domenica 27 dicembre 2009

WHITE MERRY XMAS: BARRY WHITE, BLACKBERRY & MAN IN MASK

WHITE MERRY XMAS:

BARRY WHITE, BLACKBERRY & MAN IN MASK


È Natale (o giù di lì: siamo al fondo della discesa di questo scivoloso 2009 – sto per sbattere alla palizzata del 31). Inizio con un augurio a Gaia (quella del blog che frequento più spesso. È vero, c’è pure Anna K. …ma questa è una frequentazione off-limits: sarà anche una kattiva maestra, ma ke kultur!). Lo ripeto tale e quale (l’augurio a Gaia) e lo estendo a tutti voi, lettori di buona volontà: Qui da me la neve latita. Solo ghiaccio secco (nel frigo: non si sa mai...). Ma forse della neve c'è dentro di me (la sento sciogliersi mentre leggo il tuo post: non sarai il sole ma il tuo 'alito' è caldo...). A proposito di alito, che lo Spirito aliti sul tuo Natale (e poi ricorda: il Natale, se sei "nata di nuovo", è ogni giorno! Ed è sempre estate...). Dai, basta con gli ossimori (e gli ossi di seppia: vai con il capitone...): Buon Natale e che la Forza (dynamis = spirito) sia con te!

E visto che ci siamo, ripesco e rilancio nel web anche un augurio (ma nasce come risposta a un suo post) al Genna di PsicologiaNeuroLinguistica altro blog su cui mi affaccio di quando in quando: Sì, il Natale è la festa del dio sole. Ma il sole è anche immagine di Gesù Cristo (il "sole di giustizia"), del nostro "sole interiore" (l'essere "figli di Dio"), del sole che scioglie il ghiaccio dei nostri cuori... (non voglio essere zuccheroso e mieloso, per non dire melenso, ma tant'è...). Insomma, te lo dico con 'entusiasmo' (il "Dio dentro"): Buon Natale. E che la Forza (Dynamis = Spirito) sia con te!

Fatto è che, tra white merry Christmas, blackberry e Barry White (e non solo: Alicia Keys e Beyoncé scalpitano: che puledre – e io: l’asino che vola…) sto in souplesse da paresse natalizia (man in mask? Forse da masquerade senza vampiri, semmai qualche vamp).

La neve mi imbianca (virtualmente), ma non mi sbianca, né mi sbanca. Sono più sbilanciato verso la saudade; se non Café del mar o Malibu, almeno (o al più: è una delle top ten tra i must della buena vita – quella da paresse balneare, s’intende) la mia Jericoacora: di lì pesco la solita perla (i pascoli oceanici sono ancora fruttuosi…). Dal primo gennaio, tra una ciancia e un inciucio (linguistico, ma sblocca le sinapsi, anzi le moltiplica; per questo ti rifilo queste perle, anche un po’ pirle…), inizierò un programma di PNL spirituale che ti lascerà senza fiato (ma con molto spirito).

Il deserto cresce... guai a chi cela deserti dentro di sé! Io, nel frattempo, continuo a mirare (al)le stelle...


Good times, bad times. Lorenzo, sovraccarico, quasi ubriaco, di sensazioni sempre più hard (nel senso di: pienezza, interazione olistica di corpo-anima-spirito: quasi un intasamento dei sensi), si afflosciò nuovamente, dolcemente – soft – sulla sdraio (aveva passato le ultime ore sul terrazzino, apparentemente senza concludere granché): un timido assaggio di solare notte cosmica (riecco l’ossimoro!) gratificò la raggiunta quiete del suo animo, e di tutti i suoi sensi, prendendo il posto della sua precedente, pervadente, inquietudine. Dandogli, per la prima volta dal suo arrivo (era il secondo giorno), un senso d’invadente calma, di piacere quasi fisico, di atarassia, aponia, anarchia... Calma talora smossa da residui sfrigolii di un’ancora fresca agonia rattrappita, raggelata, ma sempre più scossa da nuovi brividi di giubilo, gioia, gaiezza: pochi, brevi, parziali.

Sentiva nella ghianda dell’anima che c’era something new in the air. Qualcosa di nuovo stava per accadere: su di sé, intorno a sé, dentro di sé, sentiva good vibrations. Sentì vibrare il nucleo, il cuore, l’antro sotterraneo che si celava dentro: un desiderio violento lo pervase, come magma pronto a eruttare che la crosta esterna comprimeva, tratteneva, faceva muraglia tutt’intorno. Bramose voglie in cerca di un significato, aneliti vulcanici, ma spesso degradati a basic instincts senza profondità vitale.

Nondimeno, dal mondo del sogno – il Tjukurrpa aborigeno in cui spesso si rifugiava, e da sempre (già nel ventre materno – così gli sussurrava l’Io subliminale) – più di una volta era riuscito a tirar fuori il ‘nucleo immaginale immanente’ (frase a effetto esplosa da Lorenzo in una delle conferenze amatoriali del suo periodo rosa), cioè la qualità ‘numinosa’ che lo sottendeva. In pratica, aveva dato corpo (nel vero senso del termine) ai voli della sua immaginazione.

Quel bisogno di creatività, di fuga dal mondo, di fantasie da realizzare, che può creare sia il gigante sia il mostro. Ma Lorenzo non era riuscito a essere né l’uno né l’altro; se non a sprazzi o, nel migliore dei casi, in maniera discontinua, frammentata. Arenato, frenato, appesantito dall’io sociale che non lasciava correre il suo io reale. Eppure la voce tiranna Krishnamurti dixit – gridava...

E come strillava! Munch… Sussurri e grida. Un urlo sul ponte.

Ginsberg… che urlo! “Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche,
trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa…” Anche Lorenzo arrancava, ma senza strillare. Non più nero di rabbia. Solo frenato. Senza remi, con molte remore. Ramingo.

Freni interni ed esterni. Per rompere i quali, e catapultarsi nella vita, aveva cercato – pensando che fosse lì il problema – d’integrare il puer con il senex (quest’ultimo, in lui, pressoché assente), affinché si riconciliassero e passeggiassero insieme. Ma il fanciullo aveva avuto sempre la meglio.

Aveva, infine (passo decisivo), compreso che il suo malessere esistenziale derivava da un bisogno inespresso di esplorare le contrade del mondo dello spirito, le città invisibili: un mal-essere che solo un rivolgimento completo del suo essere, una metànoia, avrebbe potuto dissolvere.



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