martedì 30 marzo 2021

LA CASA PIÙ BELLA DEL MONDO


 LA CASA PIÙ BELLA DEL MONDO

 

Era l’alba, il momento più degno per l’incontro cui tanto aveva anelato.

Si avvicinò al locus: il genio aveva ghestalticamente ricomposto le mille tessere in quarant’anni gelosamente serbate.

I have a dream si trasfigurò: la sua domus padana era lì, del sito proserpina, eppur ecumenica.

Nell’aura dai colori non ancora accesi, il portico audace tentò l’approccio, baroccamente giocoso, novecentescamente solenne.

Incuriosito, come bambino quarant’anni addietro, scartò la pur breve scalinata, infilò la rampa di sinistra, sospinse l’uscio ed entrò: una luce soffice lo accolse mentre s’incamminava incerto verso qualcosa che gli appariva un curioso dialogare tra reale e virtuale.

Scartò la scala di sinistra e acquisì la tattile consistenza cromatica che l’imago autre offriva di sé sulla flessuosa parete di destra: eterna diatriba tra essere e non essere, o forse qualcosa di più semplice? Scelse la prima ipotesi e, baldanzosamente attratto da sons et lumières, s’affacciò nella cavea ellittica.

Improvviso s’elevò un urrà di benvenuto: elfi e umani lo avevano per quarant’anni atteso e ora pubblicamente lo ringraziavano.

Ripresosi dallo stupore, gli parve persino di riconoscere figure settecentesche, perfettamente a proprio agio, così come cantava quel loro dialetto padano, così antico, eppur così vicino al suo.

Improvvisamente, vicino al camino, tra le griffe spuntò il figlio che se n’era andato appena grande, forse rientrato nei ranghi dopo anni di romitaggio esistenziale.

Lasciò le sequenze che l’ultimo videoclip affastellava sulla parete e, sentendo il desiderio di allontanarsi un po’ da quel clamore, volle ritirarsi nella stanza appena discosta dall’ingresso.

La porta era socchiusa; la sospinse, e si meravigliò assai vedendo lei, che l’aveva abbandonato, e i suoi vecchi, in un unico abbraccio.

Salutò con familiarità, quasi non avesse subito il distacco; prese lei per la mano e salì le scale, ma tale era lo stordimento, più di quanto volesse far credere, che salì per la rampa trompe l’oeil, accompagnato da chissà quale genio.

Superato l’ultimo gradino, si affacciò dall’alto sulla cavea ancor echeggiante e la immaginò vuota: in essa avrebbe potuto sistemare per sé, per la moglie e per il figlio, l’ufficio dell’operatore immobile, eppur collegato col villaggio ecumenico.

Per la sua intimità, e per i messaggi col villaggio cosmico, pensò invece a una sala al piano superiore, dove, nelle notti stellate, la cupola, una volta aperta dalla magia dell’elettronica, gli avrebbe dischiuso tutti i luoghi delle sue eterotopie.

S’immerse in queste digressioni, la mano di lei ancora stretta, la cupola ancora dischiusa sullo spazio irreale che virtualmente si apre oltre la coscienza, quando un improvviso temporale gl’inseminò il capo: pensò allora che forse una più stabile copertura, magari colorata d’azzurro, avrebbe garantito la pace domestica.

 

N.B. Mia introduzione al mio progetto (in catalogo) per il concorso ”La casa più bella del mondo”, 1988.

lunedì 29 marzo 2021

SINTONIE E SINCRONISMI

SINTONIE E SINCRONISMI

«Sulla tua strada Dio ha posto dei segnali, basta saperli leggere. Allegramente. Più hai gioia, più sei connesso con Dio. Ama te stesso in connessione con lo Spirito. Lasciati attrarre da Lui. Vale la legge dell’attrazione: ciò su cui puntiamo l’attenzione, quello che pensiamo, immaginiamo e sentiamo fortemente, lo attiriamo nella nostra esperienza e vita. Pensa a Giobbe: pensava a qualcosa di negativo e subito gli piombava addosso…»  

   Gaia si portò le mani in testa, fingendo di scrollarsi di dosso un macigno. Poi l’ombroso Sisifo si allontanò e tornò l’ambra drïade.

   Gaia: ninfa, amazzone, sirena. Forse, angelo. Comunque, donna.

   «Ciò su cui dirigiamo attenzione ed energia, lo portiamo alla forma. Ma solo, o soprattutto, se siamo sintonizzati con Dio, colui che genera e rigenera. Negli altri casi, spesso, è solo deformazione. Dovuta a disinformazione. Chi crediamo di essere, diventiamo. La legge dell’attrazione funziona sempre, che ne siamo consci o no. Il simile attrae il simile …vibrazioni analoghe. Come pensi, così agisci e così vivi. Già nell’Antico Testamento si sottolineava il nesso tra azione e condizione di esistenza, tra azione e ‘destino’. Quest’ultimo inteso, non come punizione, ma come ‘ritorno’, ‘compimento/adempimento’ di ciò che si è fatto. Se getti la rete puoi trovarti intrappolato in essa… È nell’ordine delle cose, nel dharma.»

  Gaia scosse i capelli, charmante (era il suo karma), onda su onda (senza perdere la trebisonda).

    «Slegati la testa (al che Lorenzo si ricordò di un bel motivetto ‘rock-cristiano’), fa’ fluttuare il tuo cervello, fantastica ‘nel profondo’, concediti ogni tanto la meditazione: è discepolato della mente, ti rende intimo con te stesso, è un modo per evitare che tu giudichi o ti attacchi a ogni contenuto mentale. Tutto questo sviluppa distacco, consapevolezza, intuito. Soprattutto, empatia, intuizione emotiva. Ogni tanto, fa’ il vuoto nella tua mente: non è solo roba buddista o un invito al Diavolo a ‘entrare’ nella tua mente, come molti cristiani erroneamente pensano. “Il deserto cresce: guai a colui che cela deserti dentro di sé.” Eppure, qualche volta il deserto riempie… Il deserto è ‘vuoto’, ma lì spesso s’incontra Dio (anche il Diavolo, con le sue tentazioni. Niente paura, basta sbattergli in faccia: Sta scritto…). Concediti di tanto in tanto il silenzio. Fermati e ascolta la voce dello Spirito. Fuori dal ‘mercato’ troverai quello che ti serve. Dio spesso lo incontri nelle strade vuote, nel silenzio, nella cameretta buia, nella tenebra ‘luminosa’… Lì dove il tempo s’interseca con l’eternità. E il tempio incontra la piazza. Ma fuori dal ‘mercato’ e dalla ‘moralina’… Lo spirito fermenterà e l’attenzione si sposterà sul divino. Sensibilizzati!»

    Lorenzo continuava a rimanere spiazzato. Una ragazza (per di più ‘fisicosa’) che parlava di Spirito, che in posizione yoga non parlava di Buddha (così di moda – un po’ meno, adesso) ma di Bibbia! E poi, non in modo chiesastico o devozionale. Piccole bionde crescono…

    «Molti sono desensibilizzati – Gaia continuava a battere il ferro finché era caldo – con il corpo schiavo dei desideri dell’ego. Esiliati dallo Spirito, hanno trovato rifugio nel corpo o, al massimo, nell’intelletto: sono dominati dalle emozioni o imprigionati in una rete difensiva su vari fronti. Non si rendono conto di abitare in un territorio vitale, in cui ci sono, sì, nemici, ma anche amici, angeli. Se realizzi questo, anche il corpo e le sue gioie avranno un senso. Anzi, la gioia sarà più inebriante.»

     Le mani a coppa si scontrarono in un brindisi virtuale, dopo di che la bionda ondina gettò in mare l’aereo flute.

    «Chi ti visita può essere un angelo, talvolta Dio stesso. Ne seppe qualcosa Abramo, convalescente nella tenda dopo la tardiva circoncisione…»

     Gaia continuò a veleggiare, col vento in poppa (aveva in effetti le curve al posto giusto). Per niente concisa.

    «Abbiamo diritto alla felicità, ma la mente è il grande sabotatore. Non solo il grande inquisitore… Occorre per questo sviluppare la consapevolezza, ma wu-wei – agendo come se non si agisse… , e un’attitudine win-win. Devi poi lavorare coi (e sui) sogni (sia quelli che entrano dalle porte di avorio sia quelli, più incisivi, che entrano dalle porte di corno). Senza per questo trascurare – horny… le necessità del corpo. Fitness e joyness. E se c’è qualche barriera, qualche vuoto da superare: la fede sconfigge la paura. Avendo lei, la fede, come alleata, possiamo fronteggiare il ‘gran predatore’. Dopo di che, Lorenzo, passa oltre. Velocemente, senza soffermarti troppo sulle tue ‘rovine’. Sei indirizzato verso il risultato – solution oriented , non ‘collotorto’ come la moglie di Lot (che guardò indietro e diventò una statua di sale). “Passa in rassegna le gioie e i dolori, le pene e le esperienze, tutte le azioni come se fossero cose di un altro. Ognuno infatti guarda con chiarezza nella vita degli altri, e trova la giusta medicina per i mali che non gli appartengono.” Così parlò Rudolf (Steiner). Beviti questa medicina… Ma poi rivolgiti al Grande Medico. Se vai oltre l’Io diventerai (quasi) come Dio. Il salmo otto in questo è esplicito. Crescerai alla statura di Cristo. Non in senso devozionale, da bizzoche o baciapile, ma in modo creativo, eroico, mi viene da dire erotico. Cioè, forte, passionale, capace di attrarre e sedurre (nel significato nobile del termine). Non più tu, ma Cristo in te. E se proprio vuoi fare una sosta di riflessione, concediti solo un breve self inquiry per riscoprire la tua vera natura. E poi passa subito all’attacco. O forse vuoi scavare come un archeologo negli strati del tuo subconscio, e mettere a nudo le tue ferite? Se proprio vuoi, fallo, ma sii veloce. E se fai qualche cattiva scoperta? Accetta la tua ombra, ma portala alla luce! Ammetti la tua paura, amala! Ma non fossilizzarti sul passato: scopri i reperti e poi sotterrali (ma conserva i ‘fossili’ migliori). Cèntrati, focalizzati, sulla soluzione. E ricordati: vale più il cambiamento correttivo, la metànoia, del counseling o della terapia psicologica... In ogni caso sarò la tua coach.»

    Mentre ascoltava Gaia, zigzagante tra Cristo e Jung, Lorenzo decrittava, con l’aiuto dall’intuito, fecondato dall’incontro clandestino del suo superconscio con l’inconscio, i tanti segnali disseminati nel ‘progetto in bottiglia’. In particolare, complice l’inconscio collettivo (che faceva da padrino al suo subconscio), quei quarant’anni d’attesa da parte di elfi (angeli?) e umani. Tutto coincideva! Tout se tient avrebbe detto monsieur Gurdjieff. Il tempo era davvero maturo per il grande salto.

     Hip hop, no more drama, il girovagare nel deserto era ormai finito… La vecchia generazione era morta! 

 

Tratto da Gocce di pioggia a Jericoacoara.

 


 

domenica 28 marzo 2021

TOP GUN. Vue de Droite (parte seconda).

TOP GUN

Vue de Droite

(parte seconda)

 Molti si cimentano sui social a parlare di politica – non c’è più la Destra, non c’è più la Sinistra… – ma non hanno la più pallida idea di cosa siano (o fossero) veramente la Destra e la Sinistra (meglio, le Destre e le Sinistre). O perché troppo giovani (dovrebbero essere nati, preferibilmente, negli anni ’40 e ’50 – è il ’68 il turning point di tutto), o perché, pur avendo letto Evola o Lukács, non ne hanno assorbito la Stimmung (atmosfera) e la Einfühlung (si sono immedesimati in loro), e non ne hanno vissuto lo Zeitgeist (spirito del tempo).

Io, invece, che il ’68 (da noi, più che altro, il 69 e il 70) lho vissuto pienamente, lacrimogeni compresi, posso parlarne a pieno titolo. E poi, lì, c’è stato l’incontro con un “uomo straordinario” (alla Gurdjieff), che – da una “terza posizione” – mi ha fatto “baciare” l’Oriente con il vero Occidente, e che, in una notte intera – avulsa dagli studi universitari –, mi ha spiegato tutto “Così parlò Zarathustra”…

Ciò premesso, tratto dal mio “Gocce di pioggia a Jericoacoara” (il romanzo da “derviscio rotante”), ecco la seconda delle cinque puntate su Vue de Droite.

 

   Lupus in fabula. Lupus eritematoso, coma assistito, noia mortale, nausea. “E uccidemmo la noia annoiando la morte e vincemmo soltanto cantando più forte. Ora siamo lontani siamo tutti vicini e lanciamo nel cielo i nostri canti assassini.” ’Divina mania’, furore elitario, guerra eraclitea, dionisismo pacificato dalla grazia apollinea del grande stile. Che fico! E che sfascio…

   Ma poi, Lorenzo – arriviamo al dunque – era veramente ‘fascio’ o ‘nazi’? C’era nel suo animo, l’aura, la Stimmung, lo spleen da ultimo tango ariano alla Massimo Morsello, il cantore nero? (Lorenzo, a onor del vero, preferiva Francesco De Gregori, Guccini e Claudio Lolli – e poi, negli anni dell’immaginazione al potere, Massimo era poco più che un bambino). E fin dove era ariano? “Sei nazifascista?” “Quel che basta” rispondeva Drieu La Rochelle. E Lorenzo? Quel che serviva per dare sapore alla minestra…

   Sì, è vero, lui voleva opporsi alla ‘deriva plebea’, far terra bruciata tutt’intorno al milieu petit-bourgeois (e ai suoi ‘fuochi fatui’), ma la nicciana ‘razza dei signori’ di cui tanto parlava era solo questione di ‘qualità’, non di ‘catalogo’: a Lorenzo non interessavano colore della pelle, moneta, titoli… Se ne fregava! A lui bastava l’onore. In lui urgeva l’Übermensch nicciano (e stavano nascendo il ‘terzo uomo’ di Giorgio Locchi e il transumanista dei suoi epigoni), colui che sa che ‘Dio è morto’ (ma Cristo stava per bussare alla porta) e de-cide, di conseguenza, di forgiarsi da sé il proprio destino. Social-aristocratico, per così dire (un po’ sorcio, un po’ aristogatto, per essere più precisi). E poi, quanto a ortodossia, non era nemmeno un ‘Testimone di Evola’ doc! Con tutti quei suoi sconfinamenti rock e beat… Ed è pur vero che Julius aveva avuto i suoi trascorsi dadà.

  Dudù e cocò a passi di tango. Ma lui amava il rock (e gli scrittori e poeti beat). Lorenzo on the road: tra Jack Kerouac e Jack Frusciante. Doveva andare e non fermarsi finché non era arrivato: Andare dove? Non lo sapeva, ma doveva andare… Eppure era realista, voleva l’impossibile. Ed era ben ‘collocato’: convitato di pietra tra Allen Ginsberg ed Ezra Pound, americani contro, intento come loro a fumare pensieri alternativi e marijuana d’ordinanza al suono dei Fab Four di Liverpool. E a sfiorare (solo sfiorare…) il ben più deflorante LSD, alla Timothy Leary e alla Ernst Jünger (lasciamo nell’armadietto l’etere dell’Evola pischello). Ma lui era più per Jack Kerouac, specie (l’avrebbe capito dopo) quello di: Io non avrei scritto nulla di Gesù? …tutto ciò su cui scrivo è Gesù.”

 

   Sì, anche Lorenzo era on the road, come quei due bei tomi dreamers che fanno l’autostop fino in California alla ricerca di un qualcosa che non riescono a trovare veramente. Per poi perdersi on the road e tornare ingloriosamente indietro – back home – con la speranza di trovare qualcos’altro…

  “Eccolo qui tutto adunato insieme, questo secolo del reale e del conoscere, in cui lo spirito ha creato la statistica e l’analisi dell’orina, in cui la tabella trionfava e la creazione sprofondava…” Lorenzo era, in definitiva, un enfant du siècle (malgré Gottfried Benn). Nondimeno, avvertiva nel profondo la crisi dell'uomo moderno (come G. B.). Di qui il suo vagabondaggio intellettuale, la sua recherche. Anche USA e UK. Woodstock e Isola di White. Bianco e Nero. USA e jet (più che altro, autostop). Sunset boulevard e route six six six (poi sarebbe passato a  Sunset @ Cafe Del Mar). Ragazzo selvaggio alla Burroughs, chitarra e bandiera in mano, warrior, Lorenzo (dalle bande nere) voleva diventare artefice e padrone del suo destino. Alla ricerca del ‘paradiso possibile’.

  “Paradise now”. “L’immaginazione al potere”, “siamo realisti, vogliamo l’impossibile”, “dimenticate ciò che avete imparato, cominciate a sognare!” Affascinato dalla gioventù ribelle, immaginifico futurista alla Marinetti, trans-idealista e trans-esistenzialista alla Evola, situazionista alla Debord, in attesa di diventare transumanista… Questo il succo del Wikipedia-tour giro-girotondo intorno a Lorenzo, sempre in fase d’implementazione. D’altronde, il nostro voleva degustare tutto, ingoiare cucchiaio e città… Swallow: la controcultura giovanile, la beat generation, i concerti rock. Wow: le droghe allucinogene (ma solo in sogno) per “aprire le porte della percezione.” Sogno e realtà. Doors. Apri quella porta… Fantasia e ragione. A magical mystery tour.

  “Vedo la realtà e mi chiedo: perché? Sogno l’impossibile e mi chiedo: perché no?” Come Bob Kennedy, anche Lorenzo sognava. Un po’ Martin Luther King, un po’ King Crimson. Sognatore alla corte del ‘re cremisi’. The ‘dreamer’ (anche un po’ alla Bertolucci, ma lui era per Ultimo tango a Parigi – quello sì che era Marlon Brando…), alla ricerca spasmodica del graal della purezza ancestrale, della lancia di Longino da brandire, delle sempre fresche fonti della sacralità e del vitalismo. Giovinezza, giovinezza. Da blandire (e vecchiaia da bandire). Come Drieu La Rochelle, “il suo spirito era abituato a confrontare la vecchiezza di oggi, che si dibatte con scosse secche e nervose, alla giovinezza creatrice con le sue armonie calme e piene.”

  In disagio sì, ma sempre impiedi, a galla. Non affondato nel mare giallo del terrorismo black-block, o cullato dalle stagnanti acque – mar morto – del nichilismo senza speranza. Lui era per la vita, anche salata, per il vivere pericolosamente (almeno in teoria. Quanto ai fatti, è un’altra storia). Ma con stile. Per dirla alla Anna K. Valerio – una young angry woman dei giorni nostri – “i fascismi spalancarono praticamente, e non solo per sistemi filosofici, le possibilità di un mondo, di una vita, di un universo di là dal bene e dal male. Un universo extramorale, tutto sangue e stile. Mirarono a opporre il sangue e lo stile – il sangue che, nella razza, è già stile; lo stile che, nell’eugenetica, o nel contegno delle SS, tende alla vita, perché vuol fare più bella la vita – al bene e al male. Mirarono a opporre la voluttà di egemonia, di eccellenza, il mantice del mito, al condizionamento cristiano dell’innocenza, al feticcio della esistenza individuale: i tripudi dell’orda alle emozioni del singolo, la grandiosità alla meschinità, nell’impassibilità della grande passione.”

  E così, tra la schiavitù accettata e la violenza rivoluzionaria – pensò il nostro in un ‘ascesso’ alla Camus – la creazione è la vera libertà, il più umile e il più fiero sforzo umano. E lui era un creativo. Alternativo. Pieno di humus (e humour). Ma non di tritolo. Ed era riuscito a non farsi adescare dal richiamo delle sirene del velinismo sanbabilino o pariolino tutto ray-ban e stivaletto a punta (con un’eccezione per i jeans Fiorucci), né dal razzismo più bieco, dall’antisemitismo logoro e liso o dall’anticomunismo viscerale. Lorenzo cercava un’autentica Scienza dello Spirito (non le SS – ma lo Spirito Santo, quello sì. In ogni caso, lo aspettava, più prosaicamente, Scienza delle Costruzioni). Voleva andare oltre l’iconostasi che vela lo spazio sacro. Veleggiava verso mete più lontane. E più alte. Un’odissea apparentemente senza fine.

 

 

 


 

giovedì 25 marzo 2021

TOP GUN – Vue de Droite (parte prima)

TOP GUN

Vue de Droite

(parte prima)

 

 Molti si cimentano sui social a parlare di politica – non c’è più la Destra, non c’è più la Sinistra… – ma non hanno la più pallida idea di cosa siano (o fossero) veramente la Destra e la Sinistra (meglio, le Destre e le Sinistre). O perché troppo giovani (dovrebbero essere nati, preferibilmente, negli anni ’40 e ’50 – è il ’68 il turning point di tutto), o perché, pur avendo letto Evola o Lukács, non ne hanno assorbito la Stimmung (atmosfera) e la Einfühlung (si sono immedesimati in loro), e non ne hanno vissuto lo Zeitgeist (spirito del tempo).

Io, invece, che il ’68 (da noi, più che altro, il ’69 e il’70) l’ho vissuto pienamente (a Pisa), scontri e lacrimogeni compresi, posso parlarne a pieno titolo. E poi, lì, c’è stato l’incontro con un “uomo straordinario” (alla Gurdjieff), che – da una “terza posizione” – mi ha fatto “baciare” l’Oriente con il vero Occidente, e che, in una notte intera – avulsa dagli studi universitari –, mi ha spiegato tutto “Così parlò Zarathustra”…

Ciò premesso, tratto dal mio “Gocce di pioggia a Jericoacoara” (il romanzo da “derviscio rotante”), ecco la prima delle cinque puntate su Vue de Droite.

 

“Col compiersi del mio sviluppo, si acutizzarono in me l’insofferenza per la vita normale alla quale ero tornato, il senso dell’inconsistenza e della vanità degli scopi che normalmente impegnano le attività umane. In modo confuso ma intenso, si manifestava il congenito impulso alla trascendenza.” Frattali e frattaglie. Mentre a Berkeley, a Parigi, nelle stesse Firenze e Pisa, quando non infuriava la battaglia c’era per lo meno l’odore acre delle scaramucce (e di molotov e lacrimogeni), Lorenzo, chiuso – blindato – nella sua stanza (la pensione per studenti – i suoi si sarebbero trasferiti a Firenze da lì a poco), s’incartava cercando invano (indArno) di scacciare le mosche che gli si appiccicavano addosso.

   Aveva scartato l’inessenziale, ma l’essenza latitava (troppi i ‘buchi’ dell’anima da riempire). Tanto più la sua vocazione. Solo presunta. Continuava a sbattere come un lattante la testa contro la finestra chiusa (fosse stato donna, contro il soffitto di cristallo, se non di marmo), nella speranza di raggiungere una realtà che non riusciva ad afferrare. Per dirla con Baudrillard, era come una mosca di fronte ad un vetro.  

   “C’è un tempo per costruire e un tempo per vivere e generare. E un tempo perché il vento rompa il vetro sconnesso…” Finché ci riuscì (a infrangere la vetrata, senza spiaccicarvisi sopra). Uscito dall’impasse con l’aiuto (il vento) di Julius Evola e del suo congenito impulso alla trascendenza (e di Thomas Eliot e i suoi Quattro Quartetti). Il filosofo maledetto (Julius) – il nichilista aristo-creativo, il ‘barone nero’, il no-global ante-litteram che non dispiace a Max Cacciari il filo-lagunare – lo aveva aiutato, col suo bastone, a uscire dal gregge belante per entrare nel branco ululante. Fuori dal recinto maleodorante per introdursi, nottetempo, nella selva oscura, il bosco prêt à porter da sradicare e portarsi appresso, come un giovane Jünger ribelle (quello che piace pure a Roberto Saviano, l’anti-camorra/gomorra).

   Quinto: uccidi il padre e la madre. Lorenzo: il giovane novizio da iniziare alla vera vita, allontanato dalla madre (non solo quella biologica, ma anche quella ‘social-borghese’) per essere condotto nella ‘foresta’, per ivi morire e rinascere (simbolicamente e nei fatti). Eden pagano scippato agli dèi. Pagato a caro prezzo. E senza usura, alla Ezra Pound (e con Jerry Rubin, e gli altri beat e radical west coast, a dettare i nuovi ‘comandamenti’). Hashish e mirra contro ogni camarilla. Cameratescamente. Giardino inaccessibile, intorno a cui ruggiva il leone e in cui strisciava, sbuffando, il leviatano, un po’ biscione, un po’ caimano (Berluska era ancora di là da venire).

 

   “Non verso Nord o verso Sud, né Est né Ovest, ma verso l’Alto...” Tra due pesi (e misure), ma imponderabile. I tre fili – quello bianco, la pulsione ascendente; il rosso, la tendenza espansiva; quello nero, la pulsione discendente – fittamente intrecciati. Pronti a slacciarsi. E a diventare uno. Fili lunghi, ma resistenti. Dacci un taglio! Lorenzo, il filosofo da srotolare… Senza misura: un po’ global un po’ no; figlio naturale degli hippies e, hip-hop, della droite barricadera. In the cut.

    Lui era per l’et-et più che per l’aut-aut. Ma non per questo si era fermato. Con il suo vel vel era andato oltre il velo (anzi, l’aveva stracciato). Al seguito di Péguy e Sorel era andato oltre. Al di là della serra riscaldata del conservatorismo spicciolo e del perbenismo borghese. Ma non era un ultrà. Evaso dalle gabbie della vita non vissuta, mercificata, aveva percorso, sulle tracce dell’ombroso Heidegger (non solo Jünger), gli Holzwege, i ‘sentieri del bosco’, i sentieri interrotti, che, pure, portano alla Lichtung, la ‘radura’ dell’esistenza autentica. Un sentiero luminoso per Lorenzo, in cerca di lumi.

   Parto cesareo del ’68, il Lorenzo-matricola. Levatrici: Sartre, Reich, Burroughs, ma anche Evola, Spengler, Jünger. Due tris in attesa del poker (poi sarebbe venuta la scala reale). Svezzato, a giochi (laurea) fatti, col pensiero antiglobale di Toni Negri e, manco a dirlo, con le dritte di Alain De Benoist. E la sua rottura epistemologica con la destra cadente. Lui cercava nuovi astri, oltre lo star-system. Figlio del Sole, non meno che delle stelle. Solare, stellare, lunatico. Anarca e Miles (gloriosus), Davide e Golia (di Jonathan manco a parlarne). Oltre le antinomie ‘destra-sinistra’, ‘conservazione-rivoluzione’, ‘hippy-yuppy’, alla ricerca di una sintesi originale. Che tardava a nascere…

   Epos ai confini dell’eros, questo il suo antidoto contro la banalità del quotidiano. Kulturkampf esistenziale. Progettualità viva piuttosto che memoria morta (e corta). Voleva andare avanti voltandosi, di tanto in tanto, indietro. Tantum verde e tantra nero. Tramonto dell’Occidente, alba dell’Oriente (non quello massonico, ma il messianico). Con Guénon, Aurobindo e Coomaraswamy a offrirgli mammelle sempre gonfie di latte. E Mishima pronto a dargli il suo mantello (e il pugnale).

   Lorenzo: cuore nero, mente rossa, spirito viola. Grillo parlante. Ma anche cicala. E farfalla. Un po’ grullo (grillino ex ante? Ai posteri l’ardua sentenza…). Ingenuo, alla latina (in-gens: gentilizio, ma alla buona). Nobile di umili origini, povero di spirito. E si sa, i poveri di spirito sono il regno dei cieli. Spirituale, subsonico, individualista anarchico. Nero, rosso, un po’ verde (bossiano ex ante? Finiano, piuttosto, a latere, sia di Gianfranco sia di Massimo): questo, in sintesi, Lorenzo l’ambidestro, futuro e libertà, il pastore-guru risvegliatosi dall’’ipnosi cristallizzata’ dell’uomo comune, il poeta Pound & Kerouac di una nuova mistica e di un nuovo mito. Pieno di devozione verso tutto ciò che è nobile, con la vocazione a guardare lontano e a volare alto. Pronto a far dei polli delle aquile, delle pecore lupi…