RIGENERAZIONE
”… quel
grande e vero Anfibio la cui natura acconsente a vivere, non solo, come altre
creature, in diversi elementi, ma in mondi separati e distinti” (Sir Thomas
Browne). L’uomo: il grande
‘anfibio’… diviso tra ‘cielo’ e terra.
“Cielo in terra, cielo in
basso; stelle in alto, stelle in basso; tutto quello che è in alto è pure in
basso…” – questa
legge analogica ci ricorda – ci riporta
al ‘cuore’ – quella che è una grande verità: la
multiforme apparenza della realtà si riassume in una singola unità. Ogni unicum, ogni ‘unità’, per essere efficace e agire sulla realtà deve
contenere in sé la molteplicità.
Dall’uno al molteplice: se l’Uno è la tesi e il Due (dualità, divisione, diavolo…) l’antitesi
(la ‘lotta’), il Tre è la sintesi (la ‘pacificazione’) degli
opposti: si vis pacem para bellum!
Vediamo cosa accade nell’uomo,
come questo processo di tesi (Dio) e di antitesi (il mondo) porti
all’uomo come sintesi tra la tesi (Dio,
lo Spirito) e l’antitesi (la materia, il corpo).
Dalla dualità alla trinità: si è abituati a considerare l’uomo
diviso in corpo e anima: il primo è la parte esteriore, visibile, dell’essere umano, la seconda
è la parte interiore, invisibile
(anche ‘spirituale’, per chi ha il coraggio di usare questo termine e non si
ferma alla ‘mente’). Pertanto, il concetto corrente circa l’essere umano è dualista. Questo è vero, fin troppo
spesso, nella pratica, ma, in realtà l’uomo
è tripartito: corpo, anima e spirito. Del corpo
ne sappiamo abbastanza (ma non è mai troppo); quanto agli ultimi due: ai limiti
della sufficienza. Già il fatto che li si consideri sinonimi (o delle varianti,
o l’uno il prolungamento dell’altro) la dice lunga su quanto corta sia la
nostra conoscenza su di essi. Ma questi ultimi due termini – anima e spirito – non sono affatto alla stessa stregua, anche se nella
pratica corrente l’uno (l’anima)
ingloba l’altro (lo spirito). È sì vero
che anemos – ‘vento’ o, solo, ‘soffio’ – e ‘spirito’ hanno
lo stesso ‘respiro’, ma una cosa è l’analogia tra le parole (che già nel greco,
tra psyché – ‘ombra’, farfalla – e pneuma – respiro, soffio animatore – è meno
evidente), ben altro è fare l’analisi delle stesse parole alla ricerca del loro
significato profondo (quello vero).
“Dio, il Signore
formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale
e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7). Appena ‘l’alito vitale’ (che sarà poi lo spirito dell’uomo) venne in contatto
con il corpo, l’anima ne fu il risultato. L’anima è dunque una combinazione di
corpo e spirito, ed ecco perché l’uomo è definito un’anima vivente. L’alito
vitale divino (il ‘soffio’ dello Spirito)
diventa, quindi, lo spirito
dell'uomo, cioè il principio (l’essenza) di vita che è dentro di lui (Gesù ha detto: “È lo spirito che vivifica” – Giovanni
6,63). E questo vale, sia pur detto in altri modi, in ogni Tradizione umana: è nell’essenza – e
sostanza – delle cose…
Tornando alle radici cristiane (senza voler sottovalutare –
tutt’altro! – le radici greche, fino a quelle indoeuropee), la ‘tri-unità’
umana è ribadita da Paolo in 1
Tessalonicesi 5,23, lì dove dice: “… l’intero essere vostro,
lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del
Signore nostro Gesù Cristo”. Corpo, anima e spirito (Paolo, per metterli in riga, li nomina
dall’’’alto’ in ‘basso’) sono, rispettivamente, gli ‘organi’ in movimento nello
spazio, nel piano (il ‘piano mentale’, il ‘piano emozionale’ ecc.) e tra i punti
(lì dove tutte le dimensioni sfumano nell’infinito Nulla…).
Lo spirito è l’organo
della coscienza, dell’intuizione, della
comunione, ma perché venga pienamente
alla luce, occorre che ci sia il cesareo: “… la Parola di Dio è
vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e
penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito…” (sempre dal corpus paolino, in Ebrei
4,12).
L’anima è l’organo
della personalità, il mediatore plastico (poco elastico) tra spirito e corpo.
Le sue facoltà sono: la volontà, l’intelletto e i sentimenti. Se l’anima
è la ‘mediatrice’ tra lo spirito e il corpo, lo spirito è quella parte che lo mette in comunione con il ‘cielo’ (il
mondo spirituale – quello invisibile ma animato intorno a noi – e Dio stesso,
lo Spirito).
Queste tre funzioni sono
attive pienamente – e quindi dalla statica
dualità si passa alla dinamica (energetica: spirito = dynamis) trinità
– solo quando lo spirito si separa
dall’anima e agisce come motore dell’attività
umana. Se lo spirito rimane inglobato nell’anima e l’uomo cammina a due
cilindri – anche se pensa il contrario – le tre funzioni spirituali operano a
corrente discontinua.
Ma l’anima tiene prigioniero lo spirito… L’uomo massa ha ammassato (una ‘mappazza’ si sarebbe detto ai tempi
dell’Arbore in fiore) l’anima con lo spirito: lo spirito è sommerso
dall’anima e ci vuole qualcuno dall’esterno (un ‘maestro’, un ‘mentore’) o
dall’interno (un’illuminazione, un flash)
per tirarlo fuori dalle acque stagnanti (in ogni caso, si può – si deve… – partire dalla Bibbia: così strano per noi
italiani! Ma famolo strano… Oppure, tra i tanti testi, dalla ‘Filosofia perenne’ di Aldous Huxley).
Parafrasando Jung: “Se io credo nello Spirito… io so!” “Il
soffio creativo viene da una regione dell’uomo in cui l’uomo non può discendere
neppure se Virgilio stesso lo accompagnasse, perché Virgilio non potrebbe
scendere fin là…” ricordava Ronald D. Laing, lo strizzacervelli cult che voleva
estrarre lo spirito dall’anima. Lui che diceva: “Molti erano abituati a credere che gli
angeli muovessero le stelle. Ora è chiaro che non lo fanno: come risultato di
questa e di consimili rivelazioni, adesso molta gente non crede negli angeli.
Molti erano abituati a credere che la ‘sede’ dell’anima fosse in qualche posto
nel cervello. Da che si cominciò ad aprire i cervelli con una certa frequenza
nessuno ha mai visto l’’anima’: come risultato di questa e di consimili
rivelazioni, adesso molta gente non crede nell’anima. Come si può ritenere che
gli angeli muovano le stelle, o essere così superstiziosi da ritenere che
l’anima non esiste solo perché non la si può vedere dall’altra parte del
microscopio?”
Passando, per conferma, dalle radici cristiane all’humus
ebraico: Neshamah è lo spirito,
di natura divina, pura e nobile. Nefesh e Ruah sono due livelli dell’anima: la prima è l’anima fisica, legata al mondo materiale, che
si trova in ogni essere umano, in quanto entra in lui nel momento della
nascita. È l'aspetto animale dell'uomo, che sovrintende a tutte le funzioni
mentali e organiche e può commettere il male per appagare un bisogno, un
impulso, un raptus. Ruah è l’anima sensibile, capace di discernere fra
il bene e il male, di scegliere la via della saggezza o la legge del desiderio.
Ma è veramente importante fare una distinzione fra lo spirito e
l'anima? Sì, questo
‘taglio’ è della massima importanza, perché ha delle implicazione dirette nella
vita dell’uomo in generale, non solo del credente. Come può, infatti, egli operare
nell’intero ambito della realtà, penetrare nell’essenza delle cose, cercare di dirigere
per quanto possibile la sua vita, se non conosce i mari in cui si avventura, né
tanto meno sa dei venti? Come può
dirigere la sua ‘imbarcazione’? Come può comprendere la vita, non solo
quella spirituale ma la stessa esistenza materiale, se ignora l’ampiezza del
territorio, o il campo d’azione, dello spirito, se nulla sa di come esso
informi (e trasformi) il corpo – che senza lo Spirito è ‘informe’ o, al massimo
‘deforme’ – e di come dall’impatto reciproco nasca quella pellicola protettiva (un
po’ callosa) che è l’anima? Più che la
personalità (l’apparenza) vale l’essenza…
Solo uscendo dalla comfort
zone (che è poi discomfort) del
materialismo e dell’empirismo a oltranza – senza per questo farsi tirare giù
dalle sabbie mobili di spiritualismi, fondamentalismi, magismi e vaneggiamenti
d’ogni sorta – l’uomo può ricostruire (ristrutturare,
resettare) la propria esistenza, passando da quello che spesso è – “un
brandello, contratto e disseccato” (R. D.
Laing, sempre in La politica
dell’esperienza) – alla condizione (lo ‘stato desiderato’) di uomo e donna ‘nuovi’.
Solo così potremo cominciare ad avere, per dirla sempre con Laing, “l’esperienza
del mondo, con innocenza, verità e amore…
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