BERLUSKA SKY & CHOMSKY
E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori…”
E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori…”
“Fra nove minuti il Parker-Morris Building non ci sarà più. Se hai
abbastanza gelatina esplosiva e la spalmi ben bene sui pilastri delle
fondamenta di una costruzione, puoi tirar giù qualsiasi palazzo al mondo.”
Prima la piccola apocalisse (col botto) di Matteo 24, poi la “gelatina” (bollente) di Fight Club.
Ma noi continuiamo a pettinare le bambole.
Comunque, meglio le bambole di pezza che le bambole di carne – se non altro,
non briffano: amo’, bacino, attimino…
Fermati attimo, sei bello! Fermiamo il tempo, non facciamoci
sbranare dalla tigre che divora, ma cavalchiamo la tigre… E poi
guardiamola negli occhi. E con Tricarico (quello della prima ora) cantiamo: Venite bambini, venite bambine e ditele
che il mondo può essere diverso, tutto può cambiare, la vita può cambiare e può
diventare come la vorrai inventare. Ditele che il sole nascerà anche d’inverno…
La stagione del freddo, del buio e delle piogge (acide). E dei rumori (di
capodanno e del kaputt mundi). La grande mela bacata, Bacco e Venere
inaciditi, l’acido sempre più annacquato. Quasi quasi viene nostalgia delle
fumerie di oppio della Bangkok di Emmanuelle… (e del gaio – ma brut – Mario:
parlo del romanzo di Emmanuelle Arsan, che, malgré
tout, ha degli spunti interessanti). Insomma, se proprio dobbiamo respirare
fumo, fumi (anche quelli – ‘trattati’ – dell’Ilva/ArcelorMittal) e fumisterie
varie, allora meglio un fumo doc (meglio ancora – è più in ‘tiro’ – dop).
“Ti versi una bella riga sul dorso
della mano. Ti porti la mano al naso e la boccetta ti sfugge e va a cadere con
nauseabonda precisione nella tazza. Rimbalza una volta contro la porcellana,
poi affonda con un tonfo insolente che sembra il rumore prodotto da una
grossissima trota per sputare una minuscola esca finta accuratamente
preparata.” (dal mio romanzo, premiato, “Gocce di pioggia a Jericoacoara”).
Da Berluska e Sky, passando per il Jay MacInerney di Le mille luci di
New York, per arrivare – ultima fermata? – a Noam Chomsky: e
qui un attimo di sospirata paresse, un ritorno doce doce a
quell’attenzione per il linguaggio che, ossessiva e radicale per Heidegger, è
scivolata a quella attuale, da ‘posseduti’ dal cellulare o da fantini di SUV
ingrifati (“… dove ci sono le Range Rover
non può esserci una gran sete di conoscenza” – così albeggia, in attesa del
‘grande meriggio’, la Grazia Verasani ‘noir’ di ‘Quo vadis, baby?’).
E poi c’è l’uomo ‘normale’: “aspirato dai suoi pensieri, dai suoi
ricordi, dai suoi desideri, dalle sue sensazioni, dalla bistecca che mangia,
dalla sigaretta che fuma, dall’amore che fa, dal bel tempo, dalla pioggia,
dall’albero vicino, dalla vettura che passa...” Questo è l’uomo ‘robot’ (ne
parla Gurdjieff, ma un po’ tutti ne aspiriamo qualcosa…). E che dire dei tanti
pseudo-manager fuma-fuma (anche solo mamme o babbi che portano il
pargoletto a scuola) che impazzano per le strade sgommando come folli su SUV
ingrifati, quasi dovessero correre a chissà quale appuntamento ‘capitale’. Alla
fin fine tutti stressati (e non sto parlando dello stress positivo – l’eustress
– quello del primo bacio o della discesa su una pista di sci, e sei uno
sciatore provetto, ma del distress: quello che ti logora la vita, ti
avvelena l’anima e ti può condurre sul baratro).
Insomma, da una parte l’uomo robotico (moscio o agitato), dall’altra l’uomo
comatoso. Sì, lo so, certe cose ci sono sempre state (è nella natura dell’uomo:
un po’ in cielo un po’ a terra…), ma il tam tam dei mass-media – puoi avere
tutto subito (dal fast food al prestito su misura, fino al fast
love) e devi essere ‘così’ (tacco dodici o rasoterra, tutta-tette o
filiforme, grasso è bello…) – ha creato l’era dell’ansia: un continuo
mordi e fuggi alla ricerca di una soddisfazione effimera e un susseguirsi di
copia-e-incolla di modelli mass-mediatici belli ma impossibili. Dall’eccesso
d’informazione all’eccesso di attenzione: si è passati dall’epoca delle ‘grandi
narrazioni’ a quella del gossip. Basta cliccare e hai tutto in un attimo: qui
le ultime news dalla Kamchatka, lì un contatto face to face con
il tuo compagno di banco affacciato su Facebook. Ottimo, pure
indispensabile, ma con questo volere tutto, poco, maledetto e subito, abbiamo
disimparato, non solo a fare i calcoli a mente, ma a sbrogliarcela con le
minime difficoltà quotidiane. Un piccolo intoppo e… il mondo ci crolla addosso.
Vediamo subito la montagna nella sua immensità: abbiamo perso la capacità di
riflettere, fermarci un attimo e scomporre il problema nelle sue componenti più
piccole, ognuna facilmente risolvibile, oppure aggirarlo con uno stratagemma.
Allora, perché non seguire l’esempio dei cinesi? Se noi vediamo una lunga
distanza nella sua interezza (il che ci spaventa), loro, da sempre, sanno che
mille miglia cominciano con un solo passo.
Da Che cos’è la PNL.
Come vincere ansia, fobie e dipendenze – Sovera Edizioni.
Torniamo a Chomsky, il ‘mago della parola’: per molti anni la sua fama è
stata legata alle sue teorie linguistiche (che si opponevano allo
strutturalismo): la ‘linguistica trasformazionale’ e la ‘grammatica
generativo-trasformazionale’ – alla base anche delle teorie del linguaggio
('struttura profonda', 'struttura superficiale', 'mappe del mondo') della
Programmazione NeuroLinguistica.
Poi Chomsky si è ‘allargato’ (in un certo senso, ha ‘approfondito’ il
‘senso’ del linguaggio, della langue, della parole. Anche a me
accade, e sembra talvolta che mi contraddica. Certo che mi contraddico! Sono grande, contengo moltitudini... per dirla alla Whitman
– scherzo... comunque, sono anch’io uno della setta dei poeti estinti) e si è dedicato alla
stigmatizzazione dell'imperialismo statunitense e alla critica della gestione
politica dell'economia e dell'informazione, diventendo una sorta di star del contro-pensiero
e del pensiero antagonista, un nemico giurato del mainstream
dominante, insomma un guru dell’antisistema e un rivelatore della manipolazione
dell'informazione nella sue deriva più temibile: la disinformazione.
Ecco qui riassunte le dieci ‘tavole’ ‘osé’ di Noam (Chomsky – in the sky with diamonds, un po’
Orwell un po’ Huxley).
La prima norma è la "strategia della distrazione". Dice Chomsky: «Consiste
nel deviare l'attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai
cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica
del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni
insignificanti. È anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi
alle conoscenze essenziali, nell'area della scienza, dell'economia, della
psicologia».
Seconda norma è quella che potremmo definire "falso
problema/risposta demagogica": «Si crea un problema, una
‘situazione' prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con
lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desidera far accettare.
Ad esempio, si possono lasciar dilagar la violenza urbana e i disordini sociali,
oppure creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la
retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici».
Terza norma è la gradualizzazione delle soluzioni politiche, e quindi «Per far
accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col
contagocce, per anni consecutivi. È in questo modo che condizioni
socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i
decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà,
flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi
dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero
state applicate in una sola volta».
Quarta norma è quella dello spostamento nel tempo: «Un altro modo per
far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come
"dolorosa e necessaria", questo dà più tempo al pubblico per
abituarsi all'idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il
momento».
Quinta norma è il comunicare ai cittadini come fossero bambini. «La maggior parte
della pubblicità diretta al gran pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e
una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza,
come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale.
Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in
base alla suggestionabilità, questa tenderà, con una certa probabilità, ad una
risposta o reazione anche sprovvista di senso critico: come quella di una
persona di 12 anni o meno».
La sesta norma è quella che definirei "patemica". «Sfruttare
l'emozione – afferma Chomsky – è una tecnica classica per provocare un
corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo.
Inoltre, l'uso del registro emotivo permette di aprire la porta d'accesso
all'inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori,
compulsioni, o indurre comportamenti».
La settima, è la progettazione e gestione di un'ignoranza diffusa. «La qualità
dell'educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e
mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall'ignoranza tra le classi
inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte
delle inferiori».
E quest'ultima norma è legata a doppia mandata con l'ottava. Quella che
prevede che il pubblico mediatico si convinca che «è di moda essere
stupidi, volgari e ignoranti. E che questi sono valori positivi e
condivisibili».
La norma numero nove è quella del "senso di colpa", e quindi: «Far
credere all'individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per
causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi
sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico,
l'individuo si auto-svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato
depressivo, uno dei cui effetti è l'inibizione della sua azione. E senza azione
non c'è ribaltamento né rivoluzione, non c'è nessuna possibilità di cambiamento
in senso democratico».
L'ultima norma, la numero dieci, è quella che possiamo definire del "doppio binario
della conoscenza scientifica". Per Chomsky il vero potere consiste nel
conoscere compiutamente i predicati psicobiologici del pubblico (mediante gli
assoluti progressi della biologia, della neurobiologia e della psicologia
applicata), e «poter confidare sul fatto che i cittadini (scientificamente
analfabeti) non siano in grado di conoscere sé stessi».
Insomma, per dirla con un Nicolás Gómez Dávila quanto mai stile Fight
Club:
“I Vangeli e il Manifesto del partito comunista
sbiadiscono; il futuro del mondo appartiene alla Coca-Cola e alla pornografia.”
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