giovedì 8 aprile 2021

TOP GUN Vue de Droite (parte terza)

TOP GUN

Vue de Droite

(parte terza)

Molti si cimentano sui social a parlare di politica – non c’è più la Destra, non c’è più la Sinistra… – ma non hanno la più pallida idea di cosa siano (o fossero) veramente la Destra e la Sinistra (meglio, le Destre e le Sinistre). O perché troppo giovani (dovrebbero essere nati, preferibilmente, negli anni ’40 e ’50 – è il ’68 il turning point di tutto), o perché, pur avendo letto Evola o Lukács, non ne hanno assorbito la Stimmung (atmosfera) e la Einfühlung (si sono immedesimati in loro), e non ne hanno vissuto lo Zeitgeist (spirito del tempo). Io, invece, che il ’68 (da noi, più che altro, il ’69 e il ’70) l’ho vissuto pienamente, lacrimogeni compresi, posso parlarne a pieno titolo. E poi, lì, c’è stato l’incontro con un “uomo straordinario” (alla Gurdjieff), che – da una “terza posizione” – mi ha fatto “baciare” l’Oriente con il vero Occidente, e che, in una notte intera – avulsa dagli studi universitari –, mi ha spiegato tutto “Così parlò Zarathustra. Ciò premesso, tratto dal mio “Gocce di pioggia a Jericoacoara” (il romanzo da “derviscio rotante”), ecco la terza delle quattro puntate su Vue de Droite.

Anno zero. Il fascino della nuova età. La Golden Age. Non che Lorenzo-Ulisse avesse paura del Kali-Yuga, l’attuale età del ferro (arrugginito). Era moderno quel che bastava. Anzi post-moderno (ante-litteram). Tutto ciò che è nuovo è buono. In lui, eclettico puro, assolutamente (e ossimoricamente) relativista (ma in linea con quel buon diavolo di Drieu La Rochelle), convivevano – pacificamente belligeranti nell’estetica dell’azione – l’epopea fiumana e la tradizione romana, Cristo e Buddha, Odino e Thor, il Signore degli Anelli e il Dio degli Eserciti. Dal Sabaoth al riposo sabbatico (mai Black Sabbath, però – black block quel che basta). Elettrico. Elastico. Eletto (prescelto dagli dèi). Prolettico. Profetico. E soprattutto, giovane.      

   Lorenzo, forever young. Questa la sua profilassi. Giorno dopo giorno, anno dopo anno. E con l’’erba’ che cominciava a crescere (evolianamente, la sua ulteriorità in divenire). Ma Lorenzo non faceva di tutta l’erba un fascio. ‘Fascista’, se si vuole, ma oltre. Più di fantasia che di realtà. Ma non ultrà (su questo lui insisteva, ma si considerava comunque un extra). Oltre la Destra, oltre la Sinistra. Non in mezzo. Su di un altro piano (e un altro pianeta…).

   Così in alto, così in basso. In terza posizione. Antesignano del movimentismo giovanile di destra anni ’70 – e post –, di quel gran coagulo di stelle filanti, ferventi e frementi, anelanti (e adelanti) il comunitarismo libertario e l’individualismo anarchico. Galassia antropologicamente colorata, (dis)articolata e (dis)ordinata: tante destre quanti erano i giovani di destra.

   Il ‘68 …non solo comunista. Anche fascista. Il diavolo e l'acqua santa, il rosso e il nero. Rozzo ma sincero. Vero. Paradossale, stendhaliano, ma solo fino a un certo punto. Back in Black. Lorenzo aveva scoperto un ‘fascismo’ nuovo. Diverso dalla destra con la forfora (fosse solo questo: “le loro giacche dai colori ridicoli, le cravatte, Dio, che cravatte… le scarpe con la para, la forfora…”), quella ben spazzolata (più di cento colpi…) da Stenio Solinas (“Mai un briciolo di grandezza, mai una scintilla di follia, mai il piacere per le cose belle, sempre per le cose ‘comode’, lo svaccamento in casa nei giorni festivi, il lavaggio della macchina, lui in tuta, lei anche, con in più le pantofole… il mediocre limbo dei borghesi che pensano che questo sia il paradiso.”). Detto poi dal ‘destro’ Stenio, quello per cui: “La cultura del piagnisteo è sempre stata di sinistra”…

   Una destra di lotta e di idee, contrapposta alla destra d'ordine e di governo. D’élite ma anche sociale, conservatrice ma pure anarchica, reazionaria ma pronta alla rivoluzione. Anche qui figli contro i padri, fiori (di zucca) contro i cannoni… Una meta-destra metà a sinistra (diciamo pure, trans…). E poi, al calor bianco, nel suo tour ‘iniziatico’ alla Thor Lorenzo aveva scoperto anche un nero (di pelle) tra i fascisti (un eritreo)…

 

   Destra-sinistra, sopra-sotto, avanti-dietro (e il Fascismo: sadomaso-gay?). Mai al centro! Per scendere giù dal Walhalla, per il nostro, e il suo engagément a destra, da neo-dadà, sarebbero valse – dadaumpa – le parole da contro-outing del ‘nero’ Buttafuoco. Nell’intervista-scandalo del novembre ’99, in risposta al coming-out di Bobbio, al navigato Norberto il pischello Pietrangelo (e con lui, virtualmente, Lorenzo) confessava: “…Professore, confessione per confessione, io non sono fascista: sono altro. Ho amato lo scandalo di chi gioca da fascista in questo dopoguerra perché è stata questa la prospettiva più inedita da dove ho potuto fare altro, diventare altro, per leggere e studiare in orizzonti ad altri inaccessibili.” Insomma, alla Gianna Preda (glissando su Freda), Lorenzaccio era fascista (immaginario) più che altro per “una forma di civetteria selvaggia.” Fascista in attesa di un ‘rinomina’… O di una nomination (mai di una ‘poltrona’).

   Che dire… anche Papini, per rimanere nella sua Firenze (d’adozione, per Lorenzo), si era inerpicato sugli erti colli alla ricerca di punti di visuale diversi, di un pan-opticon da cui tra-guardare sul mondo. Senza dimenticare Heidegger, uno dei suoi ‘mentori’. Non aveva forse egli affermato (aveva mentito?) di esser diventato nazista per salvare l’università? Come sostiene Ernst Nolte, le sue intenzioni erano rivoluzionarie. Il filosofo ‘nazi’ voleva un cambiamento radicale, era un precursore del Sessantotto. E Lorenzo era sul suo stesso ‘sentiero’. Pieno di sorprese, di ideo-choc e incontri ‘rock’. Mai ‘lento’.  

   E non solo seguace dei maîtres à penser, ma anche sulla scia di mister (o miss?) alla David Bowie, l’algido dandy androgino stile Stefan George fermato alla frontiera con libri su Joseph Goebbels e Albert Speer. Sì, David Bowie, il Jonathan  politically super-uncorrect, l’ossimoro pop-lirico (nel ‘73 premiato come il ‘musicista rock più popolare’ e… ’la donna peggio vestita’) – pure gli occhi dal colore diverso! (un ‘bicolore’ alla Lorenzo) – che, in un’intervista su Playboy, dichiarava: Sì, io credo con forza nel fascismo. Oppure, non più space oddity ma pur sempre glam come il duca bianco, Bryan Ferry, popstar new wave, altro dandy british (Lorenzo, quello post-sessantottino, aveva tutti i suoi ciddì), il quale in un’intervista a un giornale tedesco aveva candidamente incensato aspetti non secondari del regime nazista (pur dissociandosene, in seguito, nella sostanza): “i film di Leni Riefenstahl, gli edifici di Albert Speer, le grandi parate e le bandiere erano semplicemente meravigliose, proprio belle.”

   E di Mussolini, che condivideva (Lorenzo)? Non molto, più che altro non se lo filava, lo teneva in sordina, raggomitolato. Temperandone le punte. Solo, con l’altoparlante, questo suo pensiero, che Lorenzo portava sempre con sé come antidoto alle sue cadute di tono: “Il superuomo, ecco la grande creazione nietzscheana. Quale impulso segreto, quale interna rivolta hanno suggerito al solitario professore di lingue antiche dell’università di Basilea questa superba nozione? Forse il taedium vitae, della vita quale si svolge nelle odierne società civili dove irrimediabile mediocrità trionfa a danno della pianta-uomo. E Nietzsche suona la diana di un prossimo ritorno all’ideale. Ma un ideale diverso fondamentalmente da quello in cui hanno creduto le generazioni passate. Per comprenderlo verrà una nuova specie di spiriti liberi fortificati nella guerra, nella solitudine, nel grande pericolo, spiriti che conosceranno il ghiaccio e i venti, le nevi dell’alta montagna e sapranno misurare con occhio sereno tutta la profondità degli abissi, spiriti dotati di un genere sublime di perversità, spiriti che ci libereranno dall’amore del prossimo della volontà del nulla ridonando alla terra il suo scopo e agli uomini le loro speranze – spiriti nuovi, liberi, molto liberi che trionferanno su Dio e sul Nulla!”          

   E poi, Lorenzo era stufo del ‘conformismo’ dilagante. “La sinistra intellettuale è un clan chiuso. Si vedono, si leggono e si confrontano tra loro. Guai a proporre punti di vista differenti.” Confessione di Paola Mastrocola, scrittrice emergente, bagnata dai (dis)seccati ‘uadi’ post-sessantottini (il ’78 e dintorni). “Portavano tutti l’eskimo, quello con la pelliccetta finta verdemarcio militare. Se non l’avevi, non eri nessuno. Ma questo lo capii dopo. Avevano capelli lunghi e crespi, barbe, baffi, camice larghe di lana a quadri. Mi venne da pensare che chi faceva politica doveva avere i capelli crespi, se no niente. Ma forse era un pensiero qualunquista e io ero una qualunquista dimmerda (…) Per me tutte queste terminologie – di destra, di sinistra, di conservatori, di aristocrazia e democrazia – sono vacue terminologie.” E lui questi termini li usava e ne abusava; talvolta, si identificava con l’uno o con l’altro di essi, ma più spesso, alla Mussolini (almeno a parole), ‘sfasciava’ tutto. Insomma, Lorenzo era come l’Accio del ‘Fasciocomunista’ di Pennacchi (a proposito, ma è vero che il fascismo, almeno ideologicamente, fu una ‘terza posizione’ tra socialdemocrazia e bolscevismo? Fascismo rosso, insomma…): se in classe gli altri stavano con Ettore e qualcun altro era per Achille o Ulisse, lui parteggiava per Diomede, unico e solo. A Lorenz-Accio non era mai piaciuto dire quello che dicevano gli altri…

 

 


 

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