KILLING ME SOFTLY
Oltre il virus. Continuo, dopo l’incipit, col mio inedito – in risposta a
un commento entusiastico, che mi ha ricuorato (v. in calce al post precedente).
In questo caso come #ashtag: #becausethenightbelongstolovers
Uccidimi
dolcemente, ma uccidimi… Entra nel rovescio del mio mondo e affonda il tuo
cultro lì dove gli altri hanno fallito. Trascrivo febbrilmente i loghia onirici, battendo sul tempo i
famelici gargoyle del subconscio, spasmeggianti nevrilmente dalla brama
d’ingoiarli nei lenti gorghi amnesici. L’oceano notturno si è ormai contratto
in un’anoressica pozzanghera: solo i vortici di alcuni citri d’acqua dolce – i
sogni che hanno bucato le porte di corno (quelli che verità li incorona
se un mortale li vede) – sono sopravvissuti. V’intingo la mia plume mentale, strappata all’uccello
nottaiolo attardatosi a oziare sullo spoglio ramo dell’ultimo ramingo albero
della fuggente selva dell’oblio e… fandango.
Because the night belongs to lovers, because the night belongs to lust,
because the night belongs to us… È l’alba, la notte è scappata coi suoi amanti, i
dardi aurorali scippati alla febica faretra hanno colpito a morte le mie
effervescenti passioni ctonie (ma rivivranno allo scoccare della mezzanotte) e
i gendarmi del mattino hanno ammanettato le mie voglie corsare (adieu fuitina stellare con Jessica Alba…
ogni notte un trip diverso). It’s too
late to apologize. Non ho più scuse. Dalla radiosveglia la voce velvet del sempre cool Timbaland mi riporta sulla battigia. It’s too late… Lascio Garden of nights (il Village da dreamer radical-chic – niente
di particolarmente osé: solo Muse e
qualche strip) e mi butto giù dal letto.
Della notte mi è rimasto solo il sorriso: lentamente passo per
l’ultima volta il dito sulle sue labbra di sogno, prima che si assottiglino e sublimino,
impalpabili come labili fili evanescenti, al balenare delle prime pallide
luminescenze diurne. L’eco narcisa degli ultimi sparsi frammenti onirici cerca
invano di raggiungermi, ma ammutolisce spaurita davanti all’alba sorgiva,
sfiatando pudica nel lete delle memorie fuggitive. No pain no drama: ho già trascritto le stille essenziali, lascio
senza magone le vaghe stelle dell’orsa.
Il telefono squilla (l’ultima, definitiva, rupture al notturno soffitto di cristallo – di lì, rapito, posso
mirare l’epifania degli dèi). Squallida
cocotte, vattene per la tua strada… io
sono fedele al mio computer
(e pensare che fino a qualche annetto fa manco me lo filavo…). Lascio a letto i
miei clandestini philosophes prêt-à-porter (nouveaux o anciens, tutti mi fanno il filo, ma io mi
fermo ai preliminari), snobbo la cornetta – di giorno sono fedele – e vado a
tirare. Slash-flash: qualche strisciata di piccì, per tenermi su. Inizia
la mia giornata.
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