LA PREGHIERA
(prima parte)
Lunedì, inizio della
settimana “laica” (per quella “religiosa – o meglio ancora: “spirituale” – è invece la
domenica, dopo il riposo del sabato…).
A proposito di
religione – la versione banalizzata e “liquida” (o troppo solida, oppure brodosa e mielosa) della spiritualità – e della preghiera, Ralph
Waldo Emerson, come ho ricordato in uno dei precedenti post (“Reading from New York”), affermava che “le preghiere degli uomini sono una malattia
della volontà e i credi una malattia dell’intelletto”.
È vero, spesso è così, ma non sempre. La preghiera indebolisce... ma arricchisce e rafforza – se è concepita nei suoi (vari) sensi più alti e come preghiera elevata da chi è nella precarietà (l'etimo di fondo di "preghiera", e il suo senso più alto...).
È vero, spesso è così, ma non sempre. La preghiera indebolisce... ma arricchisce e rafforza – se è concepita nei suoi (vari) sensi più alti e come preghiera elevata da chi è nella precarietà (l'etimo di fondo di "preghiera", e il suo senso più alto...).
A riprova di ciò, ecco qui qualcosa “sul
pezzo”, tratto da un “must” sulla “formazione” (e “trasformazione”).
N.B. Questo è il primo di un "tre pezzi" (d'altronde, siamo in estate...).
N.B. Questo è il primo di un "tre pezzi" (d'altronde, siamo in estate...).
Abbiamo visto come gli esercizi di attenzione sono strategie di
indebolimento dei processi automatici del pensiero.
L’attenzione, sia essa ‘concentrativa’ o ‘contemplativa’, alimenta infatti i processi di pensiero e di atteggiamento connessi con l’essenza, cioè il tuo vero Io, e indebolisce, dissolve, disinstalla, ogni automatismo alimentato dagli stati di distrazione della mente, ridando fiato alla consapevolezza e liberandoti dal tuo falso-Io.
L’attenzione, sia essa ‘concentrativa’ o ‘contemplativa’, alimenta infatti i processi di pensiero e di atteggiamento connessi con l’essenza, cioè il tuo vero Io, e indebolisce, dissolve, disinstalla, ogni automatismo alimentato dagli stati di distrazione della mente, ridando fiato alla consapevolezza e liberandoti dal tuo falso-Io.
La preghiera è collegata con l’attenzione, la contemplazione e
la meditazione. Non parlo della preghiera sdolcinata, automatizzata,
ripetitiva, ritualistica o pappagallesca (quella dell’ uomo n. 1, direbbe Gurdjieff), cui spesso hai ‘attinto’ (se sei un
‘credente’, sia pure ‘flebile’…), ma della preghiera ‘vera’, quella connessa
con la tua ‘precarietà’ (‘pregare’ e
‘precario’ hanno la stessa origine), ossia della “preghiera di desiderio”, quella che ‘ricorda’ (riporta al cuore: cor in latino) la tua essenza, mette in moto la tua intenzione e indirizza
l’attenzione verso lo “stato desiderato”. Come qualcuno ha detto: quando preghi capitano ‘avvenimenti’…
La preghiera, infatti, può incidere (mi limito a dire può) sul presente, sul futuro e, strano
a dirsi, sul passato… Questo in quanto la preghiera è indipendente dallo spazio
e dal tempo. Ed è anche indipendente dalla ‘sonorità’ della parola (la cui
efficacia, se “parola divina” – o con risonanza
divina, tipo il Sia la luce! di
Genesi o le “parole guaritrici” di
Gesù –, è riconosciuta da ogni cultura). Questo perché la preghiera può essere
efficace sia se ‘detta’ (anche ‘urlata’) sia se ‘muta’ (come, d’altronde, il mito: storia archetipica ‘muta’, ossia
non raccontata da cronache storiche – ma spesso il mito è ben più efficace e
‘vero’ di tante storie attestate e certificate).
Nondimeno, più che di preghiera in sé – che, in ogni caso va ben
oltre il chiedere a Dio, in quanto è
piuttosto uno ‘scendere’ nelle
profondità della nostra anima per aprire la porta dello spirito – preferisco
parlare di stato di preghiera, ossia
di un’atmosfera spirituale che
avvolge l’uomo come un’aura che
attira e diffonde energia positiva (e di successo).
In ogni caso, sia essa un’atmosfera (una stimmung) sia essa una ‘petizione’ (rivolta prima alla tua vera
essenza, cioè al tuo spirito, poi allo Spirito), la preghiera è un’attenzione contemplativa, una “preghiera
di centratura”, un focalizzare l’attenzione e acquietare la mente, un assorbimento estatico dello spirito
nel mare magnum del mondo invisibile. Fatto è che la vera realtà – quella che
tu vedi con gli occhi dell’essenza – fuoriesce da dietro al tuo “schermo
mentale” solo quando abbandoni la (falsa) consapevolezza abituale dello stato
di veglia e ‘sali’ allo stato di coscienza superiore, ossia di ‘supercoscienza’ o di “coscienza transpersonale” (a tal
proposito Aurobindo, filosofo ‘mistico’ indiano, ha introdotto il termine Supermind – sopramente o metamente, ossia coscienza ‘altra’).
Ti sto infatti dicendo che ci sono diversi livelli di coscienza.
Lo stadio di coscienza ‘preparatoria’ è quella posto a livello
fisico-emozionale (sensazione corporee, percezioni sensoriali, emozioni, fino
alle cognizioni elementari sotto forma di immagini, archetipi e simboli, sia
pur senza averne consapevolezza chiara). Questo stadio corrisponde alla
coscienza del tuo Io. Se trascendi questo stato, ti poni a livello della coscienza transpersonale, che include,
non solo una chiara visione della
realtà, in tutte le sue sfaccettature e sfumature, ma soprattutto ‘illuminazioni’, intuizioni, visioni,
profezie e… miracoli.
C’è poi l’esperienza
mistica: esperienza del vuoto, della ‘Divinità’ in sé (nuda e semplice,
senza ‘predicati’). Qui fai esperienza del “puro essere”, dello Spirito,
dell’Origine. È lo stadio del “fiat lux”, in
cui tutto si può creare…
Non si tratta, in ogni caso, come ti ho già detto, di eliminare
l’Io o di combatterlo. Devi solo farlo tornare nel suo cantuccio (finora ha
occupato il ‘salone’…) e ridargli il peso (minimo) e l’importanza che gli
spetta. L’Io è solo il centro
organizzativo della tua struttura personale, ma il ‘dirigente’ dev’essere
l’essenza, che può e deve ristrutturare la tua persona al momento
opportuno. L’esperienza mistica, e con modalità più semplici la preghiera, ti
disidentifica dall’Io e ti riunisce con l’essenza.
Essenza, presenza… Lo
psichiatra americano Morgan Scott Peck, nel suo libro The road less traveled
(La strada meno frequentata),
ribadisce alcuni concetti di Jung: in particolare, che la scienza non è
in grado di spiegare quelle misteriose coincidenze ‘significative’ (le ‘sincronicità’, da Scott Peck chiamate ‘serendipicità’) che costellano la vita di ogni uomo e che
favoriscono – ossia aiutano,
sostengono e proteggono – la vita umana e la crescita spirituale. Questi
fenomeni, conferma Scott Peck, sono ricorrenti e comuni a tutta l’umanità, ma, per quanto possano essere influenzati
dalla coscienza umana, la loro origine non deriva dalla volontà o da processi
decisionali consci. Questi “stati di grazia” originano da un’altra realtà…
"Qual è l’origine della grazia?
L’amore infatti appartiene alla coscienza, ma la grazia no. Da dove viene
questa forza che si origina oltre i confini della coscienza e favorisce la
crescita spirituale degli esseri umani? […] Per spiegare i miracoli della
grazia e dell'evoluzione noi supponiamo l’esistenza di un Dio che, amandoci,
desidera la nostra crescita. A molti quest’ipotesi appare troppo semplicistica,
addirittura ingenua e infantile. Ma non abbiamo molte alternative. Nessuno del
resto è riuscito a formularne una migliore o anche semplicemente diversa. Siamo
perciò costretti a scegliere fra l'ipotesi forse puerile di un Dio che ci ama e
il vuoto teoretico […] Se postuliamo che la nostra capacità d’amare, l’impulso
a crescere ed evolverci è un afflato divino, non possiamo fare a meno di
chiederci perché Dio voglia la nostra crescita. Qual è il fine di questa
crescita? Qual è l’obiettivo dell’evoluzione? Cosa può volere Dio da noi? […]
Tutti coloro che postulano l’esistenza di un Dio benevolo non possono che
giungere a un’unica, terribile conclusione: Dio vuole che diventiamo Lui. La
nostra crescita ha come fine ultimo la divinità. Dio è il fine ultimo
dell’evoluzione. Dio è la fonte della forza che ci spinge a crescere e ne è al
tempo stesso la meta. È infatti questo che diciamo quanto intendiamo che Dio è
Alfa e Omega, il principio e la fine."
Parole ‘forti’, quelle di Scott Peck:
tu sei a un passo da Dio… (tradotto
in piennellese: sei sulla strada del peak state – o per dirla alla
buddista-induista: Tat tvam asi, tu sei Quello). In ogni caso, è l’apertura
a un’opportunità ulteriore: non solo
fonte di fiducia nei momenti più difficili della vita, specie quando non c’è
più nessun’altra ‘risorsa’ umana, ma, soprattutto, una riserva di ‘energia’ per
affrontare ogni situazione partendo da una condizione di ‘forza’.
Ama e
fa’ quel che vuoi!
Esercizio
n° 31 (esercizio ‘stop’)
È un
esercizio per ritrovare l’essenza, il tuo vero Sé. Lo
puoi fare in varie situazioni della giornata, variando l’oggetto dello ‘stop’.
Stai per scendere dal marciapiede? Fa’ uno stop di qualche secondo e poi scendi…
Stai per bere un bicchiere d’acqua? Fa’ uno stop di qualche secondo e poi bevi…
Stai per baciare la tua ragazza (o il tuo boy)? Fa’ uno stop di qualche secondo e poi…
Si tratta, in definitiva, di ricordarsi
(di fermarsi) qualunque sia l’attività che stai svolgendo. È un esercizio di consapevolezza, attenzione, centratura,
preparatorio a quello stato ‘mistico’ di “continua
preghiera”, ossia di quella ‘trasparenza’ con il mondo spirituale (il tuo
spirito che prega incessantemente al posto tuo, mentre tu sei in tutt’altre
cose affaccendato… ma se lo dice san Paolo!). Ed ecco perché PNL spirituale…
Tratto
dal mio saggio/manuale/"romanzo" “Prendi la PNL con Spirito!”
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