l’unicità complessiva
data dall’articolata armonia tra strutture connaturate e costruzioni
esperienziali. Esso si pone, perciò, a metà tra il dover essere
passivamente prestabilito e il voler essere attivamente
progettuale, nel punto in cui uno diventa – o almeno dovrebbe
auspicabilmente diventare – ciò che è, come destino e come donazione. Il
carattere, quindi, si fonda su risorse che escludono la libera volontà
del soggetto – il quale può solamente prendere atto della quantità e della
qualità delle stesse – e sulla percezione di un peculiare destino da
condividere e da perseguire nel percorso integrativo della sua personalità,
proprio nell’operazione volontaria di rendere più redditizie e vantaggiose le
risorse ricevute.
[…] Il carattere, a questo punto, possiamo vederlo come la carta
d’identità della personalità: ciò che caratterizza una persona nel momento
in cui questa si trova ad assolvere al compito esistenziale per la quale è
stata chiamata: il senso e la meta del viaggio di trasformazione e di
integrazione.”
E qui entra in gioco il destino, perché,
se “Il carattere è destino” – “Ethos anthropoi daimon” – come rivendica James Hillman
partendo da Eraclito –, allora il carattere è ciò che definisce e
caratterizza la “ciascunità”,
secondo il felice e centrato neologismo dello stesso Hillman: il carattere
è la particolarità che ogni persona esprime usufruendo delle opportunità
offerte in natura e
che, attraverso un pericoloso percorso di spaesamento e di ritrovamento,
cerca, raggiungendo lo scopo interiore di quella sua unica ed irripetibile
vita: non
trasformazione ma identificazione.
Se il cammino, però, è personale – come
le risorse in gioco e la meta auspicata – il metodo può essere unificato e
uniformato? Certamente no! Il carattere è imparabile, non
insegnabile. Può
essere evidenziato e messo in luce attraverso un dispositivo educativo non un
procedimento didattico…”
Che il 2018 sia un anno di carattere!
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