SOLSTIZIO
D’INVERNO &
SOLE DI GIUSTIZIA
Ma per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà il sole
di giustizia, la guarigione sarà nelle sue ali e voi uscirete saltellanti come
vitelli dalla stalla. (Malachia 4,2 – nella Bibbia, Antico Testamento).
A soli tre giorni dall’attentato riprende vita il mercato di
Breitscheidplatz. I commercianti: Non è stato
facile.
VITA. La Vita oltre la Morte. Specie da oggi, giorno
del solstizio d’inverno. Da oggi, la luce sempre più a lungo, il buio (oltre la
siepe?) sempre di meno.
OGGI IL SOLE RINASCE!
OGGI IL SOLE RINASCE!
Julius Evola ci ricorda come Sol, la
divinità solare, appare già fra i dii
indigetes, cioè fra le divinità delle origini romane, ricevute da ancor più
lontani cicli di civiltà.
Questo è il momento in cui, quando la Notte cerca di sopraffare il Giorno, è
necessario mantenere accesa la fiamma della FEDE, che al mattino, con l’alba, trionferà.
Alba dorata? Sì, ma non nel senso
massonico e para-politico: non sempre l’oro luccica…
Fede e Sapienza, Pistis Sophia.
Stiamo alle porte del Natale; come direbbe il solito Charles
Bukowski fuori dalle righe:
È Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima,
mentre le persone sono sempre più intermittenti. Io vorrei un dicembre a luci
spente e con le persone accese.
Il Natale non dev’essere costellato da lucette e pupazzetti, ma
deve manifestare la luce della tua rinascita e trasformazione: sette
giorni di carburazione (dal 25 dicembre al 1° gennaio, in senso metaforico e
reale) per poter poi diventare leggenda.
Sì,
forse diventeremo leggenda, forse no. No,
dico io, ma aspetta… che cosa sarebbe Gesù se nessuno avesse scritto i Vangeli? (Fight Club).
Essere cristiani – o semplicemente umani – significa,
innanzitutto, conoscere il Gesù dei
Vangeli (anche oltre e aldilà del Vangelo) e il suo Spirito,
al di là del tempo (ma anche nel Tempo, nel nostro tempo). Significa, poi,
avere una certa esperienza del tempo.
E Natale, simbolicamente (ma non solo), come del resto Pasqua e
ogni altro vero ‘kairòs’ (tempo propizio, da cogliere al volo), è un tempo di rigenerazione.
Il vero cristianesimo – non quello delle lucette – dà profondità
e senso al presente: un presente in
viaggio… Tutto l’opposto della cultura secolarizzata, che ci fa vivere, o
‘sopravvivere’, in “un presente fisso su di sé”: un presente statico, morto,
imbalsamato, anche quando corriamo o sgommiamo su SUV strombazzanti.
Per il cristiano, invece, anche quello che va a piedi,
“accanto al tempo orizzontale che passa e che fugge,
esiste un tempo che non passa, un tempo che resta.” (Bernard Sichère).
Ora et labora. Gaudemus igitur… Sì,
godiamoci questo periodo di feste: è in questo fluttuare tra stasi ed estasi,
tra identità e cambiamento, “il respiro del tempo cristiano”. Chi vuol esser lieto, sia: di doman c’è
certezza…
Dal desiderio della ricchezza alla ricchezza del desiderio, dalle
relazioni di potere al potere delle relazioni, dall’amore del bene al bene
dell’amore: tutto questo è il senso del Natale.
Tutti
a bordo! Al timone c’è il nostro pilota, il destino dell’essere: ciò che noi
dovremmo veramente essere, il nostro destino, la nostra destinazione, il nostro
vero talento.
Segui la tua beatitudine e per te l’universo aprirà porte
laddove c’erano solo muri. (Joseph Campbell).
Dopo
quest’introduzione, ecco due contributi provenienti da fonti ideologiche
piuttosto distanti, ma idealmente vicine. Il primo, à gauche, il secondo più à droite
L’ESTASI CONSUMISTA DEL NATALE
come Edith Piaf
io canto “Je ne regrette rien”, non rimpiango nulla.
Se dovessi rinascere chiederei al buon Dio, o al suo Facente Funzione, di concedermi la santa grazia di farlo esattamente come sono nato: affogato nella penuria, ma di darmi le stesse chance che credo di aver colto e massimizzato. Di poter apprezzare lo scintillante mondo delle merci vedendo il mondo dal basso, e di raggiungere grado dopo grado questo regno della Piccola Borghesia Sans Souci (imitazione della corte ferrarese di Schifanoia) dove mi trovo.
In questi giorni di consumo felice (torno dal Supermercato con la gioia brilla come in un film di Frank Capra) ho visto gente serena intenta santamente a consumare; non sarò certo io ad aggiungermi al coro degli scontenti, alle voci di quelli che storcono le labbra e scuotono la testa.
Se dovessi rinascere chiederei al buon Dio, o al suo Facente Funzione, di concedermi la santa grazia di farlo esattamente come sono nato: affogato nella penuria, ma di darmi le stesse chance che credo di aver colto e massimizzato. Di poter apprezzare lo scintillante mondo delle merci vedendo il mondo dal basso, e di raggiungere grado dopo grado questo regno della Piccola Borghesia Sans Souci (imitazione della corte ferrarese di Schifanoia) dove mi trovo.
In questi giorni di consumo felice (torno dal Supermercato con la gioia brilla come in un film di Frank Capra) ho visto gente serena intenta santamente a consumare; non sarò certo io ad aggiungermi al coro degli scontenti, alle voci di quelli che storcono le labbra e scuotono la testa.
Non amo il
Pasolini che in piena contraddizione con se stesso, consumatore seriale e locupletato seguace
della Conspicuous consumption (così chiamava il consumo
voluttuario T. Veblen nella sua Teoria della classe agiata), chissà
quale perversione o perdita di innocenza vedeva negli acquisti, e non credo che
la gente patisca un degrado antropologico se si mette sottobraccio un
panettone, che oggi tra l’altro costa un’inezia, o si debba sentire in colpa
perché immersa nell’“orrido universo del consumo”.
Se Pasolini è uno scrittore di sinistra (seppur una sinistra reazionaria, alla Rousseau: esiste, esiste), allora è il destinatario naturale di questa osservazione di un altro intellettuale di sinistra, Michael Walzer che aveva di mira Herbert Marcuse:
«Non è mai stata una buona idea per la sinistra quella di collocarsi in netta contrapposizione ai valori della gente comune. L’attacco ai beni di consumo è il punto estremo cui può arrivare l’ostinazione dei critici della società, poiché la gente, privata delle cose, è resa libera per una politica non più di quanto siano resi liberi per l’arte gli artisti che fanno la fame. La privazione è privazione; non ci si può sottrarre al mondo del guadagno e della spesa semplicemente non guadagnando e non spendendo. La vita comune ha le sue esigenze, non soltanto di ciò che è assolutamente necessario, ma anche di ciò che è puramente desiderabile». (“L’intellettuale militante”, Il Mulino 1988)
Se Pasolini è uno scrittore di sinistra (seppur una sinistra reazionaria, alla Rousseau: esiste, esiste), allora è il destinatario naturale di questa osservazione di un altro intellettuale di sinistra, Michael Walzer che aveva di mira Herbert Marcuse:
«Non è mai stata una buona idea per la sinistra quella di collocarsi in netta contrapposizione ai valori della gente comune. L’attacco ai beni di consumo è il punto estremo cui può arrivare l’ostinazione dei critici della società, poiché la gente, privata delle cose, è resa libera per una politica non più di quanto siano resi liberi per l’arte gli artisti che fanno la fame. La privazione è privazione; non ci si può sottrarre al mondo del guadagno e della spesa semplicemente non guadagnando e non spendendo. La vita comune ha le sue esigenze, non soltanto di ciò che è assolutamente necessario, ma anche di ciò che è puramente desiderabile». (“L’intellettuale militante”, Il Mulino 1988)
di Alessandra Colla
SOLSTIZIO D’INVERNO
2016
Il giorno più corto, la notte più lunga. Da tempo immemorabile è
questo l’evento che scandisce il passaggio da un anno a un altro, da un ciclo
all’altro. Fra i miei amici, reali o virtuali che siano, c’è chi celebra la
morte/rinascita dei molti nell’uno e chi celebra la nascita dell’unico. La
religione, diceva Evola, è un’equazione personale: e mi sento di concordare.
Tutti i miei amici reali (che a dirla tutta non sono poi molti,
ma è meglio così), però, si battono per un ideale: che non è necessariamente il
mio, ma il fatto stesso di lottare per qualcosa che travalica il particulare ci accomuna in una sorta di affinità elettiva che
spazza via steccati ideologici, abitudini e conformismi d’ogni genere.
A loro va il mio augurio: che il giorno più breve possa
rammentar loro la caducità della vita e la necessità imperiosa di fare tutto
ciò che si può e si deve finché c’è luce; e che
la notte più lunga li induca al raccoglimento nel corpo e nello spirito per
poter affrontare le sfide che il nuovo giorno porterà con sé — perché c’è
sempre un nuovo giorno.
Per quanto mi riguarda, oggi, come ogni giorno dell’anno, il mio
pensiero va alla folla incalcolabile dei viventi che l’umana hybris
condanna alla sofferenza e alla morte: che anche la loro lunga notte di dolore
possa aver fine, e sorga per loro il giorno del rispetto.
Possa la luce
continuare a rischiarare le nostre vite, amici.
Nessun commento:
Posta un commento