sabato 5 giugno 2021

CONSIDERAZIONI (IN)ATTUALI

     CONSIDERAZIONI (IN)ATTUALI

“In tutti i tempi, per tutto il corso della storia umana, l’uomo ha cercato Dio e le varie religioni del mondo sono la risposta di Dio a questa ricerca, risposta data mediante uomini in cui di Lui stesso più si era manifestato che non nel resto dell’umanità (...) Qualunque sia la religione speciale cui apparteniamo, dovremmo tributare a Loro tutti venerazione e ammirazione, poiché ognuno di Loro portò al mondo lo stesso divino messaggio, insegnò le stesse verità fondamentali.” Annie Besant, la leader carismatica della Società Teosofica, così, un secolo fa, aveva tratteggiato le idee-guida di quella ‘religione universale’ (la ‘filosofia perenne’, rievocata a metà ‘900 da Aldous Huxley), che, se da sempre ha esercitato il suo fascino su certe élite intellettuali, oggi, sbiancata e slavata, faceva proseliti anche in ambiti più popolari, cattolicesimo incluso (d’altronde, il cristianesimo ‘romano’ è da sempre all inclusive). Idee queste, un tempo ‘eretiche’, ma che ora rientravano tranquillamente nell’alveo del politically correct e della vulgata corrente. Ma lui, erede del Principe degli Apostoli, non se la faceva col volgo. Almeno in quel senso.

     ‘Religione universale’, dunque, questo il trend, ma c’era anche il suo ‘contraltare’: i vari ‘fondamentalismi’, specchio offuscato dello zeit-geist di questa travagliata transizione tra ‘dualismo’ (battagliero) dell’Era dei Pesci e ‘monismo’ (irenico) dell’Era dell’Acquario. E tutto questo in un’alba (dorata? tutto nickel, più che altro…) di Terzo Millennio, in cui non appariva ancora chiaro (neanche a lui, il Papa. Claro que no. Nein) se le religioni stessero per tramontare, in quanto residuato di una società premoderna, o se, invece, ci fosse un loro revival, pur proteiforme, tra ‘globalizzazione’ e ‘tribalismo’. Ma tutto questo aveva per lui ben poca importanza. L’importante sarebbe venuto di lì a poco. Lo sfarfallio d’ala nella brezza del ponentino avrebbe prodotto una tempesta fuori dal Cupolone…

     Dall’ermeneutica del sospetto alla reciproca conoscenza. A chi si sarebbe rivolto per la sua Riforma, per la sua ‘Grande Sintesi’? Innanzitutto, a cattolici e protestanti (senza dimenticare anglicani e ortodossi, che per lui, specie i secondi, erano praticamente cattolici).

     Il Cattolicesimo era per il Papa un dato di fatto, specie in una terra (non la sua, l’amata landa linda, un po’ Lutero un po’ monastero) come quella d’adozione, pregna di ‘cattolicità’ in capite et membris. Il Cattolicesimo (Romano – come sottolineano, con una frecciatina, gli evangelici), dalla straordinaria duttilità ‘inclusiva’, ‘cementato’ dalla struttura gerarchico-sacramentale. Un Cattolicesimo sempre in grado di adattarsi allo Zeit-geist – lo ‘Spirito del Tempo’ –, ‘madre’ accogliente dei valori e fermenti che da sempre animano la Storia e le ‘vie del mondo’. Naturalmente, con tutti i suoi pericoli e agguati.

     E poi – così il teologo, e sacerdote, David Tracy – il cattolico aveva (e in effetti ha – su questo il Papa non demordeva) il vantaggio simbolico, rispetto a ebrei e protestanti, di essersi ‘formato’ secondo la grande tradizione di simbolo, immagine, letteratura, santi e storia. E quindi tende a immaginare in modo diverso, a interpretare ogni evento all’interno di un particolare ‘universo di senso’ rispetto agli altri della tradizione giudaico-cristiano (a dir il vero, ‘sprazzi’ di questa Weltanschauung – e questo il Papa, in bilico tra Reno e Tevere, l’aveva compreso – compaiono nel pentecostalismo evangelico). Nel cosiddetto grande Cattolicesimo (così Richard Rohr) si ritrova, infatti, quel grande ‘universo mitico’ (di cui parlano Rollo May e Joseph Campbell), all’interno del quale muoversi per rendere ‘eroiche’ le banali vite quotidiane: un ‘cosmo’ che dà un ‘senso’ al ‘caos’ esistenziale di individui e comunità.

     In assenza di mitologia, emerge la patologia. Non rimane che scrivere la propria piccola storia. E poi, il Cattolicesimo dà grande valore all’’incarnazione’. E non solo a quella di Gesù, ma a tutto ciò che è ‘corporeo’: realtà della Chiesa, transustanzazione nell’ostia, culto di immagini e santi… Un percorso spesso labirintico, in cui sovente ci si perde. Il cattolico, ahimè (quello del Papa fu quasi un ‘sob’, un sos), rischiava di rimanere intrappolato in questa ‘tela del ragno’…

     Insomma, nel Cattolicesimo (nel bene e nel male) tout se tient.

     E sull’altra sponda? Un molteplice e variegato ensemble di comunità cristiane (spesso autodefinentesi evangeliche) che si richiamano (nei tratti fondamentali) ai principi della Riforma del sedicesimo secolo (quantunque non di rado originatesi prima – Valdesi – o esplose nell’ultimo secolo – Pentecostali). Dottrina ricapitolata dai cosiddetti sola: solus Christus, sola Biblia, sola fide, sola gratia…

     E lui da teologo voleva essere al riparo dalle ‘sole’ (sai, Roma…). Aveva le sue certezze. In ogni caso, sia pur a denti stretti, condivideva con Tillich il fatto che il ‘protestantesimo’ fosse un ‘principio eterno’, non ristretto a una data fase del Cristianesimo, ma rintracciabile già nel profetismo ebraico e nella figura di Gesù. Certo, si contrapponevano ‘fondamentalisti’ e ‘liberal’, ma questo avveniva pure nel cattolicesimo (ah, questi integralisti alla Lefebvre… Si sciogliessero almeno un po’!).

     E lui, il Papa, ultimamente si era un po’ dis-integrato. Sì, era rimasto, per alcuni versi, ‘fondamentalista’ (quasi in senso ‘evangelicale’): credeva nella divinità di Gesù, nell’ispirazione plenaria della Scrittura e nella realtà del mondo spirituale (angeli e demoni, Paradiso e Inferno compresi. C’era il Purgatorio, che purga…, ma stava per essere ingoiato). E lui voleva issare un’unica bandiera su questo arcipelago, fossero pure le ‘isole’ cattoliche, protestanti, ortodosse…

     Ma, soprattutto, voleva che ogni uomo fosse un’isola (ma col ponte).

Tratto da Gocce di pioggia a Jericoacoara.

 

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