NIENTE DI PERSONALE
OCCIDENTALI’S
KARMA
Essere o dover essere: il dubbio amletico contemporaneo.
L’intelligenza è démodé: risposte facili, dilemmi inutili.
AAA cercasi storie dal gran finale: comunque vada, panta rei and singing in the rain.
Lezioni di Nirvana, c’è il Buddha in fila indiana: per tutti
un’ora d’aria, di gloria – la folla grida un mantra, l’evoluzione inciampa, la
scimmia nuda balla…
Piovono gocce di Chanel su corpi asettici: mettiti in salvo dall’odore
dei tuoi simili…
tutti tuttologi col web, coca dei popoli, oppio dei poveri.
tutti tuttologi col web, coca dei popoli, oppio dei poveri.
AAA cercasi umanità virtuale, sex appeal…
Comunque
vada, panta rei and singing in the rain.
Tramonto dell’Occidente:
questo il suo Karma. E il Dharma? Alba
dell’Oriente…
Meglio ancora,
ri-unione, ricostituzione, riformazione di quella che era la grande Civiltà (Kultur vs Civilization) Occidente/Oriente
(le nostre radici greche, semitiche, latine, germaniche ecc. e gli influssi
indo-orientali). Insomma, Eurasia.
Tutto questo traspare
dall’incredibile testo (politicamente scorretto: l’intelligenza è démodé...) della canzone vincitrice dell’ultimo
festival di Sanremo: un inno alla Kultur
contro la décadence, infarcito di riferimenti colti (non ultimo quello al libro cult dal celebre
etologo darwinista-marxista Desmond Morris – che peraltro, dopo aver passato la
vita a ridurre l’uomo alla scimmia, sembra oggi aver cambiato idea: «Gli
esseri umani sono molto meglio di quanto si creda». Ah ah, l’evoluzione inciampa...).
E visto che l’uomo è
molto meglio di quanto si creda (secondo il Salmista è solo di poco inferiore a
Dio), e che contro l’attuale montante tentativo (da parte di chi? A voi la
risposta…) di disintegrazione della
personalità Francesco Gabbani ha prestato la sua voce, e le sue parole, ecco
un recentissimo (contestuale ai giorni di Sanremo) articolo di Adriano Segatori,
psichiatra-psicologo nonconformista (di area hillmaniana e lainghiana)
decisamente fuori dal coro – ma certamente dentro il coro di Occidentali’s Karma.
P.S. Tra i vari riferimenti, oltre a quelli più colti, ci sono pure l’“ora d’aria” (Litfiba) e l’“ora di gloria” (Andy Warhol), il “comunque vada“ di Max Gazzè e le “lezioni di cioccolato“ (qui di nirvana) del film con Violante Placido (tra l’altro, giurata a Sanremo). E che dire del Karmacoma dei mitici Massive Attack? Kamaloka...
E poi, se c’è la “scimmia nuda”, c’è pure la “scimmia e l’essenza” del “lisergico” Aldous Houxley: «Ritorno alla fame. La nuova fame, la grande fame, fame di giganteschi classi proletarie industrializzate, fame di cittadini pieni di soldi, provvisti di ogni comodità moderna, con automobili e radio e qualsiasi ordigno immaginabile; fame che è causa di guerre totali che sono causa di fame anche maggiore.»
Che il diario degli orrori sia, da ora in poi, almeno solo un diario degli errori (tra l’altro la canzone di Michele Bravi è quella che più mi è piaciuta del Festival).
Il senso ultimo: usciamo dal diario degli errori, da tutte le contraddizioni, da tutti i torti e le ragioni. D’ora in avanti, gocce di Chanel... (che tu sia o no Marilyn).
E poi, se c’è la “scimmia nuda”, c’è pure la “scimmia e l’essenza” del “lisergico” Aldous Houxley: «Ritorno alla fame. La nuova fame, la grande fame, fame di giganteschi classi proletarie industrializzate, fame di cittadini pieni di soldi, provvisti di ogni comodità moderna, con automobili e radio e qualsiasi ordigno immaginabile; fame che è causa di guerre totali che sono causa di fame anche maggiore.»
Che il diario degli orrori sia, da ora in poi, almeno solo un diario degli errori (tra l’altro la canzone di Michele Bravi è quella che più mi è piaciuta del Festival).
Il senso ultimo: usciamo dal diario degli errori, da tutte le contraddizioni, da tutti i torti e le ragioni. D’ora in avanti, gocce di Chanel... (che tu sia o no Marilyn).
DISINTEGRAZIONE DELLA
PERSONALITÀ
di Adriano Segatori
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La scrittura non è un semplice
strumento di trasmissione di notizie, pensieri e indicazioni, ma
l’espressione dello stato emotivo dello scrivente, della sua stessa
personalità.
È il corsivo, specificamente, la modalità con la quale il soggetto riesce a comunicare stati interiori che confermano, o smentiscono, quanto può essere vocalizzato. Peraltro, la scrittura procede anche come dispositivo simbolico, il quale definisce l’organizzazione mentale e caratteriale della persona che la esprime. Tanto per capirci, il fatto che la cultura occidentale proceda da sinistra verso destra rispetto a quella orientale – anche se non unanimemente – che si svolge all’inverso, deriva dal fatto che noi consideriamo il passato alle spalle e l’avvenire di fronte, mentre altre civiltà considerano il primo davanti in quanto noto, e il secondo alle spalle perché inconoscibile, modifica anche l’interpretazione dello scritto. Da noi, si va da sinistra, che è l’interiorità, l’Io, la memoria e le radici, a destra, il mondo esterno, il futuro, l’Altro, la relazione. L’alto della scrittura è l’idealità, la spiritualità e la trascendenza, mentre il basso rappresenta l’inconscio, il senso pratico, la concretezza.
Insomma, da un corsivo si possono
desumere dati e segnali che vanno ben oltre alla pur complessa valutazione
grafologica dell’ambito medico-legale e forense sull’autenticità di una
firma.
Ma, a parte questa premessa, è proprio
sulla firma che deve puntare la nostra attenzione. Il fatto che in Finlandia
“L’istituto nazionale per l’educazione” abbia deciso di imporre la scrittura
a stampatello nelle scuole per una questione di praticità e di maggiore
funzionalità di lettura è un fatto di inaudita pericolosità dal punto di
vista simbolico, prima che culturale e psicologico.
Alle Scuole Elementari, dopo il
rodaggio del famoso ‘asta e filetto’, il maestro dedicava l’attenzione
all’esercizio della firma per gli alunni. Prima il nome e poi il cognome, non
importa con quale possibilità leggibile; l’importante era la personale identificazione
con quello specifico e personale segno. La firma – intesa come specificità di
scrittura – definiva l’“Io sono”, non solo sotto l’aspetto
burocratico-amministrativo, ma soprattutto dal punto di vista identitario.
I criminologi si affannano a cercare
la ‘firma’ dell’esecutore di crimini seriali, mentre gli educatori decidono
di annacquare ogni diversità in una modalità più comoda di stampatello.
Questo procedimento omologativo si aggancia perfettamente all’uso sconsiderato e devastante degli strumenti tecnologici per la scrittura: «Un’accresciuta digitalizzazione della scrittura, che fa la sua comparsa già nell’infanzia, ha conseguenze negative sulla capacità di lettura di bambini e adulti. […] La scrittura manuale permette di apprendere meglio. Il pensiero ha sempre bisogno di una relazione concreta. [...] L’apprendimento delle lettere per mezzo della scrittura con la matita è superiore rispetto all’uso di uno strumento di videoscrittura digitale» (1).
La scrittura a mano, e soprattutto in
corsivo, è l’esercizio della fantasia, della creatività e del gusto, perché
il rapporto occhio-cervello-mano è il ponte che connette la percezione,
l’elaborazione e la pratica. Inoltre, questo addestramento abitua alla
valutazione della distanza, dell’ampiezza, dello spazio libero e di quello
occupato dai segni; abitua al controllo muscolare, al tempo della
riflessione, alla correzione volontaria, quindi allo sforzo di perfezione.
È evidente come una semplice
consuetudine quotidiana possa coinvolgere in toto la persona, nella sua
complessità organica, psicologica ed estetica.
A prescindere, però, da queste
componenti, quello che è di importanza essenziale per la struttura
dell’individuo è il concetto della ‘firma’. L’attuale firma digitale, che è
il corrispondente informatico di una tradizionale firma autografa, è solo un
segno burocratico dell’autenticità di chi lo digita, ma nulla trasmette della
sua persona. Altro è l’autografo –semanticamente scritto di propria mano – che
personalizza un atto, un biglietto, un dono. La scrittura autografa esprime
l’inconscio, le caratteristiche della personalità dell’individuo. Essa è una
proiezione grafica, simbolica ed evocativa di sé, di ciò che si prova, si
vuole e si crede in quel preciso momento. Tanto è vero che, pur rimanendo
decifrabile nei suoi segni particolari, cambia nel tempo, con gli stati
d’animo e le motivazioni, dimostrando di essere lo specchio della nostra
interiorità, della nostra sincerità e della nostra condizione mentale.
L’iniziativa finlandese si aggancia in
sinergia all’informatizzazione capillare nella disintegrazione della
personalità, in quella operazione di omologazione dei gusti e delle
personalità che soli, nelle diverse e peculiari espressioni, rimangono a
baluardo contro l’appiattimento dilagante.
Quando decenni fa, in tempi non
sospetti, denunciavamo la democrazia come infezione dello spirito, i censori
dell’intelligenza e i guardiani della giustizia criminale si accanirono a più
non posso contro di noi e contro questa nostra accusa. Ora, scienziati democratici
come il citato Spitzer, docente ad Harvard e direttore della Clinica
psichiatrica e del Centro per le Neuro-scienze e l’Apprendimento
dell’Università di Ulm avvertono: «Prima di introdurre computer portatili
negli asili e nelle scuole elementari dovremmo sapere che cosa stiamo facendo
ai nostri figli!».
L’attacco ai giovani è l’esempio della
democrazia realizzata nella quale non devono sussistere diversità; di più:
non siamo all’infezione dello spirito, perché l’infezione presuppone degli
anticorpi per combatterla, ma alla sua sterilizzazione. Dalla sessualità alla
moda, dal gusto alimentare allo stile nell’abbigliamento, dalla
cinematografia al romanzo fino alla scrittura, tutto converge verso il
superamento della democrazia stessa, oltre l’uguaglianza delle opportunità
per trasformare la società ad una informe similitudine, alla medesimità –
secondo un felice neologismo di Alain de Benoist: l’indistinzione,
l’indifferenziato.
Chi ha cuore l’infanzia deve opporsi
alla devastazione in atto e fare propria l’esortazione di James Hillman a
difendere la «ciascunità», la peculiarità della persona contro ogni forma di
indistinto mescolamento, perché «Le disuguaglianze precedono il primo vagito»
(2).
NOTE (1) M. Spitzer, Demenza digitale, Corbaccio, Milano 2013
(2) J. Hillman, Il codice dell'anima,
Adelphi, Milano 1997
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