lunedì 11 gennaio 2021

LECTIO ed ELECTIO. TRACCE e SPUNTI di TEOLOGIA (parte prima)

LECTIO ed ELECTIO

TRACCE e SPUNTI di TEOLOGIA

(parte prima)

Come afferma il Rendtorff (Teologia dell’Antico Testamento – vol. 2), l’Antico Testamento è un’opera teologica. Ed essendo la teologia un ‘discorso su Dio’, sub ratione Dei ma da parte di uomini, è necessario che del libro biblico se ne dia un’interpretazione, ossia una ‘mediazione’ (inter partes) tra l’Io (individuale, sociale ecc.) e Dio. “La teologia è, proprio in questo senso, un’indagine ermeneutica, un’interpretazione disciplinata di testi immaginativi” (G. Green). E in effetti, la Bibbia “non è mai semplice cronaca o descrizione, è sempre un commento interpretativo che avanza con decisione sull’osservabile verso il costruito, in altre parole immaginazione al di là del ‘dato’” (Introduzione all’Antico Testamento – W. Brueggemann).

L’interpretazione teologica, cuore dell’’intenzionalità interpretativa’ dell’AT, è l’ermeneutica del processo di ’espansione/immissione’ di Dio nella Storia (il coming out divino), che, in quest’economia divina, si è fatto cronaca. Nondimeno, non semplice cronistoria (Historie), ma ‘storicità’ (Geschichte) – successione di eventi che continuano ad avere un senso e possono essere reinterpretati – e soprattutto, ‘storicità esistenziale’ (Geschichtlichkeit): ‘storia ‘utilizzabile’, con significato per me qui e ora.

   La Bibbia è un libro plurale, già all’interno di ciascun suo testo individuale. Dialogico e teandrico: suo fine è far entrare il (Suo) popolo in dialogo con il (suo) Signore, in un movimento circolare di reciproca appartenenza (alleanza, patto, berit). Tuttavia, se è vero che il testo è dischiuso a una pluralità di sensi, per una sua corretta interpretazione teologica è d’ausilio la conoscenza della storia della sua composizione. Sia il canone ‘vivo’ – ossia il ‘canone prima del canone’, quando la Bibbia ancora non esisteva (“…un fiume di tradizioni e ricordi che attraversa tutta la storia del popolo di Israele e della prima comunità cristiana e ne feconda il terreno prima di confluire in un lago dalle acque tranquille e immobili per secoli, che è appunto il canone scritto” – G. Girardet) – sia il vecchio canone ‘chiuso’ hanno promosso interpretazioni sempre nuove e una ricorrente attualizzazione, in una continua circolarità che dall’evento porta al testo, il quale si fa di nuovo evento, e così via: un gioco (teologico, ma anche immaginativo) di successive riprese del testo e sue reinterpretazioni.

Testo, contesto e pre-testo: la parola-azione è dentro la situazione. C’è correlazione (fusione degli orizzonti, secondo Gadamer) tra orizzonte del testo e situazione individuale. Nondimeno, le situazioni, i contesti, sono variabili, così come la ‘compagnia’ dei ‘professionisti’ della fede (W. Brueggemann, op. cit.) che vi ha lavorato sopra.   

   Le reinterpretazioni non sono solo le nostre, ma anche quelle dei compositori e/o redattori (alle prese con la stratificazione redazionale). I testi non sono meri fatti letterari: in quanto intimamente congiunti con le esperienze di fede, sono stati spesso riediti in funzione delle mutate esigenze della comunità destinataria. Da qui le diverse riletture e riprese dell’Esodo o il prologo di Luca. Le parole dei testi sono una rappresentazione/ripresentazione della parola di Dio, soggette, quindi, alla mediazione umana: durante l’iter compositivo di un testo – nel suo passaggio dalla forma orale a quella scritta (dalla stabilizzazione dei cicli al progresso redazionale) – è spesso mutata, non solo la forma del messaggio, ma la sua stessa natura (i redattori hanno attualizzato il messaggio e vi hanno inserito la loro prospettiva teologica). Di qui le reinterpretazioni del sabato, dell’esodo, dei ‘detti di Gesù’ (loghia) – rivisti alla luce della resurrezione – e la diversa prospettiva delle ‘beatitudini’ in Luca e Matteo.

   Questo nei vari libri che rileggono lo stesso evento. Passando al singolo libro, la sua ‘spoliazione’ – la sua messa a nudo – punta alla comprensione dell’intenzione dell’autore originario e del redattore finale. Spesso entrambe valide e capaci di interpellarci qui e ora. Tuttavia, se il testo biblico è un fatto storico, culturale, religioso; spesso confliggenti sono gli impulsi che lo hanno originato, diversificati gli ambienti e i tempi della loro genesi, eterogenee le tesi perseguite (e anche l'attività letteraria del popolo stesso). Gli Ebrei, lungi dal fare mera opera documentaria delle loro esperienze, hanno composto i testi come ‘interpretazione’ dei fatti, per far risaltare la propria storia quale frutto di un preciso disegno di Dio, presente in modo del tutto particolare tra il Suo popolo. È per questo che ci troviamo dinanzi a un'opera teologica: l'importante non è la riproduzione del fatto in se stesso, ma il suo significato religioso, salvifico.

                                                 


 

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