ELOGIO
DELLA PARESSE
(cover)
In
questi tempi di corona-stasi, riposto un vecchio post (di circa dieci anni fa), che pesca dal mio
romanzo. È un mio piccolo contributo a questi giorni di lettura continua (un po’
lotta continua, un po’ lectio continua…). Ed è quanto mai attuale: oggi è il giorno!
Coach, coachee, counselor, trainer, terapeuta, mentore, cliente, paziente… Nomen est numen.
Esistono tanti tipi di coach, di coachee
e tanti tipi di coaching. Tante le strategie possibili… ma l’alveo (la
PNL e associati), sia pur grande è unico. A ognuno il suo personal Jesus… (che
ascolta le tue preghiere e ha cura di te).
Reach
out and touch faith. Your own personal Jesus.
Someone
to hear your prayers. Someone who cares…
Nondimeno, un programma ‘terapeutico’ o
comunque ‘strategico’, per quanto personalizzato, ha dei punti fissi, che sto
disseminando nel blog e che possono essere articolati in tanti ‘passi’ (come p.
es. nel programma terapeutico dei diciotto passi di Cloé Madanes).
Solo per indicare una traccia, accenno a un
possibile percorso (do solo alcuni ‘passi’):
· il primo
passo consiste nell’ascolto empatico del problema;
· il
secondo passo, nella riformulazione del problema, in vista del
cambiamento possibile;
· il terzo
passo, nel riconoscimento dei propri errori.
· Successivamente:
miglioramento del proprio equilibrio, delle relazioni interpersonali,
individuazione delle attese, formulazione degli obiettivi, “sentiero
dell’eroe”… (ricerca di nuove mete, ricerca di senso).
Potrei andare avanti, ma un attacco di paresse
mi adagia su uno st(r)ato alfa. Torno alle mie Gocce di pioggia a
Jericoacoara e mi faccio bagnare dalla pioggia dannunziana (a voi solo
qualche ‘goccia’, ma l’effetto sarà dilavante).
Lorenzo
aprì la bocca, ma uno sbadiglio virato male soffocò la prevista debordante
risposta (positiva) e lo sciabordio delle onde settembrine fecero il resto; nel
frattempo, si ributtò come un falco sull’’ariana’ – Anna K.
Valerio –, con cui avrebbe volentieri fatto ‘pasto comune’, anche se aveva
affermato, la ri-balda neopagana, che “i
cristiani non fanno sul serio, la loro è proprio la religione dell’elusione e
della menzogna.” Per
poi riscattarsi, sempre sullo stesso ‘mirabile’ blog (quello di Miro Renzaglia), con: “Il Cantico, come certe sublimi effusioni delle mistiche cristiane … è
un inno al Divino, più che al Dio cui Paolo di Tarso assegnò lineamenti
‘nosocomiali’. E resta con ciò, del giudeo-cristianesimo, una ‘eresia’ taciuta.”).
«A
cuccia, coachee!»
Galatea
si alzò un attimo e puntò il dito contro Lorenzo (con l’altra mano continuava a
giocherellare con la rosa-croce – un più intersecato,
barrato, da una x – appesa sfrontatamente al collo piacevolmente modì).
«Che?»
(non quello del ‘diario della motocicletta’: Guevara, questo sì che era un must
per Lorenzo – calmo sì, ma sempre rivoluzionario. “Une
passion pour El Che ”, di
Jean Cau, lo aveva fatto entrare nei suoi ranghi.)
«Sì,
coachee, cliente del coach. Io sono una coach, una life coach.
Meglio, una peak performance coach. Un po’ caucciù un po’ babà. Dolce e
duttile, ma anche dura se necessario. Sì, mio caro Alì Babà… Dolce, ma mai da
gabbare. Un gabbiano…»
Galatea
spiccò il volo (col pesciolino in bocca – quello appeso al collo di Lorenzo:
anche questo, ma svogliatamente, modì).
«Coach,
termine di moda, fico, modaiolo, trendy, ma operativo, efficace, ficcante.
Eccome... Dai, Lorenzo, so che con te si può parlare alto e profondo. Tu sì che
puoi mangiare la mela e non metterti poi la foglia di fico. Seguimi, che
t’insegno qualcosa. Da cliente ti farò mio partner…»
Passò
al dunque. Cominciò a snocciolare ‘arachidi’ e ‘ciliegine’. Vari assaggini per
saggiare il ‘grande saggio’ (così lo chiamava, per sfotterlo).
«Mettiti
bello comodo. Meglio riesci a rilassarti, meglio sei capace di operare. Dopo di
che registra tutto quello che ti dirò. Apri i cassetti della memoria e poi, a
giochi fatti, non chiuderli a chiave.»
Lorenzo
obbedì e Galatea, la romanina (romanaccia d’origine – trasteverina doc –, poi
toscanaccia d’adozione, ora ‘ubiqua’), dopo averlo addolcito con un bacio alla
nocciola, aprì la sua cassaforte e tirò fuori le prime ‘perle’
(coltivate).
«Se
vuoi star bene e partire ogni giorno col piede giusto, per prima cosa copia e
incolla i tuoi pensieri positivi, duplicali e ripetili più volte che puoi: in
questo modo potrai maneggiare la mente, cioè la base operativa di ogni tua
azione. Questo come premessa. Poi fa’ qualcosa di bizzarro: rompe la routine e
t’induce a pensare che la realtà è quella che tu decidi, non quella che ti
viene imposta dall’esterno. E sii sciolto, libero, sfacciato… Se ti trovi a
disagio, in imbarazzo, emozionato, mentre sei ‘coinvolto’ con chi ti è di
fronte, respira dentro di te la sua presenza; inspirala con piacere, con
voluttà, e rilassati poi nell’espirarla; e ripeti, insisti, finché non ti senti
a tuo agio con lui (meglio, con una ‘lei’: con questo sistema andrai forte
all’attacco della ‘preda’…). È un modo pratico per incominciare a imparare a gestire i tuoi stati d'animo E non ho finito. Vedo
che con me sei a tuo agio, per cui ti clicco un’altra chicca (parlava un po’
come Gaia!). Questa è davvero chic: Trasforma il ‘voglio’ in ‘dare’, ossia
fa’ finta di dar via la cosa che vuoi, fingi di non farci caso, che non
t’interessa. Dalla indietro, non accettarla, restituiscila. Ma solo
virtualmente. Accadrà invece che, non solo sarà tua, ma l’avrai oltre ogni
misura. Comprendi il senso, viziosetto caro? Il ‘voglio’ indica una mancanza,
il dare significa abbondanza (al che Lorenzo si ricordò del detto evangelico: “Cerca
prima il Regno e avrai ogni altra cosa…“).»
«È
vero, se ne sente la mancanza. C’è proprio bisogno di coach in
questo mare in tempesta.»
Lorenzo,
risvegliato dal ‘flash’ biblico, ancorché accucciato sgusciò in una performance
a sorpresa (prima, forse per il vocio tutt’intorno, non aveva afferrato il
termine, o aveva fatto finta; ma lo conosceva bene, sia pure da poco tempo. E conosceva bene pure lei…).
«Sì,
il coaching è quello che più si adatta ai tempi d’oggi. Specie poi per
chi ha fretta (e chi non ne ha?), per quanto oggi si stia tornando ai ritmi
lenti. Lenti ma rock. Finalmente… (Lorenzo non aveva mai amato la fretta dei
robot gasati o dei bipedi schizzati di cui erano piene le strade e i
marciapiedi). Sto leggendo ‘Economia dell’ozio’, del sociologo Domenico
De Masi (ma quanti libri leggeva contemporaneamente Lorenzo?!). Un attimo, ti cito un passo
interessante...»
Lorenzo
prese a prima botta il libro dalla borsa da mare (una matrioska quanto a
letteratura) e si tuffò, anche qui a colpo sicuro, nella pagina deputata
(fortunatamente in superficie).
«“Al
pittore David, che gli chiedeva come preferisse essere ritratto, si dice che
Napoleone abbia risposto: “Sereno su un cavallo imbizzarrito” (…) Imbizzarriti
su cavalli sereni ci appaiono, invece, molti intellettuali di professione,
molti studenti assillati dalla fretta di apprendere, molti moderni capitani
d’industria con le coorti di manager che – punk in doppiopetto – praticano oggi
le virtù marziali e contagiose della competizione globale.” E aggiungo io,
tanta gente che riempie la giornata con tante corse inutili dietro al nulla.
Non il Nulla, quello con la maiuscola, il Nulla mistico in cui il ‘Dio
nascosto’, l’En Soph, frantuma
il diaframma che lo cela alla vista degli uomini; non la ‘corona eccelsa’, il
cratere magmatico in cui
tuffarsi per riemergere bagnati di vera vita, ma il nulla minuscolo, quello che
sarebbe mille volte meglio riempire con un ozio produttivo (c’era ancora il
sapore salato delle gocce delle ‘nuotate’ teologiche di Gaia sulla sua pelle…).
Tempi di pausa o attese sgradite, sfibranti (alla posta, all’aeroporto, tra un
impegno e l’altro), da riempire, piuttosto, con qualcosa di ‘significativo’, di
vibrante, dissonante (e qualche giorno prima Lorenzo aveva fermato il tempo con
alcune sfrenate riflessioni di Marcello Veneziani, altro suo conterraneo della rive droite). Innanzitutto, letture: non
diceva forse Isidoro di Siviglia che la crescita dello spirito deriva dalla
lettura? E il cardinale Martini: “in una mano la Bibbia, nell’altra un
giornale.” Per non parlare di Bonhoeffer: “la Bibbia sul pulpito, al lavoro, sull’inginocchiatoio…” Ma
torniamo alla lentezza (la lentezza della poesia ci salverà
dalla frenesia del mondo…),
al pathos della distanza, contro il
bieco e cieco pathos dell’attivismo. Le
pause non sono inutili, sono i momenti più produttivi della giornata e della
vita! La pausa è azione. Recuperiamo, diluito ogni giorno, lo shabbat, il riposo, l’otium, il sabato divino. Che non è ancora
terminato. Ed è anche lui buono. Shalom! Approfittiamone
per meditare, fare abbozzi di programmi per cambiare la nostra esistenza (ed
essenza). Diamoci anima e corpo alla cultura, agli altri, allo sport, alla
danza. Galatea, divertiti, gioisci, godi…»
Galatea non se lo fece ripetere due volte e balzò
su Lorenzo, per sedurlo seduta stante (in pratica, violentarlo alla
fachiro sulla ghiaia chiodosa della morbida baia di Pugnochiuso). La presenza
della gente intorno valse a dissuaderla
(di necessità virtù): d’altronde, la vacanza era solo al bocciolo.
Lorenzo,
scampato il pericolo, sputato il nocciolo, prese a sua volta la palla al balzo.
Non era impreparato sull’argomento: aveva in pugno, non solo l’elogio della
pigrizia (bonjour paresse!),
ma, per sopraggiunta necessità, la modernità della malinconia (proprio
lui che incoraggiava il Pensiero Positivo e il fou rire – ma la malinconia, quella dell’otium, è bella. Bella
di giorno. Belle toujors).
Si
schiarì in volto e, raggiante, illuminò contorno e ripieno del telo da mare di
Galatea, dissolvendo l’incombente ombra dell’ombrellone reboante. Poi diede
fiato alle trombe: una jam-session sul coaching (negli ultimi mesi aveva
letteralmente saccheggiato i siti internet alla ricerca di ‘reperti’ e tonalità
nuove), a mani levate e passo sicuro (sia pure su virtuali tacchi a spillo.
Quelli di Galatea erano reali: solo il pietrisco della spiaggia era riuscito a
convertirli in più opportune infradito rasoterra, sia pure stilose).
«Il
coaching è ‘allenamento’ dell’anima per migliorare le prestazioni del
corpo. Corpo olisticamente inteso: la triade paolina corpo, anima, spirito. Un
tutt’uno (alla giudea), ma, platonicamente (e cristianamente) separabili.
Ognuno col suo viaggio. Lo so anch’io, il coaching è un processo interattivo
short term, un programma dinamico focalizzato, più che sulle cause, sulla
soluzione. Ti aiuta a crescere, a elaborare le emozioni, a creare equilibrio e
produrre i risultati desiderati. Ti aiuta a focalizzarti sul malanno e sui
punti di forza interiori per superarlo…»
Un
sorriso marpione accompagnò l’ultima stoccata, dopo di che il tacchino ritornò
pulcino.
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