mercoledì 5 febbraio 2020

L’ETICA COME SEGNO DEI TEMPI E SOGNO DEL FUTURO (PRIMA PARTE)


    L’ETICA COME SEGNO DEI TEMPI 
    E SOGNO DEL FUTURO
                          (PRIMA PARTE)
      
 Il campo (seminato/minato o arido?) dell’etica è un territorio privilegiato – pathfinder – per esplorare quali saranno le prospettive di questo Terzo Millennio ormai maggiorenne. È il terreno di gioco (o di lotta) in cui si affrontano il retaggio del passato, la realtà del presente e le sfide del futuro.
Al primato della politica, mattatrice nelle discussioni post-sessantottine, si è, infatti, man mano andata sostituendo la riflessione sulle questioni etiche. E il dibattito si è ancor più acceso nel turning point degli anni 70/80, che ha segnato il passaggio dalla modernità alla post-modernità.
Un cambio di paradigma: dalla verità (antropocentrica) dell’homo modernus (che sostituiva la verità teocentrica dell’homo antiquus) alle molte verità dell’homo post-modernus. Da Cartesio, Kant, e la ‘ragione illuminata’, svoltando per Nietzsche e lo ‘smascheramento dei valori’, per poi arrivare, con qualche affanno, al ‘decostruzionismo’ di Derrida, alla ‘condizione postmoderna’ di Lyotard e, infine, alla ‘società liquida’ di Bauman: così l’etica è arrivata sino ai nostri giorni, tra storicità, mobilità e relatività.
Perché, dunque, questa voglia di etica ora, nell’avanzante Next Age, periodo di prova in cui si riassemblano i pezzi del domino dell’ormai liquefatta New Age e, con la lampada di Dio(gene), si va alla ricerca dell’Uomo Nuovo, di una Società Nuova, zigzagando tra Globalizzazione e Localismo, tra le onde del Web e le verdi valli della Tradizione e del senso della Comunità? Perché senza Etica non c’è Identità…
L’etica, infatti, connota la volontà di distinzione propria dell’uomo, evita che, malgré tout, ci sia la ‘Ribellione delle masse’ (Ortega y Gasset) o l’Uomo senza qualità’ (Musil). Al di là del valore ontologico e della Stimmung – atmosfera – da salotto radical-chic (o da pour parler da supermarket), ben oltre l’essere una delle espressioni dello Zeit-Geist (lo Spirito del Tempo), con il suo piangersi addosso per la perdita dei valori, l’etica assume connotazioni eminentemente pratiche: fa sì che una città sia una città – e non una somma di pieni o un vuoto a perdere – e che un’impresa non sia un’impresa…
I can, I care… L’etica tocca le corde dell’individuo nei suoi rapporti con l’altro (e l’Altro) – siamo nei territori della psicologia, della filosofia e della teologia – e la sua empatia con gli altri e col territorio in generale (temi della sociologia e dell’urbanistica): insomma, dal cucchiaio alla città. Sì, l’etica riveste un ruolo fondamentale anche nella gestione urbana, se improntata ai principi di sostenibilità e sussidiarietà. La rigenerazione urbana, il community-based planning, l’advocacy planning: tutta l’urbanistica con finalità sociali, in sintesi, parte da premesse etiche.

Ma l’etica tocca e investe anche le istituzioni, l’economia, le aziende. Entriamo in queste ultime finestre e soffermiamoci all’interno di questi ambiti, dopo aver messo i piedi per terra. Consideriamo, anzitutto, l’identità di un’azienda, la sua corporate identity: notiamo come il ‘fattore etico’ (senza trascurare quello estetico) sia una garanzia di successo e di approvazione da parte della comunità o del ‘villaggio globale’.
L’etica, ossia la somma dei comportamenti ritenuti conformi alla moralità o al senso del bene, non solo è un tema sensibile per la cultura d’impresa e l’identità dell’azienda, ma è il minimo irrinunciabile per instaurare un rapporto di fiducia tra un’impresa (lo stesso ente pubblico) e i vari detentori della posta in gioco (gli stakeholder: le aziende, pubbliche o private, i partner con cui interagiscono, nonché le varie controparti – cittadini, clienti, fornitori, opinione pubblica, ambiente).
E poi, le ricadute sull’immagine e sul versante del ‘politico’, per chi assume comportamenti etici, sono facili da immaginare (senza per questo necessariamente cadere nel qualunquismo e nel facile buonismo della ‘moralina’, così invisa, giustamente, a Nietzsche). Specie poi oggi, in cui c’è un potenziale di consumatori e di organizzazioni sempre più sensibile e critico nei confronti delle problematiche inerenti allo sfruttamento dei lavoratori, ai privilegi iniqui, alla finanza rapace e alle tematiche ecologiche e le altre istanze etiche in generale.

L’approccio etico nei rapporti tra stakeholder ripropone i temi vincenti dell’’agire comunicativo’ e dell’‘organizzazione comunicativa’ di Habermas, ossia la dialettica tra ‘sistema’ (gli apparati amministrativi e direttivi) e ‘mondi vitali’ (i valori basilari e fondanti della comunità). Solo un agire etico e razionale, teleologico e strategico, porta all’empatia tra le parti e alla reciproca soddisfazione.
Potere comunicativo che si riallaccia al finalismo operativo strategico di radice weberiana e al potere non verticistico, ma orizzontale, di Hannah Arendt, esercitato da cittadini di pari dignità e circolante tramite la comunicazione.    
D’altronde, la glocalizzazione (cocktail a dosi variabili tra mire globalizzanti e derive localistiche, ma anche il senso di ‘comunità’) e il sempre crescente mix tra etnie e culture diverse impongono, anche nell’ambito della cultura d’impresa, un orientamento verso scopi e valori condivisi e l’implementazione di una cultura della fiducia, della plausibilità e della reciproca attendibilità: in una parola, un comportamento etico al passo coi tempi.
Segno dei tempi, c’è sempre più urgenza di una corporate ethics – etica dell’azienda – che combatta il pressappochismo, la criminalità economica, le speculazioni finanziarie, i fattori devianti in generale, e riaffermi, o costruisca ex novo, rapporti sani, stili etici e franchi di comunicazione, clima interno rassicurante e motivante, tutela della dignità personale, miglioramento della qualità della vita e del benessere personale, difesa dell’ambiente, lotta all’esclusione sociale, pari opportunità, trasparenza…
Non solo, ma l’etica è indispensabile, affinché, al di là di qualche successo effimero (e delle comunque inevitabili ricadute deleterie, su almeno uno degli stakeholder), le società, le imprese, gli enti e i loro sotto-sistemi funzionino senza intoppi e in maniera efficace ed efficiente. 
(Continua...)

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