lunedì 19 febbraio 2018

CAPITANO, MIO CAPITANO


CAPITANO, MIO CAPITANO

“Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono grande, contengo moltitudini…”
Non sarò il Walt Whitman di “capitano, mio capitano”, ma ho le spalle larghe. D’altronde, quel che ho alle spalle e quel che ho davanti sono piccole cose se paragonate a ciò che ho dentro (per dirla con il mio amato Ralph W. Emerson). 
E dopo un inizio d’anno con un po’ di danni, ecco che sento di nuovo il mio ego-drive – il mio “impulso” esistenziale – mettersi in moto e salire di giri… Ed eccomi al mio primo “vero” giro di valzer (o breakdance) di quest’anno.
Dance dance dance…: «ho provato una tale gioia che ho pensato che Dio fosse tutto solo per me e che non appartenesse a nessun altro…» Ed ecco che mi torna il mente il buon Ruysbroek, il mistico fiammingo che ha colorato qualche “different corner” – per cantarla con il semprevivo George Michael – di un paio delle mie tele librarie (Gocce di pioggia a Jericoacoara e Prendi la PNL con Spirito!). 
Del resto, “chi cerca perle deve tuffarsi in profondità” (John Dryden).
E poi: “La vita è come una piscina: bisogna tuffarsi e, bracciata dopo bracciata, raggiungere l’altra sponda…” (come ha scritto la coach Nicoletta Tedesco, che ho ripescato or ora).

Ma ecco Ruysbroek:
“Dalla gioia, che appena abbiamo terminato di descrivere, nasce un’ebbrezza spirituale che consiste, per l’uomo, nell’essere ricolmato di maggiore gustosa dolcezza e gioia di quanto il suo cuore ed il suo desiderio possano augurarsi o contenere. 
L’ebbrezza spirituale produce molti effetti strani. Mentre gli uni cantano e lodano Dio per eccesso di gioia, altri versano lacrime abbondanti per la grande gioia del loro cuore. In quelli si manifesta un’agitazione di tutte le membra che li costringe a correre, a saltare, a danzare; negli altri l’ebbrezza è così grande da far battere le mani ed applaudire. Uno grida ad alta voce e manifesta così la sovrabbondanza di quel che sente dentro; l’altro, al contrario, ammutolisce, sprofondando nelle delizie che prova in tutto il suo essere. 
Talvolta si è tentati di credere che tutti facciano la stessa esperienza; oppure ci si figura, al contrario, che nessuno abbia mai gustato quel che ciascuno sperimenta in se stesso. Sembra che sia impossibile veder sparire questa gioia e che di fatto non la si perderà giammai; e ci si meraviglia talvolta che tutti gli uomini non diventino spirituali e divini. Talvolta si pensa che Dio sia tutto per noi soli e che non appartenga a nessun altro che a noi stessi; talvolta ci si domanda con ammirazione cosa mai sia tale gioia, donde venga e cosa sia quel che ci accade. 
È la vita più deliziosa che un uomo possa conoscere sulla terra, in quanto gioia sperimentata. E talvolta le gioie son così grandi che il cuore crede che stia per spezzarsi…”

Questa è l’ebbrezza spirituale. 
E qual è la gioia, di cui Ruysbroek parla nell’”Ornamento delle nozze spirituali”, che produce l’ebbrezza spirituale e che persiste anche dopo l’inebriamento dell’anima?
“La dolcezza, di cui abbiamo ora terminato di parlare, fa nascere nel cuore e nelle potenze sensibili una gioia tale che l’uomo pensa di essere tutto avviluppato interiormente dall’abbraccio divino dell’amore. 
Ora, questa gioia e questa consolazione sorpassano in dolcezza, per l’anima e per il corpo, tutto quello che il mondo intero può dare di tal genere, quand’anche un solo uomo potesse esaurirne in se stesso tutta la pienezza. È così che Dio si diffonde nel cuore, per mezzo dei suoi doni, e vi spande una così grande e gustosa consolazione ed una tale gioia che il cuore interiormente straripa. 
Allora si comprende bene quanto sono miserabili coloro che restano al di fuori dell’amore. La gioia così provata fa quasi sciogliere il cuore, tanto che l’uomo non può più contenersi sotto l’abbondanza della gioia interiore.”

Per concludere con il mi(s)tico Rumi: «Quando il liuto intona la melodia, il cuore, impazzito, spezza le catene».
Anche perché vivere è saper disegnare senza la gomma per cancellare…


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