sabato 25 aprile 2020

LIBERAZIONE. Are you ready for a miracle?


LIBERAZIONE
Are you ready for a miracle?

Bene, oggi parliamo di liberazione. Ma non solo in attinenza con la data odierna. C’è di più, molto di più…
Ma lavoro, come spesso mi capita, per analogie. Ed ecco, quindi, visto che questo è un blog di Kultur (nato, più che altro, come blog di Architettura, e dintorni), un “flos de floribus” dal mio romanzo di tras-formazione da “derviscio rotante” (la definizione che più mi è piaciuta e più si attaglia) Gocce di pioggia a Jericoacoara. Si tratta dell’intero capitolo 35, tra i più corti tra i sessantasette capitoli (un romanzo tolkieniano…).
Leggetelo tutto d’un fiato, poi fermatevi, ascoltate il vostro Dio, rileggetelo lentamente, gustatelo, assaporatelo, sedimentatelo, rileggetelo, meditatelo e, anche prima dei canonici ventuno giorni (il tempo del digiuno di Daniele e quello della resistenza al cambiamento – la lotta dell’angelo contro il “nemico”, v. nel cap. 10 del Libro di Daniele, nell’Antico Testamento), passa all’azione…

«Fatto è che io credo nei miracoli. Già il mio intervento è stato tale, non puoi non riconoscerlo. Il miracolo non sovverte l’ordine naturale delle cose, ma lo ricompone, lo restituisce alla perfezione iniziale. Rimette insieme i frammenti, rimodella le situazioni, sviluppa certi ‘arti’ e ne ‘rimpicciolisce’ o annulla altri. E poi, fa il vecchio nuovo. Sempre con arte (e con giudizio). Io non ci credevo, ma ho scommesso, come Pascal. Che ci avrei perso? Credibilità? Ero solo io a saperlo... Tempo? Nel frattempo facevo tante altre cose… Fiducia in me stesso? Figuriamoci… Il caso era apparentemente banale. Ma dovevo risolverlo. Come? Nonostante il cambio di prospettiva, continuavo a pensare alla ‘vecchia maniera’: perché scomodare Dio per cose così poco importanti, con tutti i problemi esistenziali e collettivi, di ben altro peso – la fame del mondo, l’ingiustizia sociale, l’effetto serra… Giustissimo. Tutti ragionamenti validi e sacrosanti. D’altronde, io sono noto per essere un teologo della liberazione. Non famoso a livello internazionale, ma in salita su quello nazionale. In ogni caso, ortodossia o ortoprassi che sia, il mio problema, personale, anche se umanamente risolvibile, era importante. Quale problema?. Una questione di …denti.» 
     Arianna pensò di non aver capito (per quanto Julim parlasse l’italiano perfettamente) e ribadì (senza forza):
     «Un problema di identità? Certo, l’autostima è fondamentale se si vuol vivere bene e coerentemente con i propri principi e aspettative.» 
     «No, non identità, ho detto proprio denti: una questione di denti… Ridicolo, no? Per me era un problema che non ci voleva proprio, specie allora che ero preso da tanti impegni. E con i primi accenni alla possibilità di una ‘missione’ importante (te la illustrerò dopo, non è questo il momento). Improvvisa, la missione, ma improvviso, anche, il ‘problema’: una piorrea galoppante. Un paio di mesi fa. Mistero buffo. Forse un’infezione, o chissà. Eppure, io ci tengo al mio fisico. Non solo allo spirito. E non sono un sepolcro imbiancato (certo, non spetta a me stabilirlo…). E poi, per motivi che avevano a che fare con la ‘missione’, dovevo lasciare Rio per fare l’animatore a Jericoacoara (naturalmente nessuno sapeva di questa mia ‘doppia vita’: ufficialmente, per il ‘sinedrio’ universitario, sarei dovuto essere lì solo per una meritata vacanza, dopo tanto tran tran scolastico). E tu eri nelle mie mire! Hai visto giusto. Il problema era quindi fastidioso, ma andare dal dentista era problematico. Sì, certo, potevo farlo benissimo. Quasi niente è tecnicamente impossibile, figuriamoci poi nella patria della chirurgia estetica…» 
     Arianna al sentir parlare di tocchi e ritocchi, sorrise. A lei non servivano, almeno per il momento (nonostante avesse già preso il largo, insieme – virtualmente – alla sua coetanea Sharon Stone, altro fisico illustre, anche quanto a mente). Ivo Pitanguy poteva aspettare…
     «Era per me una pietra d’inciampo, uno skandalon. Immaginavo, poi, che la soluzione sarebbe stata lunga e costosa. – Julim riprese con ancor maggior lena e brio –. E poi, perché non provare? Io che parlavo di regno di Dio, dei miracoli di Gesù, di Gesù della storia e di Cristo della fede, di soteriologia e pneumatologia, di kénosis ed exousia, di Weltanschauung e Sitz im Leben, di Einfuhlung e Zeit-Geist, di Gemeinschaft e Gesellschaft, di Kultur e Zivilisation, di circolo ermeneutico e di ermeneutica del sospetto… Io che facevo l’analisi sincronica, diacronica, strutturale, insomma facevo le pulci al vangelo di Marco, e che discettavo di ’analisi delle forme’, di ‘redazione’, ‘tradizione’ e ‘fonti’. Che smontavo la Bibbia e la rimontavo (con o senza ‘chiave biblica’). Specie il Nuovo Testamento, la mia materia d’insegnamento. Sferruzzavo e ricucivo: la storia kerygmatica dei Vangeli, la questione sinottica, l’analisi psicologica degli evangelisti e dei ‘redattori’, l’ermeneutica dei principi profetico e sacramentale, il significato sociale del movimento di Gesù, Bultmann e la demitologizzazione... Insomma, tutta quella teologia che, per quanto affascinante, è diventata la serva della sociologia, quando non della ‘socio-politica’. Da padrona a serva! Da àncora di salvezza ad ancella sfaccendata. Che valeva tutto questo (anche se l’analisi teologica mi affascina ancora, anzi più di prima), se poi non mi accodavo alla sequela? E non mi ‘accordavo’ coi suoi insegnamenti? E non passavo dall’analisi alla sintesi… Dov’era l’’escatologia realizzata e inaugurata’? Insomma, il miracolo, la guarigione (non solo spirituale e psichica), la potente manifestazione che sigillava il nostro essere ‘figli di Dio’, persino superiori agli angeli?» 

     Julim era talmente preso dal racconto che parve trasfigurarsi (il Pan di Zucchero era vicino). Lui, da shaolin, pugile della giovane foresta, a filante seguace di Saulo da Tarso… 
     Begin the beguine. «Sì, i miracoli: segni e simboli della crescita interiore, del vento nuovo di giustizia e shalom, della risposta all’appello di Gesù che c’interpella e vuole il nostro sì. Amen. Ma occorreva unire la teoria alla pratica. Considerare tutte le tessere del mosaico, non solo quelle che più si aggiustavano col modo (o la ‘moda’) di pensare del momento (anche se ora è un po’ ‘out’, o ‘down’). Io avevo un problema urgente, per banale che fosse, e Gesù, comunque, nei Vangeli rispondeva (ma se non ci fossero stati i vangeli, che ne sarebbe stato di Gesù? Domanda da Fight Club…). Sì, lui rispondeva anche alle cose ‘terra terra’. Con i miracoli. Non solo segni, ma pure opere potenti. Sciamanesimo tribale, dirai tu. In ogni caso, gnosi o non gnosi, Gesù era pronto alla risposta, più di quanto noi fossimo pronti alla domanda. E perché non poteva rispondere a me, su di me? Perché solo dentro di me? Ero o non ero un figlio di Dio? Non ero anche io come il cieco, il sordo, lo zoppo, la vedova?» 
     Julim cambiò faccia (e personaggio).
     «Ma erano altri tempi, mi dirai, i miracoli (sempre che fossero realmente tali, e non fantasie o altro) servivano a inaugurare il ‘regno’. Erano contingenti e, soprattutto, il mercato (delle pulci) del popolo credulone. Il mercato, la piazza, gli alti luoghi…» 
     Il teologo ‘rampante’ (Arianna sperava in cuor suo – anzi era certa – che non fosse un ‘baro’. Specie per lei che aveva rischiato di trovarsi nella bara… Che ci fosse dietro il bahar di Dio? Era forse un ‘eletto’? In ogni caso, sembrava proprio che Paolo, Agostino, Lutero, Calvino e Karl Barth fossero i suoi assi nella manica) si allontanò un attimo, riaprì il frigo-bazar e riempì nuovamente di succo di ananas il bicchiere di Arianna (perennemente vuoto). Nel frattempo continuava a sorseggiare il suo abituale pompelmo trapuntato da cubetti di ghiaccio. Uno, due, tre passate. Voleva tenere l’atmosfera rasoterra. Chill-out. Non troppo cool. Non era proprio il caso. C’era stato già un sovraccarico di tensione… Quindi, niente long drink, cocktail e beveroni vari, collaudati o frutto dell’ispirazione del momento. Meglio volare basso (non certo per gli argomenti, stratosferici).
     «”Quel che vale è la nostra adesione intellettuale” – si sarebbero inalberati i soloni (e io stesso, se avessi dovuto parlare ex cathedra). “Altro che miracoli e guarigioni soprannaturali. Quel che importa è la nostra risposta all’appello di Gesù per una vita ‘autentica’!” Allora Gesù dispensava, senza spesa da parte dei fruitori, ora era un’altra ‘dispensazione’: occorreva spendere dal dentista! Questa l’ovvia conclusione del cristiano ‘maturo’, ‘corretto’, ‘bipartisan’ (che è poi un cristiano ‘disperato’: senza speranza). Insomma, la voce del ‘coro’.» 
     Julim accennò un gorgheggio, poi, con voce da gargarismo, tornò sui suoi passi.
     «Arianna, mi raccomando: non lo andare a dire in giro. Non lo spiattellare ai quattro venti! Sono un teologo rispettato. Se qualcuno ci ha sentito (sai, qualche ‘cimice’, coi tempi che corrono…), di’ che stavo raccontando una storiella, una parabola. La mia tesi su Karl Barth è un must qui a Rio. Sono un teologo serio, non vado mica dietro alle fanfaluche delle donnette! Comunque, tornando alla mia storia fresca fresca, ho buttato alle ortiche la mia rispettabilità di cattedratico e mi sono detto: sono un figlio di Dio, il regno mi appartiene, gli angeli sono al mio servizio per le cose materiali. Non li invoco, ma li chiamo lo stesso. Anzi, se c’è un mio angelo custode, meglio ancora. Sarà il mio personal coach. In ogni caso, anche senza il suo aiuto, mi allenerò per conto mio: cioè, alla New Age (meglio, alla Pentecost-Age), visualizzerò la guarigione (nella Bibbia ritroviamo, nella sostanza, ma con spirito diverso, lo stesso metodo), ossia tanti angioletti che puntellano i miei denti, abbassano le tendine (le gengive), riparano e  ritoccano, danno una sbiancatina qua e là… Non diceva forse Gesù: credete di aver già ottenuto la cosa richiesta (cioè, visualizzate nello Spirito il risultato: il successo è sicuro) e così sarà. Quando? Quando lo vuole Dio. Non: se Deus quiser… Sì, Lui lo vuole e conosce anche i nostri tempi. In definitiva, riassumendo, per non annoiarti troppo: di mio ho messo il desiderio e il disegno, per così dire (la fede, in definitiva); l’angelo ha eseguito l’intervento e Dio, nella Sua Trinità operativa, ha dato il via alle operazioni, supervisionando poi e collaudando, infine, il tutto. In pratica: io sono stato il progettista, Gesù l’imprenditore, l’angelo (o gli angeli) la manovalanza, lo Spirito Santo il direttore dei lavori e Dio Padre (o Madre) il collaudatore… Ma non andarlo a dire in giro – era la seconda volta che Julim, preso dalla foga della confessione, girava il disco –, se no mi cacciano. Mi tolgono cattedra e discepoli. Direbbero che i miei vaneggiamenti da guru de rua farebbero rivoltare Karl Barth nella tomba (ma io – Nein credo che lui, invece, mi strizzerebbe l’occhio. Ja!). In ogni caso, silenzio messianico a parte, tutto ha funzionato. A meraviglia.» 
    E Julim sventagliò il sorriso più bello, e innocente, che Arianna avesse mai visto (non che quelli di Evan, l’olandese volante, e Lorenzo, il falcone federiciano, fossero da mettere sotto spirito).

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