SIN CITY
ANGELI E DEMONI
(PRIMA PARTE)
Impressioni d’agosto.
Riflessioni sotto l’ombrellone (o sul balcone, oppure sul divano: dipende dal tempo atmosferico e dal “tempo interno”).
Le oscene riflessioni cerebrali, le farfuglie fanfullesche, e fanciullesche, le contaminazioni demoniche (e demoniache), continuarono a girare, turbinosamente, all’incontrario, e giunsero alla radice. E, finalmente, realizzò: il principio del peccato, pensò Lorenzo, questa volta lucido, non risiede, prioritariamente, negli impulsi di natura biologica o psicologica della natura umana decaduta; il Peccato (con la pi maiuscola, e non per rispetto) è, soprattutto, una dinamica spirituale, una forza aliena e distinta dalla natura umana, ma immanente a essa. Un principio endemico nell’uomo, una potenza contagiosa e distruttiva, derivante, originatasi, da una doppia ‘caduta’: quella degli angeli – con ripercussioni cosmiche – e quella dell’uomo – di portata microcosmica. La prima ‘potenza’ ‘preme’ dall’’esterno’, la seconda dall’’interno’… Contro la prima puoi opporre la ‘corazza’ dello spirito. Ma contro la seconda?
C’è un diavolo dentro e un diavolo fuori… In & Out. Sopra e sotto, mai al centro: peccare è ‘fallire la mira’. Prima il dolce che ti gabba, poi l’amaro (da lenire con la mirra del perdono divino o quello della tua coscienza). Non un difetto, ma una defezione… così lo definiva uno dei tanti teologi di cui Lorenzo faceva incetta. Ma anche un’occasione perduta, il peccato: un autobus, un pullman, un treno, che non si è saputo prendere al volo (magari ha fatto una sosta a bella posta per te, anche fuori dalla ‘fermata’…). In definitiva, un conflitto cosmico e ‘privato’, una battaglia tra reame demoniaco e redenti, tra redenti e irredenti, tra figli della luce e figli delle tenebre.
«Hillmann – per un momento Lorenzo, preso dalla nuvola di questi pensieri, abbandonò Laing e abbracciò Qumran – approverebbe parte di quello che tu pensi, e che io condivido appieno, ma parlerebbe pure di penosa deriva fondamentalista. Ma lui non può, almeno finora, entrare in certe cripte del mysterion, non ne conosce il passaggio segreto.»
E qui, in un soprassalto di hybris, Lorenzo peccò. Ma a ‘giustificarlo’ ci pensò Gaia.
«Certo, c’è molto, ma molto, di deprecabile in ogni fondamentalismo (insieme anche a molto di buono, riguardo a certe verità o valori scomodi – religiously uncorrect – per quelli del coro), ma, se il caro Jimmy è riuscito a decifrare il codice dell’anima, quanto a decrittare lo spirito… Quello è un codice da vincere! Jung si era, forse, avvicinato di più, ma non era poi riuscito a districarsi tra spirito e spiriti. Tra angeli e demoni. Comunque, chapeau!»
Attimo fuggente, arrestati sei bello. Ma Gaia non si fermò.
«È proprio vero quel che diceva Bayazid al-Bistami: “La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia, solo coloro che la cercano la trovano.” Certo, Lorenzo, l’uomo può vivere senza Dio, senza teologia, fede, filosofia, ecc. ecc. Può vivere senza queste cose ‘superflue’, non ‘tangibili’, ma vive male! Così come, d’altronde, vive male se fa di queste cose degli assoluti che gli negano la vita (anche le piccole gioie e i grandi piaceri: per Dio ogni cosa della creazione è buona! – certo, c’è stata la ‘caduta’, ma non per questo dobbiamo necessariamente perdere l’equilibrio; e poi c’è sempre la possibilità di rialzarsi…). Gesù Cristo era laico più che religioso, e il suo ‘assolutismo’ sfiorava il ‘relativismo’…»
Morto un papa se ne fa un altro (ma il Cristo è sempre vivo, e vegeto). E Gaia stava sempre bene…
«Noi viviamo nella contingenza e dobbiamo toccare – tangere – le cose. Per poi scegliere. Ma senza costrizioni altrui, fosse pure nel (presunto) nome di Dio. In ogni caso, se l’uomo può considerare superfluo Dio, non vale il contrario: per Lui siamo sempre importanti; anzi, come direbbe il sublime Angelo Silesio, indispensabili. C’è, sì, un’infinita differenza qualitativa tra Dio e uomo (per dirla alla Barth), ma l’uomo e la donna completano, in un certo senso, Dio (Tillich completa Barth, anche contro la sua volontà). La poesia di Mohammed Iqbal rende bene il rapporto tra Dio e l’uomo: “Tu hai creato la notte e io ho fatto la lampada / Tu hai creato l’argilla e io ho fatto la tazza / Tu hai creato i deserti, le montagne e le foreste / Io ho fatto i frutteti, i giardini e i boschetti / Io ho mutato in specchio la pietra / Io ho mutato il veleno in antidoto.” »
Dalla poesia alla prosa, ma sempre salmeggiando (e un po’ saltando, anche su un piede solo).
«Dio cerca l’uomo e lo trova, ma se l’uomo cercherà Dio non lo troverà: così è scritto nel Vangelo di Giovanni, al capitolo sette. Nondimeno, chi cerca trova: così in Matteo, sempre al capitolo sette (una delle tante ‘contraddizioni’ della Bibbia... Ma l’ossimoro è una risorsa!). Fatto è che Dio vuole abitare con e tra gli uomini, così nei Proverbi al capitolo otto, ma, come si legge ancora in Matteo al capitolo diciotto, noi dobbiamo diventare figli, fanciulli, bambini... Uno spirito giovane, ecco quello che Dio vuole! Lo Spirito... minuscolo o maiuscolo, non importa – Gaia più parlava più ringiovaniva –, se accogli lo Spirito e Gli fai spazio nella tua vita, il tuo spirito si sveglierà dal letargo. Lorenzo, non fare l’orso, lascia che il Principe Azzurro (lo Spirito – la Ruah che si fa maschio per te...) baci la Bella Addormentata (lo spirito umano – la tua neshâmâ). Lorenzo, ricorda, l’uomo, la donna, la religione, la chiesa, sono solo un ammasso di pietre, o di terra, se non c’è il collante dello Spirito. Tuttavia, la vera chiesa – lo dicevano Böhme, Weigel, e lo ripeto io – senza nulla togliere alla chiesa universale, e a quelle locali, è quella interiore. È lì che s’incontrano Gesù e lo Spirito Santo, e nell’abbraccio rianimano il tuo spirito.»
Gaia si accostò a Lorenzo e lo abbracciò. La ricostituita androginia primordiale (i due, più o meno platonicamente, in uno) durò solo qualche minuto. Poi Ish e Ishsha si slegarono.
«In Pistis Sophia, scritto gnostico, si racconta che, mentre Gesù era nella vigna con suo padre Giuseppe, Maria, sola in casa, viene visitata da una persona del tutto simile a Gesù. Confusa, Maria lega lo ‘sconosciuto’ a una gamba del letto ed esce di corsa per cercare Gesù. Questi, rientrato a casa con la madre, s’imbatte nel ‘sosia’: i due si guardano negli occhi e, dopo un attimo di ‘suspence’, si abbracciano, fondendosi. Lo Spirito Santo e Gesù…»
Tutta d’un fiato, la puledra non conosceva soste…
«La Bibbia nasce per colmare un vuoto, riempire una distanza. Tramonto d’Occidente. Eppure lei è sempre lì, un faro. È un succedaneo dello Spirito Santo. Ma quando Lui verrà a riempirti, lei si ritrarrà, permeerà egualmente te stesso, ma tu sarai guidato, essenzialmente, dallo Spirito. La Bibbia è il dito di Gesù puntato verso l’infinito, ma è solo un dito – permettimi questa fuga a oriente. È comunque un indice, una freccia, quella che va diritto al bersaglio, ma è lo Spirito che colpisce e scrive sui cuori. La mano e l’inchiostro sono divini, la penna è umana. Cristo è Dio in atto. Il Padre è la potenza generativa, manifestata nel Figlio. Se Dio dimora in Elohim, il Cristo viaggia con Iahvè. E lo Spirito li tiene assieme… Gesù: era lui l’Angelo dell’Eterno, tante volte accorso per soccorrere e consolare, già prima d’incarnarsi e risolvere definitivamente la questione. Sì, Gesù, lui che cambia l’acqua del vecchio uomo e dell’antico patto nel vino dell’uomo nuovo e del Regno. Lui che dona la vita ogni giorno, il pane di vita che moltiplica i pani, dà la vista ai ciechi, fa risorgere Lazzaro. È fede e storia, adorazione e azione, al di là del bene e del male, uomo e superuomo, gaia scienza… Comunque, la Scrittura ci dà le ‘dritte’. Se noi la guardiamo ‘storto’, non è colpa della Bibbia, ma dipende anche da come ci viene presentata (e da chi ‘bussa alla porta’ e ce la ‘presenta’). Se ci sono parti ‘impresentabili’ nella Scrittura, è dovuto al fatto che essa è ‘carne e sangue’. È divina, ma è impastata (e talvolta ‘impestata’) di umano. Bisogna saperla leggere. È un libro ‘pericoloso’, come lo Zarathustra di Nietzsche. Ma è anche meraviglioso. Entrambi, due libri per tutti e nessuno. Sì, è vero, nell’Antico Testamento ci sono ‘sezioni’ o passi improponibili, immorali, sanguinari. C’è la pena di morte, lo stupro, la violenza sulle donne. Raccontati, accettati, condivisi. Ma questa è la voce dell’uomo, non di Dio (che, pure, quando vuole…). E, paradossalmente, tutte queste apparenti incongruenze sono una prova dell’ispirazione della Bibbia. Se andasse tutto liscio, allora sarebbe una ‘costruzione’ ben fatta, ma artificiosa (e artificiale). E invece ci sono i fuochi d’artificio, sons et lumières, carne e sangue… Non solo flatus voci e aria fritta. E possono mai essere, le Scritture, occasione di festa e non di noia? È ancora possibile danzare, esultare, gioire attorno al sacro libro? Sì, ma solo se si è liberi da ogni legame, anche religioso e di chiesa, e, soprattutto, si è bagnati dalla pioggia dello Spirito…»
(tratto da Gocce di pioggia a Jericoacoara)
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