CHRISTMAS SONG
maschere incenso e mirra
Ventuno dicembre: solstizio
d’inverno. Ventuno grammi: il peso
dell’anima.
“... se la psiche è l'anima, e l'anima è il mondo della
nostra esperienza, come sostiene Aristotele, essa ci fa paura. Non ne vogliamo
troppa o troppe varietà. La vogliamo ridotta a percezione e a immaginazione terrene,
niente sogni a colori.” (R. D. Laing).
Anima disanimata, parole
senz’anima. Questo spesso è lo ‘spirito’ del Natale. Ma il Natale può
essere altro, e ‘oltre’: anche ultra (o ultrà). L’importante è che dietro lo
specchio delle parole ci sia un’anima. Meglio, anima e sangue.
Venticinque dicembre: Natale.
Sì, bloody
Christmas (anche
un po’ blue & green).
Natale rosso vitale – anche
Babbo Natale si è tinto di rosso: che sotto sotto non sia anche lui un ultrà? Carne e sangue: non solo “sangue dei
vinti” (sconfitti nella lotta – o teatro, cosmo, caos – dell’esistenza), ma sangue
dei vincitori.
Natale al sangue (non ‘esangue’). Sang real. Nell’attesa
dell’instaurazione (o restaurazione), dopo tanta retorica, del modello di uomo
e donna ‘persuasi’ – come
direbbe Michelstaedter: la ‘persuasione’
dell’individuo (indiviso) autentico, cioè realizzato, vs la ‘retorica’ dell’(in)dividuo (diviso) inautentico.
Il vero Natale (quello del vero
Cristo): dall’”uomo a una
dimensione”, per dirla con Marcuse, a quello a tre dimensioni.
Dall’Io diviso all’Io
unificato (Ronald D. Laing).
Pensiero diversificato vs bispensiero ‘unico’.
E last but not least, un Natale eclar, cristico e solare, vs il
Natale d’accatto e d’achat.
In sintesi (senza psicanalisi, con un po’ di psicosintesi), una modalità di vita
‘vera’, pregna di senso e di valore, vs la
falsità, la banalità, la massificazione.
Un Natale moderno e antico vs
il vivere pseudo-moderno basato sulla platitude
e sulla piattezza
pseudo-esuberante del consumismo mordi e fuggi dei tanti bipedi intubati su SUV gasati, impupazzati e con l’immancabile protesi-cellulare
incollata a orecchie sempre più insordite.
«Il deserto cresce... guai a chi cela deserti dentro di sé!»
Io, nel frattempo, continuo a mirare (al)le stelle...
Fatto è che, tra white merry
Christmas, Isis “Usa e getta” e Barry White (e non solo: Alicia Keys e Beyoncé
scalpitano) sto in souplesse da paresse
natalizia (man in mask? Forse da masquerade – senza vampiri, semmai
qualche vamp).
La neve m’imbianca (virtualmente), ma non mi sbianca, né mi sbanca (un po’
mi svampa). Sono però più sbilanciato verso la saudade; se non Café del mar
o Malibu, almeno la mia Jericoacora: di lì pesco la solita perla (i
pascoli oceanici sono ancora fruttuosi…).
«Blue in green. Kind of blue. L’atmosfera si fece rosé. Fuori, buio
assoluto (la luna dormiva, le stelle erano in libera uscita). A frotte
sciamarono dalla discoteca, danzando, cantando, urlando (eppure sembrava
s’udisse solo un sottile suono di silenzio). Si sparsero nelle strade, corsero
sui muri, scivolarono sui tetti… A piedi, in bici, in moto (le macchine,
appiedate). Cristo e l’arte della manutenzione dell’anima.
Tutti furono toccati. Soprattutto, i cuori.
L’aria fu tutta impregnata, saturata, ossigenata. Cominciò a piovere. Diluvio
universale (per il momento solo un inizio di piovasco estivo. Ma quante nuvole
all’orizzonte!). Nessuna sirena nella notte, solo musica e danze. Preparate il
vitello grasso (anche solo un’insalatona).
Il cielo s’illuminò. Solo un lampo. Eclar. I
lampioni, più luminosi del solito. La luna si affacciò al verone (ma Firenze
continuava a dormire). Le stelle si precipitarono sotto di lei (non tutte:
Florence sogna e c’era chi sognava con lei. Anche chi flirtava all’ombra dei
portici – del cielo).
Pioggia a catinelle. Diana inciampò in un
barbone (e le stelle a guardare. Anche la luna, ritrosa). Poco mancò che
cadesse (il marciapiede, per di più, era scivoloso). Non si allontanò. Si
avvicinò ancor più. Nessuno la trattenne. Volle dargli un po’ d’amore. Ma si
limitò a carezzarlo con affetto, carità. S’inginocchiò, lo guardò negli occhi.
Pianse. Lui sorrise. I suoi denti erano più bianchi delle perle.»
(dal finale di Gocce di pioggia a Jericoacoara).
E che le gocce di pioggia possano divenire un acquazzone di
benedizioni, spirituali e materiali (a matrioska),
per tutti voi!
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