IN
VINO VERITAS
(tratto dal mio romanzo inedito Nietzsche: sneakers o tacchi a spillo?)
Salta il tappo (Diana mima platealmente
lo stappo col pollice e la bocca – e noi abbocchiamo: il parterre al completo
pende dalle sue labbra. E la Torre? Fa i miracoli in piazza…). Versa vino nuovo
nei nostri otri (le nostre menti si stanno rinnovando – anche lo spirito
cresce. E il deserto? Sotto spirito…). Ma io non mi ubriaco.
«Voi mi venerate; ma che
avverrà, se un giorno la vostra venerazione crollerà? Badate che una statua non
vi schiacci! Dovete
superare l’uomo e anche me, la donna. Dovete riandare con lo spirito alla
‘purezza’ primeva, all’eredità degli antenati, alle radici; ma dopo il bagno nelle fonti ancestrali dovete asciugarvi
al sole dell’avvenire (sbianco di colpo: la vedo imperlata di gocce d’ambrosia,
come la venere ebony di More & More. Sono duttile come un
giunco: sarò funky, ma se il legno è
di pregio – non junk – ne riconosco,
senza ombre, la virtus). Siate radicali, infondete uno spirito creativo
alla Tradizione, ma non traditela… (magari traducetela). Siate TGV, non tradotte… Ballate sulle rovine, ricomponetele, restauratele, ma innestate, innervate, qualcosa di nuovo, di
contemporaneo. E scartate le macerie… Tornate all’età dell’oro per
‘scioglierla’ e farne una nuova collana. I giorni futuri ne siano i grani, gli
eoni i bracciali, il ‘gran giorno’ la corona… Vivete l’oggi, con tutte le sue
nuvole, vivete il domani malgrè ancora
offuscato dalla nebbia quotidiana; godetevi l’effimero, la modernità per quel
che vi aggrada, ma scivolate su di essa. Siate leggeri, allegri, come folletti
tra la folla, ma defilatevi quando potete. Siate eccentrici ma non perdete di
vista il ‘centro’. Come dice il nostro Gabriele (non il vate, ma
l’’Odino-Gandalf’ che siede davanti a me – è sempre Chloe a soffiarmelo
nell’orecchio): quanto più saldo è il
centro tanto più ampia è la circonferenza che si può tracciare senza smarrirsi.»
Diana ci gira intorno, ci punta con i suoi occhi magnetici e il magma
del suo pensiero vulcanico continua a scorrere sulle nostre anime sempre più
roventi. Si preparano nuove scosse (e non saranno di assestamento).
«Destra,
sinistra, sopra, sotto. Capovolgete le prospettive. Investite sulla cultura, recuperate la potenza del simbolo,
reincarnate l’Idea del mondo, sia la vostra – come batte col martello il nostro
Gabriele – un’azione strutturale e non apparente… Sursum corda. Ridete e fatevi beffe del mondo. Non fatevi
schiacciare dalle ombre della notte oscura dell’anima. Il grande meriggio è
vicino… e dobbiamo renderlo, se si può dire, ancor più prossimo, sino a farlo
sorgere dentro di noi: l’anima vuole vedere il sorgere del giorno, lo spirito
il meriggio, il corpo la controra… Questa la mia ‘libretta’. Seguiamo la stella
– la terza, a destra… poi diritto fino al mattino. Fermiamoci lì! (il
linguaggio di Diana è arcano, oscuro – quindi per noi è lampante, solare. Claro
que sí). Allora staremo a metà strada tra l’animale e il superuomo, sulla
via verso un nuovo mattino. La via del
tuono… »
La fiera è sempre più bionda. E non ci
blandisce, continua a brandire l’arma bianca: «“Vivir entre almas bajas
esaspera en pasión nuestro apetito de lo grande.” Acquisteremo la “libertà di spirito” e
renderemo schiave le nostre cattive inclinazioni (e attueremo le nostre cattive intenzioni). Ci raffineremo,
rassoderemo, ma con passione (e con
juicio). Via mistica, via cosmica, via metafisica, via fisica? Via tutto…
L’importante è ‘ri-suscitare’ la propria natura, (re)suscitare la propria
essenza, farla uscire dalla sostanza, suscitarla dalla ‘res’ e attraverso la
‘res’. Che la res sia extensa o cogitans, fate voi, purché sia intensa! E
soprattutto, res publica. Basta col
‘ritorno al privato’! Dobbiamo essere ‘organici’… Quindi, attraverso questa
‘seconda natura’ entreremo nel pieno possesso della nostra ‘prima natura’… e
alla fine la bellezza salverà il mondo. Ci trascinerà, ci inebrierà senza
ubriacarci, ci possiederà… Anche se Pound c’insegna che la bellezza è difficile. Ma a noi niente e nessuno ci fermerà. Succhiamo il midollo della vita! (Diana finisce in beauty. È in forma, non c’è che dire. Altro che attimo fuggente…)».
«Bisogna sputarsi in faccia
continuamente. Lo si faccia tutte le mattine fino alla sera e dalla sera alla
mattina, anche nel sonno, contraddirsi continuamente, sfuggire, non essere mai
se stessi, non fermarsi mai, così soltanto si è nell’immediato. Bisogna che vi
rassegniate a non mentirvi, a non prendervi sul serio, perché voi, noi non
siamo. Siamo in quello che ci manca, non siamo in quello che siamo. Sono parole di Carmelo Bene. L’ho
conosciuto che ero una pischella (Diana ogni tanto scende da cavallo): se non
l’avessero chiamato da lassù, lui sarebbe tra di noi, ai miei piedi… (scoppia a
ridere). Che uomo Carmelo! Che bene per quelli del suo tempo… (non è che
fossero poi passati così tanti anni). Ma ora è acqua passata: non possiamo
rituffarci nella stessa acqua. Ma non buttiamo con l’acqua il bambino. Semmai
cambiamogli i pannolini… (Diana rimane imperturbabile: di certo cova qualcosa
di grosso. Sarà incinta?). Bene, la
bellezza salverà il mondo. Ma solo se è collegata col buono e questo col vero. Kalòs
kai agathòs. Come dice Sergio (c’è pure lui – di questo filosofo
conoscevo solo, a malapena, il nome – me lo indica Chloe): …la bellezza è lo scarto che c’è tra lo stato di natura e quel “di più”
a cui siamo chiamati per essere davvero uomini. La bellezza è l’ideale che ci
ricorda che non siamo fatti per vivere come bruti. È per questo che gli antichi
la legavano al Bene e al Vero. Noi l’abbiamo dissociata.” Sì, la Venustas
abbracciata all’Eros… Tutto questo è profondamente etico.»
Sergio annuisce (per non parlare di
Stefano – lui è un esteta. Si accoda Vittorio, con garbo, senza polemizzare; e
poi a cascata Gianni, Gabriele, Marcello, Massimo… Non mancano le donne, anzi:
c’è Alessandra che quando si scalda mi s’incolla addosso). Ci fosse stato
Gilles, avrebbe partecipato al peana in prima persona – non foss’altro per
ossequio a Friedrich e, presumo, a Diana. Miracoli della società liquida.
Diana torna al sodo. Si scioglie
definitivamente (non rimane più nulla dell’iceberg. La Thule è ormai in ammollo
– ma lei è sempre dura, senza maniglie dell’amore – in questo non è uomo). «Voi potreste creare il superuomo (si fa
di nuovo seria: la voce quasi baritonale). Ve ne rendete conto? Forse non voi stessi, fratelli! Ma potreste
creare in voi i padri e gli antenati del superuomo…»
Le uova si erano dischiuse (il pulcino è
davvero super…). Canto della fenice (e non per incantare le masse o cantare la
massoneria – ite missa est). Il
tenore dà il cambio al baritono, il soprano si aggiunge di soppiatto. Basso,
contralto, voci bianche. Tutte sul piatto della bilancia. Un primo bilancio
della serata (e siamo solo all’esordio): canto d’élite per i singoli e per i
popoli (non per i multipli). Tutti per uno e una per tutti.
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