L'ANGELO NECESSARIO
(prima parte)
Oggi vi ripropongo la prima parte
di un post del 27 novembre 2008 (il blog era ancora in fasce), che faceva parte
della redazione “in progress” del mio romanzo “Gocce di pioggia a Jericoacoara”, redatto, essenzialmente, tra il
2005 e il 2006, pubblicato nel 2011 e vincitore di un premio nazionale nel 2013.
Parlo di un argomento piuttosto in
voga a fine del secolo scorso, specie negli USA, adesso un po’ “svampato”, ma
che varrebbe la pena far volare di nuovo: quello degli angeli.
In un pomeriggio d’ottobre pedalavo di lena (...) Canticchiavo e mi
guardavo intorno, intenta alla rituale ricognizione del paesaggio (...) quando
d’improvviso sentii la Voce che mi intimava: “Fermati e scendi.” Anche questa
volta non c’era suono alcuno, ma solo lettere dorate rapidamente stampate nella
mia mente. Esterrefatta, ma senza indugiare un secondo, saltai giù dalla bici e
arrancai sul pendio erboso ai lati della strada. Dal tornante dietro a me
spuntò un camion, che si mise a caracollare a gran velocità giù per la discesa.
Sul lato opposto della strada, in direzione inversa, un altro camion prese a
salire di fretta, sbandando vistosamente verso il centro della strada. Per
evitarlo, il primo camion sterzò repentinamente a destra, invadendo la proda
ghiaiosa dove mi sarei trovata io se avessi continuato a pedalare. Rimasi senza
fiato (...)
Questa breve testimonianza di Grazia Francescato – la ben nota
ambientalista, portavoce dei Verdi – tratta dal suo In viaggio con
l’Arcangelo, riassume e ‘riaggomitola’, nel pathos del racconto (e nel suo
‘ethos’), quell’impercettibile ‘filo’ di miriadi d’incontri del terzo
tipo che ciascuno di noi, prima o poi, ha avuto (o avrà) nella sua
esistenza terrena. Sia che in essi intraveda un principio d’ordine superiore
sia che, più prosaicamente, li declassi a banale frutto del caso, a quel gioco
di circostanze che guiderebbe la danza della vita d’ogni giorno. Eppure, forse
a noi spesso sfugge (o la nostra voce laica interiore, ‘figlia’ della
razionalità novecentesca, ‘soffoca’ le nostre intuizioni), ma quante di
quelle volte, in occasioni, non dico di pericolo ma anche solo imbarazzanti,
abbiamo assistito a un capovolgimento insperato della situazione, al suo
svanire come bolla di sapone che improvvisamente scoppia senza lasciare più
tracce di sé! Casualità, coincidenze, oppure (sia pure una volta su mille!) una
Presenza Superiore?
“Molti erano abituati a credere che gli angeli muovessero le stelle. Ora è
chiaro che non lo fanno: come risultato di questa e di
consimili rivelazioni, adesso molta gente non crede negli angeli. Molti erano
abituati a credere che la ‘sede’ dell’anima fosse in qualche posto nel
cervello. Da che si cominciò ad aprire i cervelli con una certa frequenza
nessuno ha mai visto l’’anima’: come risultato di questa e di consimili rivelazioni,
adesso molta gente non crede nell’anima. Come si può ritenere che gli angeli
muovano le stelle, o essere così superstiziosi da ritenere che l’anima non
esiste solo perché non la si può vedere dall’altra parte del microscopio?”
Ronald Laing, psichiatra ‘radicale’, non certo sospetto di ‘bigottismo’,
aveva ben messo in luce il perverso meccanismo, ammantato di razionalità e
modernità scientifica e ‘progressiva’, che ha ‘ottuso’ (almeno così io penso,
anzi so...) la mente dell’’homo modernus’. Eppure... “Invocati o
no, gli dèi sono presenti”: Jung aveva scritto questa massima,
in latino, all’ingresso della sua casa. Il famoso psicologo, uno ‘speleologo’
delle ‘caverne’ dell’interiorità umana, aveva ben compreso che non tutto era
riconducibile a coincidenze o a fantasmi dell’inconscio. Già il suo
concetto di sincronicità, ossia di correlazione (coincidenza) tra
fatti interiori ed esteriori che sfuggono a una spiegazione causale e
razionale, introduce una nota d’’irrazionalità’ in un universo scientifico fin
troppo razionale. La sincronicità mette in ‘sintonia’ il tempo ‘umano’ con
quello ‘oltreumano’ (sia esso inconscio, superconscio, angelico...): in
pratica, come nel racconto autobiografico della Francescato, una coincidenza
tra uno stato psichico interiore (la voce che la intimava di fermarsi) e
un evento esterno contemporaneo (il camion, che se non avesse dato retta alla
sua voce interiore – o esterna? – l’avrebbe investita). Certo, Jung non
si spinge a ipotizzare esplicitamente interventi soprannaturali, ma ben
sappiamo come le sue riflessioni siano al limite del teologico (a chi gli
chiedeva se fosse credente: “Se credo? Ma io so!”, questa
fu la sua risposta). E fu proprio Jung a riaprire la porta verso il
soprannaturale, coniugando scienza e spiritualità, dopo decenni di razionalismo
‘duro’. Ormai il tempo era maturo per comprendere appieno quanto il pittore
preraffaelita (e liberty) Burne-Jones aveva confessato a Oscar Wilde: “Più
la scienza diventa materialistica, più io dipingo gli angeli: le loro ali sono
la mia protesta in favore dell’immortalità dell’anima”. E infatti, se è
vero che, almeno nella sua essenza, si è avverata la ‘profezia’ dello scrittore
francese André Malraux (“Il XXI secolo, o sarà spirituale o non sarà
affatto”) – basti pensare che i soli cristiani pentecostali e carismatici,
pressoché inesistenti a inizio ‘900, ammontano ora a circa settecento milioni
(si vada al 'post' sulla Pentecost-Age) – battistrada di questa nuova (o
antica?) spiritualità sono, per molti versi, proprio gli angeli, grandemente
rivalutati non solo dai predetti movimenti cristiani ma anche dalla magmatica,
o piuttosto ‘fluida’ (d'altronde, stiamo in una società 'liquida'), corrente New
Age, dai mille rivoli (quello ecologista, quello mistico, quello
magico...).
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