AMOR OMNIA VINCIT
ALL YOU NEED IS LOVE
“Questi amanti
incorporei s’incontrarono, un cielo nello sguardo, cielo dei cieli a ognuno il
privilegio di contemplare gli occhi dell’altro.” (Emily Dickinson).
San Valentino: l’amore che tutto
vince… The power of love. Love is Power. Oggi (e non solo) celebriamo l’inno all’amore (da san Paolo in poi …e prima).
L’amore è incantamento, incanto, charme…
Gli dèi hanno abbandonato l’uomo e il mondo ha perduto il
suo incanto. Ma Dio c’è…
In tempi di disincanto –
lo cunto de li cunti – dobbiamo arrabattarci con i barattoli dello
sbaraccamento quotidiano (sempre meno vestiti di marca, sempre più cibi in via
di scadenza, sempre più bollette scadute) e dello stravaccamento dei media.
Sempre più vacche magre: siamo ormai nella «notte in cui
tutte le vacche sono nere».
Le nostre riflessioni su
ciò che accade intorno (e dentro) a noi si rivelano incapaci di cogliere la
contraddittorietà e complessità del reale (la banalità del quotidiano e la “banalità del male” – v. il trucido
omicidio di Pamela, che si vorrebbe
sotterrare al più presto…), senza peraltro riuscire a cogliere i bagliori
dell’”oltre”, del Divino, dello Spirito (che per i più, col naso abituato ai
loro “odori” quotidiani, è solo aria fritta.).
E tuttavia, più è buio più rifulge la bellezza. E
questo vale, soprattutto, ora – anche se non è l’età dell’oro, semmai del ferro
(ormai arrugginito: vedi ILVA) o del silicio (Silicon Valley e siliconate varie
e avariate). D’altronde, “I Vangeli e il Manifesto del partito comunista sbiadiscono; il futuro del
mondo appartiene alla Coca-Cola e alla pornografia.” (Nicolás
Gómez Dávila).
Eppure, “è sufficiente che la bellezza sfiori appena il nostro
tedio, perché il cuore ci si laceri come seta tra le mani della vita” (sempre Dávila).
Il mondo, scriveva ne «L’idiota» Dostoevskij, sarà salvato dalla bellezza. Una
profezia che sembra ormai essersi rovesciata. Perché il culto della bellezza –
sfruttata dal mercato, amplificata dai media, ostentata dal potere – produce un
mondo che non è mai stato tanto brutto (ma
ci sono tante eccezioni, a dire il vero, solo che non vengono propagandate.
Tutto sembra a binario unico – quello del “politicamente
corretto” e della “distrazione di
massa”).
Esiste, allora, una
via d’uscita da un simile nichilismo estetico (ed esistenziale)? E non parlo del nichilismo, con un suo senso, di filosofi e
pensatori di fine Ottocento.
«Non c'è più tempo», sembra suggerire il titolo dell’ultimo
romanzo del filosofo Sergio Givone. Ma
non tutto è perduto – assicura l’autore, perfettamente a suo agio nella
doppia veste di filosofo e scrittore.
Professore, che rapporto ha la nostra società con la
bellezza?
«Ossessivo e compulsivo, direi. A tal punto da ritenere che solo
ciò che è bello abbia valore, sia degno di essere apprezzato, comprato, votato.
Siamo tutti vittime di questo abbaglio. Perché si tratta di un’idea di bellezza
vuota che si concretizza nel trionfo del brutto. In questo senso, più che salvare
il mondo, la bellezza sembra averlo condannato».
Come si è imposta una simile ideologia?
«La bellezza muore quando perde il legame con ciò che è buono e
con ciò che è vero. E se non è più capace di fare cenno ai valori etici e
morali diventa un guscio vuoto, appunto, qualcosa che inseguiamo solo per
affermare noi stessi».
Ma cos’è la bellezza, qual è il suo significato più
autentico?
«È la cosa più inutile che esista, ma di cui non possiamo fare a
meno. Senza bellezza perdiamo la nostra umanità, siamo ridotti allo stato di
natura. E come insegna il mito biblico della caduta, lo stato di natura non è
affatto il luogo da cui proveniamo, bensì quello in cui siamo stati cacciati. E
dal quale perciò dobbiamo uscire. Ecco, la bellezza è lo scarto che c’è tra lo
stato di natura e quel “di più” a cui siamo chiamati per essere davvero uomini.
La bellezza è l’ideale che ci ricorda che non siamo fatti per vivere come
bruti. È per questo che gli antichi la legavano al Bene e al Vero. Noi
l’abbiamo dissociata».
E l’arte contemporanea come vive questo tradimento?
«Rifiutando la bellezza e tutto ciò che a che fare con
l'armonia, la composizione luminosa, l' immagine. Penso a Beuys, che raccoglie
delle pietre e le scarica sul pavimento: non perché scelte in base a qualche
criterio estetico, ma in quanto pietre e basta. Oppure a Rothko, con il suo
imprigionare frammenti di luce dentro a una tela nera che li inghiotte».
Non abbiamo dunque scampo dal pensiero unico di una
bellezza autoreferenziale?
«Non tutto è perduto, anche perché la bellezza si dà in molti
modi. Non esiste infatti solo la visione occidentale di proporzione formale, la
bellezza può essere anche ad esempio pensata come bellezza del gesto: nei
giardini giapponesi l’idea è quella di intervenire senza che l’intervento si
veda, lasciando che la natura faccia ciò che deve. Altre forme di bellezza non
ossessiva si affacciano nella nostra esperienza quotidiana, penso al piacere
che proviamo nel servire una cena come si deve, nel disporre i fiori nel vaso in
un certo modo. Il bello ci seduce e ci guida sempre, anche se noi lo tradiamo
di continuo».
(Cutri Fabio – Corriere della Sera del 3 maggio 2008).
La bellezza dev’essere mostrata, ostentata (nel senso di
‘ostensione’ e ‘di ‘osculum’ – bacio), se ne devono fare dei poster immaginari da
avere sempre davanti agli occhi:
“Devi creare delle
belle sensazioni e renderle intense e creare delle sensazioni motivanti e
renderle intense. Devi farti immagini grandi, grandissime, non delle stupide
immaginette minuscole e indistinte. Quelle non sono buone basi di una vita
motivata, e con delle buone basi puoi vivere una vita davvero forte.” (Richard Bandler).
E allora, vivi la bellezza… La puoi trovare in varie forme, non solo nelle beauty farm…
Nessun commento:
Posta un commento