giovedì 15 aprile 2021

COLORIAMO TUTTI I MURI

COLORIAMO TUTTI I MURI

   Poco bling bling, malgré tout; molto charme: brut, asciutto, minimal. Più Dharma che Karma. Minima moralia e calligrafia erotica. Calligrammi all’Apollinaire nell’aria e trame lettriste sulle pareti. Tra respiri d’Olimpo e sciacqui nel Gange (e tagli di Blade Runner). In (sciamanica) attesa della presa di coscienza (nell’anima), dell’analisi (nella mente) e di una strategia (con il corpo).

   Di colpo la stasi. Solo pochi istanti di souplesse temporale, poi il ‘solve’ continuò la sua alchimia: i pensieri divorziarono dalle parole, le parole dai suoni, i suoni frantumati annichilirono nel grande vuoto pneumatico. Iniziò il ‘coagula’.

Amplitude, ciselure, anéantissement: una debordante situazione lettrista. Oltre il surreale, già postmoderna. Azzeramento di ogni valore e sua riconversione. Bouleversement psichico ed esistenziale. Creatività pura, figurazione libera, arte spicciola. Dérive e détournement. Ipergrafia, iperfonia, décollage e body art. Soulevement de la Jeunesse.

   Tornò giovane. E ne approfittò. S’introdusse nottetempo all’interno di case in costruzione, per poi infilarsi, insieme ad altri ribaldi come lui, in palazzi in demolizione. Colorò i muri. Percorse, in autostop, senza tregua e senza meta, la città invisibile. Infine, nel bel mezzo dello sciopero dei trasporti pubblici, si buttò a capofitto nel traffico dell’ora di punta, senza casco e strafatto di vodka. Ubriaco e impasticcato, errò lucidamente nei cunicoli sotterranei della Grande Mela, in cerca di coccodrilli albini (e del verme). Trovatone uno (un alligatore delle Everglades, verde mela), se lo caricò di peso in macchina. Poi, a motore spento (era al verde), per sgravarsi dei sensi di colpa cominciò a scorrazzare, a fari anch’essi spenti, nel ventre (molle) della città obesa. Un botto. I suoi occhi si riaprirono, cisposi: tra un battito di ciglia e l’altro, vide due torri crollare…

   Cambiò sala nel multiplex della sua mente. Altro scenario, altri attori. Dal fantasy al reality. The show must go on. Dal film d’essai al film della sua vita. Più breve. Un must. Se lo vide tutto d’un fiato, fino ai titoli di coda. Film in bianco e nero, con pezze a colori (a voler essere pessimisti: in realtà, a voler essere ottimisti, era tutto a colori, sia pur sbiaditi). Mucca pezzata: nera e rossa e lui così ‘nero’ da diventare quasi ‘rosso’.

Una corsa da toro infuriato tra i birilli bianchi, una dozzina di capriole – con le corna – poi, finalmente il salto nell’abisso.

Sul grande schermo davanti agli occhi sempre più spenti (verso la realtà esterna, ma a fari accesi sul castello dell’anima) di Lorenzo, ormai regista e produttore, finito il film, cominciarono a scorrere i nomi degli attori…

 


 

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