ALÈ NAMASTÈ OLÈ
ALOHA
Inizio
del post: un remake di un brano tratto dall’incipit del mio inedito Nietzsche: sneakers o tacchi a spillo? (N.B. Solo per coraggiosi, per quelli che amano giochi di parole, calembour e roba cantando: se volete, saltatelo e andate direttamente a: Bene, è partito, puntuale,
questo martedì. ecc. ecc.).
Uccidimi dolcemente, ma uccidimi… Entra nel rovescio del mio
mondo e affonda il tuo cultro lì dove gli altri hanno fallito. Trascrivo
febbrilmente i loghia onirici, battendo sul tempo i famelici gargoyle del
subconscio, spasmeggianti nevrilmente dalla brama d’ingoiarli nei lenti gorghi
amnesici. L’oceano notturno si è ormai contratto in un’anoressica pozzanghera:
solo i vortici di alcuni citri d’acqua dolce – i sogni che hanno bucato le
porte di corno (quelli che verità li incorona se un mortale li vede) – sono
sopravvissuti. V’intingo la mia plume mentale,
strappata all’uccello nottaiolo attardatosi a oziare sullo spoglio ramo
dell’ultimo ramingo albero della fuggente selva dell’oblio e… fandango.
Because the night belongs to lovers,
because the night belongs to lust, because the night belongs to us… È
l’alba, la notte è scappata coi suoi amanti, i dardi aurorali scippati
alla febica faretra hanno colpito a morte le mie effervescenti passioni ctonie
(ma rivivranno allo scoccare della mezzanotte) e i gendarmi del mattino hanno
ammanettato le mie voglie corsare (adieu
fuitina stellare con Jessica Alba… ogni notte un trip diverso).
It’s too late to apologize. Non ho più scuse. Dalla radiosveglia la voce velvet del sempre cool Timbaland mi riporta sulla battigia. It’s too late… Lascio Garden of nights (il Village da dreamer radical-chic – niente di particolarmente osé: solo Muse e qualche strip) e mi butto giù dal letto.
It’s too late to apologize. Non ho più scuse. Dalla radiosveglia la voce velvet del sempre cool Timbaland mi riporta sulla battigia. It’s too late… Lascio Garden of nights (il Village da dreamer radical-chic – niente di particolarmente osé: solo Muse e qualche strip) e mi butto giù dal letto.
Della notte mi è rimasto
solo il sorriso: lentamente passo per l’ultima volta il dito sulle sue labbra
di sogno, prima che si assottiglino e sublimino, impalpabili come labili fili
evanescenti, al balenare delle prime pallide luminescenze diurne. L’eco narcisa
degli ultimi sparsi frammenti onirici cerca invano di raggiungermi, ma
ammutolisce spaurita davanti all’alba sorgiva, sfiatando pudica nel lete delle
memorie fuggitive. No pain no drama:
ho già trascritto le stille essenziali, lascio senza magone le vaghe stelle
dell’orsa.
Il telefono squilla
(l’ultima, definitiva, rupture al
notturno soffitto di cristallo – di lì, rapito, posso mirare l’epifania degli
dèi). Squallida cocotte, vattene per la tua strada… io sono fedele al mio
computer (e pensare che
fino a qualche annetto fa manco me lo filavo…).
Lascio a letto i miei clandestini philosophes prêt-à-porter (nouveaux o anciens, tutti mi fanno il filo, ma io mi fermo ai preliminari), snobbo la cornetta – di giorno sono fedele – e vado a tirare.
Slash-flash: qualche strisciata di piccì, per tenermi su. Inizia la mia giornata.
Lascio a letto i miei clandestini philosophes prêt-à-porter (nouveaux o anciens, tutti mi fanno il filo, ma io mi fermo ai preliminari), snobbo la cornetta – di giorno sono fedele – e vado a tirare.
Slash-flash: qualche strisciata di piccì, per tenermi su. Inizia la mia giornata.
Bene, è partito, puntuale,
questo martedì. Sottofondo, prima di iniziare a scrivere, VH1 (la rete TV
musicale). Prima la Top Ten, poi, di colpo, l’ultima dei Depeche Mode, Where’s The Revolution: sorpresa…
You’ve
been lied to, you’ve been fed truths. Who’s making your decisions? Where’s the
revolution? …
Your
rights abused, your views refused… They manipulate and threaten with terror as a
weapon, scare you till you’re stupefied, wear you down until you’re on their
side.
The
train is coming, so get on board. The engine’s humming, so get on board!
Ti hanno mentito, ti hanno
rifilato verità. Chi sta prendendo le tue decisioni? Dov’è la rivoluzione? …
I tuoi diritti violentati, le tue opinioni rifiutate… Ti manipolano e ti minacciano con le armi del terrore, ti spaventano fino ad annientarti, ti sfiniscono fino a portarti dalla loro parte.
I tuoi diritti violentati, le tue opinioni rifiutate… Ti manipolano e ti minacciano con le armi del terrore, ti spaventano fino ad annientarti, ti sfiniscono fino a portarti dalla loro parte.
Il treno è in arrivo: sali
a bordo! Il motore romba: sali a bordo!
Salgo anch’io a bordo, ma prima
di salire, un po’ di meditazione mattutina (insieme a qualche esercizio fisico
di risveglio) e, nell’aprire a caso la Bibbia (ma il caso è lo stratagemma che Dio usa quando non vuol farsi
riconoscere…), ecco le parole di Proverbi 5,15-18a:
Bevi l’acqua della tua cisterna
e quella che zampilla dal tuo pozzo,
Le tue fonti devono forse spargersi al di fuori?
I tuoi ruscelli devono forse scorrere per le strade?
Siano per te solo, e non per gli estranei insieme a te.
Sia benedetta la tua fonte…
e quella che zampilla dal tuo pozzo,
Le tue fonti devono forse spargersi al di fuori?
I tuoi ruscelli devono forse scorrere per le strade?
Siano per te solo, e non per gli estranei insieme a te.
Sia benedetta la tua fonte…
Che parole politicamente scorrette, fuori dal coro, lontane
mille miglia dal melensume pseudo-altruistico di tante ciance (vanità delle
vanità) che si sentono oggi!
Acqua viva al posto di tanta acqua stagnante (e la papera neanche galleggia…). E riguardo
agli stranieri, non intendo tanto gli stranieri veri e propri, quanto i tanti estranei che vogliono
inquinare, contaminare, contagiare la nostra vita. Pensando di fare la
rivoluzione…
Ed ecco che le parole di Where’s the revolution? cascano a fagiolo. È forse il Karma? O è il
Dharma? È la devolution? Ho quindi pensato di fare un cocktail (alcolico) di alcune delle parole
delle prime quattro classificate a Sanremo: ed ecco il risultato. Alè, Namastè!
A chi trova se stesso nel
proprio coraggio, a chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio, a chi lotta da sempre e sopporta il dolore: qui
nessuno è diverso, nessuno è migliore.
A chi ha perso tutto e riparte da zero, perché niente finisce quando vivi davvero.
A chi ha perso tutto e riparte da zero, perché niente finisce quando vivi davvero.
Ho lasciato troppi segni sulla
pelle già strappata, ho cercato nel conflitto la parvenza di un sentiero. Ho
sempre fatto tutto in un modo solo mio, poche volte ho dato ascolto a chi
dovevo dare retta, ma non ne ho tenuto conto, ho sempre avuto troppa fretta…
Almeno tu rimani fuori dal
diario degli errori, da tutte le contraddizioni, da tutti
i torti e le ragioni, dalle paure che convivono con te, dalle parole di un
discorso inutile.
Ho guardato nell’abisso di
una mattina senza alba. Essere o dover essere: il dubbio amletico
contemporaneo…
Ricordo la notte con poche
luci, ma almeno là fuori non c’erano i lupi… E la paura frantumava i pensieri,
che alle ossa ci pensavano gli altri.
Cambia le tue stelle…
se ci provi riuscirai: prendi a morsi la vita!
Non è tardi per ricominciare,
ma scegli una strada diversa… E ricorda
bene: la vita che avrai non sarà mai distante dall’amore che dai.
E soprattutto,
ricorda di disobbedire, perché è vietato
morire!
È una corsa che decide la sua meta: questo tempo non è sabbia, siamo
passi, siamo storie…
La folla grida un mantra, l’evoluzione
inciampa, la scimmia nuda balla… Corpi asettici, tutti tuttologi col web, coca
dei popoli, oppio dei poveri.
Intellettuali nei caffè,
internettologi, soci onorari del gruppo dei selfisti anonimi: l’intelligenza è démodé. Risposte
facili, dilemmi inutili, storie dal gran finale: per tutti un’ora d’aria, di
gloria.
Namastè Olè.
Namastè Olè.
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